Coronavirus, il racconto di Prandelli: "Iniziato tutto per una partita di bocce, ho perso amici e blindato mia madre a casa. Calcio? Sicuri ce ne sia ancora voglia?"

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Cesare PrandelliCesare Prandelli

Le parole di Cesare Prandelli

Ultime notizie calcio. Cesare Prandelli, ex CT della Nazionale, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni de Il Mattino, raccontando la sua esperienza con l'emergenza Coronavirus.  La sua Orzinuovi è stata uno dei focolai dalla pandemia. Il calcio non sembra adesso al centro dei suoi pensieri:

"Magari il calcio sarà pronto a ripartire tra due mesi ma siamo sicuri che tra due mesi le persone saranno pronte per il calcio e a mettersi alle spalle così in fretta i lutti e le paure? Perché io fatico a credere che sia così semplice tornare a vedere le partite, passare dalle bare che escono in fila sui camion dell'esercito a fare il tifo per i giocatori che corrono su un terreno di gioco".

La situazione migliora nel suo paese?
«Sì, ma fino ad adesso è stato come un bollettino di guerra. Ci sono stati giorni fuori controllo, in cui le cattive notizie si susseguivano una dietro l'altra. Lì c'è mia mamma Aldina che ha 90 anni e che ogni giorno mi chiede perché non sto da lei. Appena abbiamo intuito la situazione, l'abbiamo blindata in casa, con largo anticipo rispetto alle restrizioni del governo. Negli ultimi giorni le cose pare vadano meglio e ho l'impressione che ci sia un barlume di luce finalmente...».

Sono state settimane d'angoscia
«La tragedia nella tragedia è quella di non poter stringere la mano al proprio caro negli ultimi istanti della propria vita, provare a dargli conforto, fargli sentire una carezza. È terribile il fatto che li vedi quando li ricoverano in ospedale e poi spariscono per sempre. Senza sentirli più, senza un ultimo saluto. Sappiamo come è importante essere lì quando la persona a cui vuoi bene se ne sta andando. Io ho lasciato il calcio per non abbandonare neppure per un secondo mia moglie nei mesi della sua malattia». 

Si è spiegato perché Orzinuovi è stato uno dei focolai?
«La colpa è stata forse di una partita di bocce con quelli di Codogno. Probabilmente è lì nel bocciodromo che ci sono stati i contagi involontari. Ma secondo altri c'entra il mercato del fieno, che è assai importante. E, dicono, c'era tanta gente di Lodi».

«A un certo punto c'è stato un senso di impotenza. Il mio amico Danfio con cui ero stato al bar in piazza prima di partire per Firenze è morto in una settimana. L'ho chiamato senza sapere che stava male e non mi ha risposto. Ho saputo che non ce l'aveva fatta».

Come si immagina la ripresa?
«È un sogno il mio: mi auguro che sia l'occasione per cambiare. Siamo di passaggio, questo mondo non è nostro, e la natura pare che si sia rivoltata contro di noi e ci ha mandato un messaggio: bisogna darsi una regolata. C'è da rivedere tante cose, la sanità, l'università, la ricerca».

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