Secondo l'edizione di oggi del Corriere dello Sport, puntuale come un cronografo spagnolo, la sagoma caracollante di Denis Suarez s’intravede da lontano: l’ora X, quella del mercato, s’avvicina, e questo è il suo momento, ora e sempre, almeno fino a quando sarà ancora un ragazzino, con quel talento inespresso che resta a sedurre maliziosamente, di ritrovarlo al centro delle vocine.
A venticinque anni (il prossimo 6 gennaio) si ha il dovere di rimettersi in gioco, di capire anche se stesso, di avere risposte concrete sul proprio futuro e su una carriera ch’è breve e non può consentire ancora di aspettare: al Barcellona, ormai è ufficiale, con Valverde non ha speranze, o ne ha pochissime, e i novanta minuti in Coppa del Re rappresentano una certezza assoluta.
Denis Suarez è il genietto del Villarreal che tre anni fa spinse De Laurentiis ha confessare una passione («se mi chiedete chi mi piace, non lo nascondo: è lui»); è uno dei calciatori per i quali Giuntoli avrebbe fatto lucide e razionali follie (gli altri, in quel momento, era Dolberg, Klaassen e André Gomes) ma ormai i sogni sono svaniti e la coscienza induce a discutere di sé: 1.130 minuti nella passata stagione (fate i conti, un dettaglio) e 1.778 due anni fa (ma con Luis Enrique): cambiano gli allenatori, non il suo ruolo di precario di lusso, che inevitabilmente lo spinge a cercare collocazione.
Il mercato è ovunque, nasce in questo periodo, almeno quello di gennaio, e costruisce teoremi anche possibili: Denis Suarez non ha mai smesso di rientrare tra i calciatori d’assoluto gradimento del Napoli, perché la sensibilità tecnica non è evaporata, e in Spagna, a Marca, è stato avvicinato al Napoli, rilanciando un tormentone che è appartenuto a chiunque nell’ultimo triennio.
Il Napoli ha abbondanza di esterni - aspetta anche Younes, dopo aver recuperato Ounas, e sapendo che sta per rientrare Verdi - e però è giusto e anche naturale lasciare che le microspie informino su situazioni, eventuali disagi e possibilità di affari da inseguire con cautela. Però l’età è ancora dalla sua e quando arriverà il nuovo anno, Denis Suarez sistemerà venticinque candeline sulla propria torta e finirà per interrogarsi: capirà, a quel punto, se la sua esperienza al Barça potrà dirsi compromessa o se varrà la pena crederci ancora. Perché vivere in quel universo ch’è «Més que un Club» regala emozioni ed ha un fascino dal quale è comprensibilmente complicato staccarsi.
Però per il momento la Liga e la Champions le ha viste dalla panchina (tre volte), dal divano di casa perché infortunato (in quattro occasioni) o dalla tribuna, immalinconito dalla mancata convocazione (per otto partite). E il cronografo va...