ESCLUSIVA - Matuzalem: "Successe un episodio strano coi tifosi dopo un ko. A Napoli non mi staccavo mai dalla mozzarella! Edmundo si infuriò con Mondonico, Novellino mi veniva a prendere sotto casa. Su Guardiola e Baggio..."

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ESCLUSIVA - Matuzalem: Successe un episodio strano coi tifosi dopo un ko. A Napoli non mi staccavo mai dalla mozzarella! Edmundo si infuriò con Mondonico, Novellino mi veniva a prendere sotto casa. Su Guardiola e Baggio...

di Marco Lombardi - twitter: @marcolombardi24

Dal lungomare di Natal in Brasile fino a quello di Napoli, passando prima per la Svizzera e Parma. Poi un giro vorticoso tra Spagna, Italia, Ucraina e Stati Uniti, collezionando oltre 500 presenze in 20 anni di carriera. Stiamo parlando dell'ex azzurro Francelino Matuzalem, ospite del giorno di CalcioNapoli24.it, attualmente in forza nel Monterosi in Serie D, club con il quale si è rimesso in gioco a 36 anni dopo aver lasciato la Serie A esattamente un anno fa. In veste di doppio ex in vista della sfida di domani tra Bologna e Napoli, la nostra redazione lo ha intervistato in esclusiva per approfondire il passato di Matuzalem nella città partenopea e non solo. Ecco le sue parole:

Cosa si prova a giocare nella squadra in cui gioca tuo figlio? Come stai vivendo l'esperienza al Monterosi?

"Tutta un’altra realtà rispetto ai livelli in cui ho giocato prima, sono felicissimo però di stare vicino a mio figlio. Posso seguirlo di più, è una società piccola ma molto seria. Puntano a vincere il campionato, ma la cosa che mi dà tanta soddisfazione è vedere lui ogni giorno, è centrocampista come me".

A proposito: tuo figlio Junior è nato nel 2001, quindi è nato a Napoli?

"Non è nato a Napoli, però la mia ex moglie è rimasta incinta a Napoli. E’ nato a Piacenza, ma posso dire che l’abbiamo concepito a Napoli, un po' di sangue azzurro ce l'ha!".

Che ci racconti della tua esperienza al Miami nella squadra di Nesta?

"Io avevo fatto un contratto di 2 anni, però dopo 5 mesi ho deciso di tornare perché volevo stare vicino a mio figlio. Vi posso raccontare che si sta benissimo a Miami, ci mancherebbe. Però a livello di calcio sono ancora lontanissimi dai grandi livelli. Sta crescendo tanto, mi ha fatto piacere essere allenato da Nesta. Ha tante qualità per essere un grande mister".

Come arrivasti a Napoli nel 1999? 

"Giocavo nel Vitoria di Bahia. Il Direttore Sportivo del Napoli di quei tempi era Filippo Fusco, fu lui a portarmi a Napoli. Lo considero come un fratello maggiore ed è stato vicino a me in tutti questi anni. Tutto nasce da lui, mi vede giocare in Brasile e in nazionale  Under 17 e Under 20 e poi mi acquistò".

Il ricordo che più ti lega a Napoli? Non solo calcisticamente parlando, Ti piaceva vivere Napoli...

"Ci sarebbero tante cose belle da dire. Napoli aveva una magia diversa dalle altre città, è una città davvero diversa dalle altre. I napoletani erano affettuosi, infatti dicono che assomigliano molto ai brasiliani. Mi porto nel cuore tutto di quell'esperienza, mi ha fatto crescere tanto. Torno spesso a Napoli, ma al San Paolo da spettatore ancora non ci sono tornato, mi piacerebbe farlo a breve. Ricordo la prima partita giocata in Serie A, era contro la Juventus. C'erano 80.000 persone a vederci, non guardavo sugli spalti per evitare di farmi tremare le gambe".

Ricordi la dieta drastica che ti impose la società? Si diceva che amavi pizza e mozzarella...

"Si, ho avuto qualche problemino in merito. Per quanto riguarda la pizza, l'ho mangiata dal primo giorno in cui ero a Napoli. Ma nel girone di ritorno di Serie A, quando però ho conosciuto la mozzarella, non mi sono mai staccato dalla mozzarella! (ride ndr.) Questo è stato il mio problema diciamo. Anche oggi continuo a mangiarle quando vengo giù a Napoli, oppure ne faccio scorta e me le porto anche al ritorno. E' stato quasi il mio primo amore culinario si può dire".

