Ultimissime notizie Maradona - La triste verità, urlata perfino in piazza a Buenos Aires, adesso è in quella relazione firmata dai 22 medici che dall'8 marzo hanno studiato le documentazioni sullo stato di salute di Diego Armando Maradona: l'argentino poteva essere salvato e non morire, è questo il risultato della perizia.
A raccontarne i dettagli è l'edizione odierna de Il Mattino:
«Poteva essere salvato», è la sintesi del parere consegnato ai magistrati di San Isidro che indagano sul decesso del campione avvenuto cinque mesi fa, il 25 novembre, in uno spoglio appartamento a 20 chilometri dalla capitale. Chi non lo ha voluto o potuto salvare, nonostante l'evidente decadimento fisico di un uomo da tempo prigioniero dell'alcol, degli psicofarmaci e della marijuana che gli forniva tale Charly, ricercato per rapina a mano armata eppure assiduo frequentatore del clan? Nel mirino della commissione - e dunque dei magistrati - vi sono due dei sette indagati: il neurochirurgo Leopoldo Luque, presunto medico di fiducia di Diego, e la psichiatra Agustina Cosachov. Anzitutto loro, non assistendolo, avrebbero lasciato che Maradona andasse verso la morte.
La commissione è chiara nel documento anticipato da Pagina 12 e Tn Noticias: «Nel decesso hanno inciso in maniera decisiva omissioni di soccorso e una generale negligenza nel trattamento e nelle cure». La situazione di Diego, già complessa, si era aggravata dopo l'operazione alla testa cui era stato sottoposto il 3 novembre presso la clinica Olivos. I sanitari della struttura suggerirono di trasportarlo in un centro specialistico dove sarebbe stato seguito adeguatamente, invece fu deciso di trasferirlo a Tigre, in un appartamento dove c'era un bagno chimico e niente che potesse essere di supporto per un cardiopatico grave. Le patologie - secondo la commissione - erano sfuggite ai medici che frequentavano quella casa, presa in affitto dalla figlia Gianinna Maradona e non dall'avvocato Matias Morla, il manager dell'ex capitano del Napoli. Inquietante questo passaggio della relazione in cui si denuncia «una situazione fuori controllo, con una totale mancanza della strumentazione minima richiesta e l'inadeguatezza della sistemazione predisposta». E, negli ultimi giorni, «vi era assoluta assenza di assistenza», nonostante alcuni componenti del clan avessero fatto presente ai medici che Diego era particolarmente gonfio. «Ha occhi grandi come seni», questo l'allarme. Il dottor Luque aveva liquidato così il discorso: «Sarà una semplice ritenzione idrica, è normale se non si muove dal letto. D'altra parte, con tutti i farmaci che prende... Passerà tutto».
Diego è morto a mezzogiorno del 25 novembre per arresto cardio respiratorio generato da una grave insufficienza cardiaca, un edema polmonare e un'acuta cirrosi. Decisivi gli errori dei medici: mai prescritti accertamenti dal dottor Luque e la dottoressa Cosachov aveva dato al sessantenne ex calciatore antidepressivi assolutamente non indicati per un cardiopatico. Le relazioni saranno adesso consegnate ai legali e ai periti degli indagati per le controdeduzioni, poi arriveranno i rinvii a giudizio e comincerà il processo. Con un'accusa pesante: omicidio con dolo eventuale, reato che prevede una pena da 8 a 25 anni. Agli attuali sette indagati potrebbe aggiungersi l'avvocato Morla, il capo del clan.