Ultime notizie SSC Napoli - Corrado, figlio dello storico presidente del Lecce anni '80 Franco Jurlano ha parlato di Conte: Antonio Conte, Checco Moriero, Luigi Garzya e non solo, erano i ragazzi di Franco Jurlano, una sorta di famiglia allargata per quell'uomo dai valori sani, dai principi inossidabili e dalla visione imprenditoriale fin troppo all'avanguardia per quei tempi.
Oggi il figlio Corrado Jurlando ne parla a Il Mattino, vi proponiamo alcuni passaggi dell'intervista:
«Vedere oggi Antonio Conte sulla panchina del Napoli mi fa un certo effetto. Antonio è diventato un uomo molto diverso rispetto a quel ragazzino che è cresciuto qui. In senso buono, sia chiaro. Perché era un giovane molto introverso, non certo l'istrione che si vede oggi in panchina. Con noi vinse lo scudetto Primavera, fece tutta la trafila nel settore giovanile e poi esordì in prima squadra. Mio padre era contentissimo della serietà e della professionalità di Antonio. Sapeva stare al suo posto. Ed era attaccatissimo a questi colori. Basti pensare che quando presentavamo le nuove divise stagionali era sempre lui a fare da modello in conferenza stampa. Era il nostro ragazzo immagine».
Poi parla della cessione alla Juventus di Antonio Conte a metà della stagione 1991-92:
«Un po' come accaduto quest'anno qui con Dorgu. Quando ti offrono determinate cifre e sei il Lecce non puoi fare un braccio di ferro: il giocatore gioca contro voglia e non puoi tarpargli le ali, tanto più se dall'altra parte gli offrono il triplo dello stipendio. Ecco, con Conte e la Juventus ci successe la stessa cosa. Ma sono sicuro che Antonio sia orgoglioso del suo passato a Lecce e di quella squadra che fu il suo trampolino di lancio per il resto della carriera».
E su Lecce-Napoli, aggiunge:
«Io sarò sempre contento di quello che ha fatto e che farà. Ha dimostrato che quando si è persone serie e quando si è professionisti seri i valori escono fuori. Èvero che ha avuto quella piccola incomprensione per l'esultanza di un gol contro il Lecce. Ma veniva da un grande infortunio e quell'esultanza non ho mai pensato fosse contro la tifoseria o la sua terra, ma uno sfogo dopo un momento di sofferenza e difficoltà, una sorta di liberazione. E penso che qui in tanti lo abbiano anche perdonato».