Cos'hanno in comune l'austriaca Salisburgo, l'americana New York, l'olandese Max Verstappen, il francese Pierre Gasly, la brasiliana Campinas, la ghanese Sogakope, la Skoda Motorsport e Lipsia? Città, piloti di Formula 1, team del Mondiale Rally: tutti hanno a che fare - pesantemente - con la Red Bull.
La teoria di Dietrich Mateschitz, businessman austriaco 73enne nato a Sankt Marein im Mürztal, ha portato alla ricerca di una squadra tedesca nella quale investire - l'ennesima dopo Red Bull Salisburgo, New York Red Bulls (ma va?), Red Bull Brazil, il fu Red Bull Ghana - e dopo tre anni e mezzo, e dopo aver valutato altre città come Amburgo, Monaco e Dusseldorf, la scelta è caduta su Lipsia. Siamo nel 2006, Franz Beckenbauer - amico di Mateschitz - gli consiglia di investire a Lipsia. Dopo il Mondiale c'è uno stadio nuovo e la squadra cittadina non naviga in buone acque: Mateschitz vuole investire 50 milioni nel club, cambiandone il nome ed i colori. L'FC Sachsen Leipzig gioca nella quarta divisione tedesca, e per ottenere una licenza professionistica deve rivolgersi alla DfB, la federazione calcistica teutonica. Che, però, nega il piano ambizioso di Mateschitz. Dopo proteste dei tifosi e scontri violenti, la Red Bull si ritira. Si tenta con il St.Pauli di Amburgo, con il Monaco 1860, con il Fortuna Dusseldorf: le trattative bene o male iniziano, ma si arenano definitivamente quando diviene chiaro il progetto della Red Bull. Ovvero creare una squadra ex novo, con colori e nome ovviamente ispirati all'azienda.
Perchè Lipsia? Per diverse ragioni, tutte molto giuste effettivamente: a Lipsia è nata la Federazione tedesca, i club cittadini hanno avuto esperienze internazionali. Però la Bundesliga è assente dal 1994, il calcio professionistico dal 1998. Se aggiungiamo la solidità economica della società, la lontananza di altre squadre di alto livello che avrebbero potuto attrarre sponsor e bacino d'utenza dei tifosi, nonchè infrastrutture di livello (Lipsia ha ospitato i Mondiali, con relativo ammodernamento di autostrade e aeroporto), è facile capire perchè la Red Bull abbia investito lì. Si decide di partire dalla quinta serie, che non necessita di autorizzazioni dalla DfB: meglio creare una società da zero, per evitare qualsiasi problema, se proprio non si riesce a trovare una nuova società. Tramite Michael Kolmel, distributore cinematografico tedesco, proprietario dello stadio di Lipsia e tanto altro, si stabilisce un contatto con l'SSV Markranstädt, piccola società della Sassonia e vicina alla città di Lipsia, il cui proprietario vuole garantire un futuro al club: accordo economico, attorno ai 350mila euro, e via al RasenBallsport Leipzig. Perchè questo nome? Perchè la federazione impedisce ad una società di avere uno sponsor nel nome. Però RasenBallsport, sport della palla su prato. RB, Red Bull. Torna tutto, no?
La Red Bull ha impiantato uomini di fiducia tra i membri fondatori del club, e per partecipare alla Oberliga tedesca ha letteralmente acquistato quattro selezioni giovanili dal Sachsen Leipzig. Prima di arrivare al Zentralstadion di Lipsia, una stagione a Markranstädt: c'entra di nuovo Kolmel, che tratta direttamente con la proprietà. Prima la Red Bull acquista i diritti sul nome dello stadio nel 2009, poi programma di investire circa cento milioni di euro nel tentativo di arrivare in Bundesliga in otto anni. Ma Mateschitz, evidentemente visionario, non riesce a nascondere le velleità di vincere il titolo e strapparlo dalle mani del Bayern Monaco. Ed il 24 luglio del 2010 inaugura la nuova Red Bull Arena, perdendo con i vice campioni di Germania dello Schalke 04: la media spettatori è salita anno dopo anno, partendo dai 2.150 spettatori del 2009-10 ai 41.454 del 2016-2017, anno della qualificazione in Champions League al debutto in Bundesliga. Ma il punto di vista tecnico non interessa molto alla storia.
In Germania, per partecipare alla Bundesliga, un club deve avere il 50%+1 del potere di voto per evitare ingerenze da parte di investitori esterni. I membri della società, dunque, devono avere la maggioranza. Per diventare 'socio', il Bayern Monaco nel 2014 chiede tra i 30 ed i 60 euro. Il Lipsia chiede cento euro, più altri ottocento annuali. Ma il board manageriale si riserva di rifiutare ogni richiesta senza notificarlo e senza dare spiegazioni. Dopo quattro anni, il Lipsia è composto da nove membri tutti legati alla Red Bull. Ci sono piccoli cambi: ad esempio una membership dai 70 ai 1000 euro annuali che comportano alcuni privilegi, nonchè un posto nel board di supervisione senza diritto di voto. Ma la Red Bull mantiene il comando assoluto tramite una GmbH, più o meno una società a responsabilità limitata, che ha il 99% circa delle quote del club.
Se chiedete ad un tifoso tedesco cosa pensi del Lipsia, probabilmente vi risponderà in toni negativi perchè la società viene vista come un mero investimento capitalistico che, magari, da un giorno all'altro potrebbe lasciare la città: ipotesi da scongiurare, visto un accordo di 20 anni tra la Red Bull e la federazione tedesca. Però nel 2014 dieci gruppi organizzati (legati ad Aalen, Aue, Braunschweig, Darmstadt, Heidenheim, Ingolstadt, Kaiserslautern, Karlsruhe, Monaco 1860 e Sandhausen) hanno lanciato una iniziativa chiamata 'Nein zu RB'. No all'RB. Come se dicessimo 'No al Napoli' oppure 'No al Campania'. Fatto sta che l'iniziativa ha fatto rumore (un quotidiano sportivo, il giorno dei calendari, scrisse 'venditori di lattine' al posto del nome Lipsia), ed altre tifoserie hanno fatto registrare episodi notevoli - anche passati - ed in alcuni casi deprecabili:
Probabilmente dal punto di vista morale il Lipsia non riscontra grandissime simpatie da parte del calcio tedesco, ma i risultati - basati anche su di un ingente supporto economico da parte della Red Bull - sono indiscutibilmente a favore della società di Mateschitz, prossima avversaria del Napoli in Europa League.
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(contribuzioni da: Der Spiegel, Tages Spiegel, The Guardian, New York Times, Daily Mail, FAZ)