ESCLUSIVA - Camoranesi: "La mia vita tra il faro di Maradona ed il Mondiale del 2006. Calciopoli? Una cagata, che colpe avevamo?"

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ESCLUSIVA - Camoranesi: La mia vita tra il <i>faro</i> di Maradona ed il Mondiale del 2006. Calciopoli? Una <i>cagata</i>, che colpe avevamo?

Tre scudetti (di cui uno revocato ed un altro non assegnato), due Supercoppe Italiane ed un campionato di Serie B, tutto in maglia juventina, divisa con la quale ha collezionato 288 partite condite da 32 reti. E, a coronamento di una carriera costellata di trofei, il Mondiale del 2006 con l’Italia di Marcello Lippi. Stiamo parlando di Mauro German Camoranesi, contattato in esclusiva dalla redazione di CalcioNapoli24.

- “Platini portava la borsa a Maradona!”. Questa frase è rimasta impresa nella mente di tutti i napoletani, soprattutto perché detta da uno juventino. Ci spiega cosa vuol dire Diego per lei?

“Maradona è stato un po’ l’idolo della nostra generazione, siamo cresciuti tutti con il suo faro. Era la cosa più bella nata da queste parti, è la perfezione. Ognuno voleva diventare come lui, sembrava impossibile quello che faceva con la palla tra i piedi”.

- Visto questa passione per Maradona e considerando che le vie del mercato sono infinite, è mai stato vicino all’azzurro?

“Non ho mai avuto nessuna possibilità di venire a giocare lì al San Paolo, per quello che ne so non ci sono mai stati contatti né con me né tra i club”.

- Come nacque l'idea del Verona? Ti aspettavi, avendo origini italiane, di venire a giocare in Italia un giorno?

“E’ stato improvviso, ebbi il primo contratto con un club portoghese ed ero pronto ad andar via, ma poi il presidente del club messicano in cui giocò fermò tutto, ritardando la mia cessione. Poi l’anno successivo c’è stata la possibilità di venire in Europa con l’Hellas e non ci ho pensato su due volte”.

- 15 settembre 2002, cosa ti viene in mente?

“Un momento speciale, arrivare in una squadra come la Juventus con un percorso particolare come il mio, partendo dal Messico e passando per un club piccolo come l’Hellas, mi riempì di gioia e di orgoglio. Sapevo di aver fatto il salto di qualità”.

- I due scudetti revocati li senti tuoi? Come fu vissuto dallo spogliatoio tutta la vicenda Calciopoli? Volevi andare via dopo la retrocessione, eppure alla fine rimanesti...

“Per noi era una cagata, alla fine noi eravamo lontani da quelle situazioni perché sono discorsi lontani dai calciatori, non chiamavano assolutamente in causa noi direttamente. Poi ci furono le vacanze, il Mondiale. Seguivamo la cosa da lontano, ogni settimana cambiava il discorso: una volta dovevamo andare in B, un’altra in C. Poi vedevi che altre società coinvolte nello scandalo invece restavano tranquillamente in A… Tutto lo sforzo fatto per vincere e poi ti trovi catapultato in Serie B per delle cose che non hai fatto tu direttamente”.

- Credi nel destino? Ti spiego: l'Argentina tarda a convocarti, ti chiama l'Italia e diventi campione del mondo...

“Non lo avrei mai immaginato ed è diventata una realtà troppo bella poco per volta. E’ stato un percorso molto particolare in cui indubbiamente il destino ha giocato la sua parte. Ha segnato me e tutti quelli che, insieme a me, hanno condiviso quella fantastica avventura”.

- Il ricordo più strano e lo scherzo più divertente della carriera

“Uno in particolare non me ne viene in mente, alla Juve eravamo uno spogliatoio abbastanza divertente, era bello andare tutti i giorni ad allenarsi. Tutti personaggi di personalità, qualche sigaretta, un po’ di baldoria e poi si andava in campo per fare allenamento. Eravamo uniti tra loro, questa è una cosa fondamentale”.

- Fa strano essere nel Guinness dei primati per il taglio di capelli più visto al mondo?

“Non lo sapevo (ride, ndr), se è vero, è stata una cosa non voluta o cercata. Ci si divertiva tra noi ed era una scommessa”.

- Nella tua carriera d'allenatore la strada si incrocerà di nuovo con l'Italia?

“Quando e se avrò la possibilità di venire ad allenare in Italia non ci penserò su due volte. L’anno prossimo, fra due o anche di più: se mi verrà data l’opportunità, certo che verrò ad allenare lì! Al Napoli? Non hanno bisogno di me (ride, ndr)”.

- Da tecnico, come vedi la sfida tra Allegri e Sarri?

“E’ una bella sfida, senza ombra di dubbio. Ogni domenica la Juve dimostra di essere la squadra più forte e compatta d’Italia ed è quella che esporta il calcio italiano anche oltre i confini nazionali, nelle competizioni europee etc. Il Napoli gioca, dal canto suo, il calcio più bello in Serie A. Quindi sarà una bella doppia sfida. Per un giocatore del Napoli è bello giocare questo tipo di partite, il pubblico del San Paolo trasmette voglia di vincere sempre, ma soprattutto contro la Juventus, mentre per i bianconeri è una gara certamente importante, ma lì fa la differenza la mentalità vincente: bisogna sempre portare a casa l'intera posta in palio. Secondo il mio parere, si affronteranno le due squadre più forti del campionato. Visto come gioca, il Napoli ha vinto poco fin qui, anche perché ha un po' rotto con il modo di giocare delle squadre italiane introducendo tanto fraseggio e di fatto abolendo il lancio lungo”.

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