Tanto affetto da parte dei tifosi azzurri, ma anche qualche screzio. Cosa successe realmente dopo quel Napoli-Treviso?

"Lì è stato un episodio strano. I tifosi sono venuti lì in un locale, non era il bowling come in molti dissero, ma alla fine non è successo niente di che. Perdemmo la partita col Treviso, io ero ancora un ragazzo di 19-20 anni, non sapevo l’importanza di aver perso una partita a Napoli. Ho perso partite da tante altre parti, ma non avevo ancora capito quanto valesse perdere a Napoli. Motivo per cui dopo la sconfitta, ero uscito andando in questo locale ed ebbi delle discussioni con dei tifosi. Poi la partita successiva mister Novellino mi fece giocare titolare e vincemmo anche, quindi tutto si risolse immediatamente".

A proposito di Novellino, hai detto più volte che fu vitale per la tua carriera: che rapporto avevi con lui? Ricordi qualche episodio?

"Ecco appunto, nell’episodio coi tifosi che ho raccontato poco fa, in quella circostanza è stato come un padre per me. Mi ha spinto nella direzione giusta, mi ha spiegato le differenze che ci sono tra calcio brasiliano e calcio europeo. Lo ringrazio tanto per quello che ha fatto con me, tante volte dimenticavo gli orari di allenamento e lui veniva a prendermi. Mi diceva: “Oh brasiliano, guarda che c’è l’allenamento!”. Sapeva che ero un po’ inesperto e mi aiutò molto. Poi anche negli anni successivi a Piacenza mi volle con lui".

Che ti ricordi di quegli allenamenti massacranti con Zeman in ritiro?

"Era veramente tosta, io ero al secondo anno a Napoli, venivo da allenamenti diversi in Brasile. Mi ricordo che veniva in coda al gruppo dove c'ero sempre io, e dalla sua bicicletta mi diceva: “Non ce la fai più eh!”. Come allenatore però era bravissimo, mi sarebbe piaciuto che fosse rimasto di più. Quello era un Napoli diverso da quello di ora, con cambi di presidenti e altro".

Ci racconti cosa provasti dopo quel gran gol all'Inter?

"Non potrei mai dimenticare quel gol! Innanzitutto perché è stato il mio primo gol in Serie A, unico a Napoli tra l’altro. I tifosi ogni volta che vengo a Napoli me lo fanno ricordare. E’ stata un’emozione grandissima, vedere quello stadio pieno festeggiare. Poi si trattò di un gol vittoria, quindi ancora meglio. Per un’ammonizione poi venni espulso, mi dispiacque tantissimo".

Come fu il tuo rapporto con Edmundo e Amauri a Napoli?

"Con Edmundo, siamo stati vicini di casa anche a Napoli. E’ un ragazzo bravissimo ed un campione, aver giocato con lui è stato un grandissimo piacere. Amauri invece era ancora un ragazzo, abitava a Soccavo. Io ogni tanto lo portavo a casa per non stare da solo nel centro sportivo".

A proposito di Edmundo, cosa ti ricordi di quella lite che ci fu tra lui e Mondonico?

"Diciamo che più che lite è stato un malinteso (ride ndr.). Mister Mondonico diede un permesso di qualche giorno di vacanza extra a un giocatore e non a lui. Allora Edmundo si arrabbiò tanto. Conoscendolo, è un ragazzo preciso ed onesto, ma se sbagli con lui poi non ha più misura. Voleva anche lui il permesso, Mondonico glielo negò ma lo fece con la persona sbagliata diciamo...".

Oltre ai due brasiliani, qual è stato il compagno dell'epoca di Napoli con cui ti sei legato di più?

"Stellone e Bellucci sicuramente. Poi ho lavorato con Emanuele Troise a Bologna quindi ci siamo ritrovati un po'. Diciamo questi".

Ci racconti dell'esperienza nella nazionale, seppur non in quella maggiore, con una leggenda come Ronaldinho?

"Ero con lui in quelle squadre, abbiamo vinto il Mondiale Under 17 in Egitto e abbiamo giocato anche nell’Under 20. Già a 15 anni si vedeva che era un fenoomeno, il nostro allenatore lo diceva che sarebbe diventato uno dei migliori del mondo. Vedere la strada che ha fatto con tanti trofei, vederlo vincere il pallone d’oro, è come una soddisfazione personale aver condiviso la squadra con lui. Lo dico sempre a mio figlio: "Guarda che io ho giocato anche con Ronaldinho! Ci siamo affrontati spesso anche in Champions, è rimasto la stessa persona umile che era".

