ESCLUSIVA - Il curatore Rascio: "Fallimento ancora vivo. De Laurentiis beffò Pozzo con due mosse. C'era una clausola milionaria legata al ripescaggio"

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ESCLUSIVA - Il curatore Rascio: Fallimento ancora vivo. De Laurentiis beffò Pozzo con due mosse. C'era una clausola milionaria legata al ripescaggio

di Dino Viola

Sono passati ben dieci anni. Nell’estate 2004 venne decretato il fallimento della S.S.C. Napoli dalla settima sezione del tribunale di Napoli e l’avvocato Nicola Rascio venne nominato curatore fallimentare. Le vicende dell’epoca trasferirono la passione calcistica di un’intera città dal rettangolo di gioco alle aule dei tribunali. Poche settimane dopo Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo. Il resto è storia dei giorni nostri con i ‘riflettori' della ribalta mediatica che lentamente si sono spenti sulle vicende giudiziarie legate al fallimento. A distanza di dieci anni è forse il caso di riportare un po’ di luce e la Redazione di CalcioNapoli24 offre un'autorevole prospettiva sui fatti in questione: quella del curatore fallimentare, Nicola Rascio. Il noto avvocato in questi anni di silente lavoro non ha praticamente mai rilasciato un’intervista. Lo ha fatto concedendosi in esclusiva ai nostri microfoni, esordendo con una precisazione: “Il fallimento non è spento, sono ancora il curatore fallimentare”

L’attenzione mediatica è calata nel tempo ma il fallimento va avanti. A che punto siamo?
“Le cause sono tante, in attesa dei giudizi. C’è un’attività di gestione ordinaria da portare avanti nei riguardi dei contenziosi, soprattutto del contenzioso tributario che è abbastanza impegnativo. C’è un contenzioso tributario che pende e sono in molti che ci attendono, non è un fallimento spento per cui è richiesta ancora tanta attenzione”.

Tanta attenzione nel 2014 come nel 2004 quando le venne assegnato l’incarico tra le varie difficoltà...
“Il mio compito era quello di riuscire a trovare la quadratura del cerchio e di riuscire a riconoscere il valore attivo al fallimento verso quei creditori in caso di serie B e serie C. Le principali difficoltà erano legate alle azioni giudiziarie, alla possibilità di trovare un acquirente e soprattutto alla pressioni di una città che attendeva l’evolversi del fallimento”.

Si cercò di convincere la Figc a concedere il posto in B, poi cosa successe? Come si mossero le istituzioni?
“Il regolamento non consentiva al Napoli di restare in serie B, non lo prevedeva. Il Lodo Petrucci era pensato per determinate condizioni ma per la serie inferiore: in caso di fallimento in qualche modo il ricavato dell’assegnazione del titolo andava al fallimento in modo da evitare che si potesse pregiudicare l’interesse verso i creditori. Questo è quello che le norme consentivano ma non potevano dare la stessa serie di provenienza nella quale era fallita la società. Prima del mio arrivo non so dire come avvennero certe dinamiche. Le istituzioni, una volta avvenuto il fallimento, sollecitarono l’intervento di alcuni imprenditori a rilevare la società”.

Alla sollecitazione della Figc risposero Gaucci, De Luca, Pozzo e poi De Laurentiis...
“Tra i primi ci fu Gaucci: adesso non ricordo bene le cifre ma la sua proposta non aveva nessuna garanzia. Tra le varie proposte c’era anche quella di De Luca e quella di Pozzo. Quella di Pozzo era la più alta dopo quella di De Laurentiis. Rispetto a Gaucci, De Laurentiis dava maggiori garanzie: venne con gli assegni circolari. Anche Pozzo presentò delle garanzie ma veniva superato sull’importo dall’attuale presidente, non c’era competizione. Circa 20mln contro 28mln o 30”

Aggiudicato il titolo restava l’altra parte. Stipendi non pagati ai calciatori, le aziende che avevano presentato l’istanza e il patrimonio della società: soddisfatti tutti i creditori?
“I calciatori furono pagati e liquidati in quanto professionisti. Mentre ad oggi gli imprenditori e quelle aziende che vantavano credito sono ancora in attesa per vari motivi. Ad esempio c’è l’imprenditore Gallo che è ancora in attesa. I tempi sono lunghi, restano ancora tanti giudizi atti a recuperare alcune situazioni per liquidare i creditori. Come il centro sportivo di Marianella che non riusciamo a vendere: siamo al terzo tentativo di vendita, non c’è interesse da parte di nessuno sino adesso ad acquistarlo. Altri atti giudiziari hanno riguardato il recupero del campo Paradiso di Soccavo, come sapete al centro di altre vicende giudiziarie”.

Mai ricevute offerte da De Laurentiis per il centro sportivo di Marianella?
“De Laurentiis non è mai stato interessato al centro sportivo di Marianella e seppur sollecitato, non ha mai fatto offerte. Non so dirle il motivo. O non gli interessa o come potrebbe essere, si aspetta che scenda ancora di più il prezzo”.

Una curiosità, i trofei del vecchio Napoli?
“Quelli più importanti li ha comprati De Laurentiis nel settembre 2004. Invece la gran massa, il gran numero di trofei li comprò all’asta la Provincia qualche anno dopo. Noi li abbiamo lasciati nel caveau del Banco di Napoli. Abbiamo trasferito il possesso ma fisicamente non so se sono mai stati ritirati”.

Invece la risalita del nuovo Napoli poteva facilitare ancora di più il suo lavoro ma c’è stato un intoppo...
“L’anno dopo il fallimento un grosso ostacolo è stato il mancato ripescaggio: la vicenda sportiva interessava il fallimento perché c’era un bonus nel caso in cui il Napoli venisse ripescato. Ad un certo punto dopo il primo anno sembrava che il Napoli venisse ripescato in B, avremmo così maturato un bonus piuttosto cospicuo nei confronti di De Laurentiis. Erano dei bonus discendenti man mano che passavano gli anni. In caso di ripescaggio dopo il primo anno il Napoli ci doveva versare 15mln, ma solo in caso di ripescaggio e non per meriti sportivi”.  

Il motivo di questa clausola?
“La mettemmo per evitare accordi tra la Federazione e De Laurentiis nell’anno del fallimento: è chiaro?”.

Ostacoli, impedimenti: alla luce di quanto affrontato, qual è stata la sua maggiore difficoltà?
“Veramente non ho dormito la notte per molti mesi! (ride ndr). La forza di rifare questa esperienza non credo di averla. Non me lo aspettavo. E’ stata una cosa improvvisa, l’ho capito un po’ alla volta. Tutti i fallimenti hanno delle caratteristiche comuni ma qui c’era questa grossa difficoltà di gestire la condotta del titolo sportivo: si era sotto i riflettori non solo dei creditori ma dell’intera città. Questo è stato un aspetto delicato, nuovo, diverso rispetto ad altre situazioni”. 

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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