Folorunsho: "Napoli? In ritiro mi ha sorpreso la mentalità: altro che sazi post scudetto, vi racconto Osimhen e Di Lorenzo!"

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Folorunsho: Napoli? In ritiro mi ha sorpreso la mentalità: altro che sazi post scudetto, vi racconto Osimhen e Di Lorenzo!

Ultime news calcio Napoli - Michael Folorunsho racconta il ritiro con gli azzurri e la mentalità post scudetto: l'intervista a Cronache di Spogliatoio

Ultime notizie SSC NapoliMichael Folorunsho, centrocampista dell'Hellas Verona in prestito dal Napoli, ha raccontato la sua storia ai microfoni di Cronache di Spogliatoio:

"Se ho esordito in Serie A, lo devo a mia madre. Ce l’ha messa tutta. A scuola ero una frana e non riuscivo a dare il mio meglio, perché ero concentrato sul calcio: l’unico posto in cui i miei ritardi si possono contare sulle dita di una mano. Ogni volta che mi ha messo in punizione, non mi ha mai tolto la possibilità di giocare perché vedeva quanto impegno e diligenza ci mettessi, e soprattutto quanta voglia avessi. Ha fatto sacrifici, prendendomi prima da scuola per portarmi al campo. Mi ha inviato un messaggio prima della partita: «Sono fiera di te». Mia sorella mi ha chiamato dopo la gara per raccontarmi: «Non dirgli che te l’ho detto, ma la mamma si è messa a piangere dall’emozione quando l’arbitro ha fischiato l’inizio. Ha visto i sacrifici di un figlio che aveva un unico sogno, giocare in Serie A». 

Simone Inzaghi? Mi ha fatto esordire in Primavera. Quel giorno entrai in campo… non nel migliore dei modi. Il mister ci teneva particolarmente a lanciarmi, quindi a fine partita mi ha ripreso davanti a tutti: nello spogliatoio la sua sgridata è subito diventata un meme, perché ha iniziato ad apostrofarmi in modo divertente e tutta la squadra è scoppiata a ridere. Da un diverbio, ne è nato un modo per confrontarsi: da quel giorno non mi ha più tolto. Grazie a Inzaghi ho realizzato parte di un sogno. Quando è andato in Prima Squadra, mi ha convocato per una panchina in Coppa Italia, a San Siro contro l’Inter. La mia prima panchina tra i professionisti, con la mia squadra del cuore. Era il sogno di una vita. A scuola sono da sempre il più competitivo quando si parla di calcio. A Roma in una classe, su 10 bambini… 8 tifano Roma! E io in qualche modo devo difendere la Lazio.

Hellas Verona? Ho firmato con il Verona, finalmente in Serie A. Ritrovo Baroni come allenatore, quando siamo stati insieme alla Reggina mi ha cambiato la carriera. Mi ha completamente aperto la mente: prima di incontrarlo, nella mia testa ero una mezzala e potevo fare soltanto quello; quando qualcuno mi cambiava posizione, pensavo «ma che sta facendo? Io sono una mezzala!». Mi ha fatto capire che posso fare tanti ruoli diversi e farli tutti bene. Uno slancio per prendere fiducia, che avevo perso l’anno precedente. Adesso ritrova un ragazzo che ha la stessa fame di quando mi ha scoperto: mi ha stravolto, io sono un gran lavoratore e voglio dargli qualcosa in cambio. Non cambierei il mio percorso con niente. Tanti mi dicono che sarei potuto arrivare prima in Serie A: ci sono arrivato adesso, da giocatore maturo.

Bari? Lo spogliatoio era diventato invivibile tra dicembre e febbraio, una roba da pazzi! Compagni di 40 anni che dicevano «è il gruppo più bello della mia carriera». Fantastico. Da tre mesi era impossibile fare un errore che diventavi vittima di uno scherzo ahahah! Io ero il più matto, il mister un giorno disse a un compagno che in allenamento al posto degli scarpini sembrava avere delle ciabatte. Così glieli ho messi in un secchio d’acqua e poi nel congelatore. Il giorno dopo è arrivato al campo e ha trovato gli scarpini in un cubo di ghiaccio, ha dovuto buttare via tutto. La delusione a fine campionato è stata tanta: non credo di avere la forza di parlare della finale play-off e di quel palo che ci ha fermato a un centimetro dalla gloria. 

Napoli?  Non era il primo ritiro che facevo con il Napoli, ma ogni anno a colpirmi è la mentalità: hanno appena vinto lo Scudetto e qui nessuno si è adagiato. Osservo Osimhen e Di Lorenzo... inconsciamente potrebbero essere sazi, e invece ripartono per ripetersi. Le doti tecniche non si discutono, ma è nella testa la vera chiave".

Osimhen, Folorunsho, Zerbin e Lozano
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