Com'è nata la tua passione per i tatuaggi?

"Mi sono tatuato anche a Napoli, quando ero giovane. Mi piace tatuarmi sia cose belle che cose brutte che mi sono capitate nella vita. Ho i nomi dei miei genitori e quelli dei miei figli, così come ho tatuato il nome di un mio amico che è stato ammazzato in Brasile. Se non avessi giocato a calcio avrei fatto un’altra vita...".

Spiegati meglio...

"Sono nato in un quartiere duro, dico sempre che Dio ha creato il calcio per salvare non solo un uomo ma tutta la sua famiglia dalla povertà e da tanto altro. Tanti amici miei sono morti o sono in galera, se fossi rimasto in Brasile senza giocare a calcio avrei avuto poche possibilità per fare un altro tipo di vita...".

Prima di un Lazio-Napoli nel 2009 avevi detto: "Se segno esulto lo stesso". A qualcuno non piacque quella tua uscita...

"Ti dico la verità, dissi quella frase perché era passato tantissimo tempo dalla mia esperienza a Napoli. Qualora avessi fatto gol, sempre con rispetto, avrei esultato. Penso che il gol sia il momento più bello del gioco del calcio, non puoi non esultare per una cosa così bella. Non c'entra il rispetto e l'amore che provo per i tifosi del Napoli, quello non cambierà mai".

Come fu l'esperienza a Brescia con Guardiola e Baggio?

"Quella è una delle squadre più forti in cui ho giocato. Abbiam fatto grandi cose. C’era un centrocampo formato da me e Guardiola, che già era allenatore in campo, poi Appiah, Toni, Baggio in attacco. Era spettacolare. Poi Mazzone in panchina era un numero 1. Mi sono divertito tanto. E’ stata una crescita enorme per me".

Rapporto coi tifosi del Bologna?

"Ho un bel rapporto con tutti loro. Hanno sempre apprezzato la mia grinta in campo, l’ultima partita la giocai con uno strappo alla coscia pur di scendere in campo. Ricevetti anche la telefonata di Baggio che mi chiese di giocare assolutamente quella partita così importante. I tifosi mi hanno trasmesso tanto affetto, hanno visto cos’ho fatto in campo e me lo dicono sempre".

Ci racconti la verità su quell'entrata da dietro a Brocchi in Genoa-Lazio?

"Tanta gente mi chiede se l’ho fatto volontariamente, ma è assurdo. Quello era un fallo di gioco, anche a me capitò di subire una cosa simile quando ero in Spagna, rimasi 5 mesi fermo per un fallo. In quel Genoa-Lazio lottavamo su ogni pallone perchè dovevamo salvarci, feci un fallo di gioco normalissimo. Nelle ore successive chiamai Brocchi e gli chiesi come stava. Mi disse che era già reduce da un infortunio simile e perciò si fece così male. Il problema nacque quando un altro giocatore (Baronio ndr.) tramite i social scrisse che io l'avevo fatto volontariamente. Quando poi questo giocatore da vicino non ha mai parlato con me ne ha avuto mai il coraggio di dirmi niente...".

Un centrocampista del Napoli in cui ti rispecchi? 

"Mi piace molto Allan, è un giocatore con grinta che corre e sa giocare. Tre caratteristiche fondamentali per un giocatore. Diawara per ora sa fare una sola cosa tra queste, inoltre mi piace di più Jorginho rispetto a lui. Ma comunque un giocatore che mi entusiasma vedere in campo del Napoli è Allan". 

Allenatore o talent scout in futuro? Magari a Napoli...

"Io penso che rimarrò comunque in mezzo al calcio. Allenatore però non penso che sia la mia strada. Non so se potrei fare quello che Novellino ha fatto con me diciamo (ride ndr.). Fare l’allenatore è impegnativo, lavorare con 20 persone che pensano in modo diverso non è una cosa facile. Devi avere il dono e nascere allenatore per farlo, è tutto un altro mestiere rispetto a quello di giocatore. Devi essere più uno psicologo. Per ora penso che non accadrà, ma mai dire mai...".

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