Graziedi tutto. Se siamo il Napoli, lo dobbiamo a lui. E pure se il calcio a Napoli oggi è un fenomeno popolare, fruibile anche dai ceti bassi. Se la città ha avuto un stadio vero, glielo dobbiamo con tutto il cuore. Grazie ancora, Giorgio Ascarelli. Sarebbe stato bello potergli stringere la mano: un privilegio vietato, sono nato fuori tempo, lui se n’è andato il 12 marzo del ’30, a 36 anni, stroncato da un attacco di peritonite perforante. Napoli con il lutto al braccio, la città c’era tutta ad accompagnarne la salma nel viaggio senza ritorno da Villa Bice, a Posillipo, al cimitero ebraico. Napoletano verace del quartiere Pendino, classe 1894, studioso di pittura e mecenate della Società dei Concerti, Giorgio Ascarelli era ebreo. Figura gigantesca, chi era e cos’altro ha fatto di grande nel calcio a Napoli? Cose uniche,meravigliose. Sintetizzo, saccheggiando i sacri testi di Pacileo, Carratelli e Masiello. Presidente a 32 anni, Ascarelli porta a Napoli il primo vero grande allenatore, l’alessandrino Giovanni Carcano,e un nazionale, Giovanni Ferrari. Il 1° agosto del ’26 riunisce il consiglio direttivo e ufficializza la sua proposta: niente più nome britannico, bando all’esterofilia, dobbiamo chiamarci Napoli. Cancellata la parola Internaples, nasce l’AC Napoli. Denominazione guida fino al 1964, quando diventa SSC Napoli. Amante della sua città, persona lungimirante, è costretto a lasciare la presidenza prima della fine di quella stagione. Motivi politici e razziali. Semplicemente disgustoso. Impone le sue idee con la dolcezza e la forza della ragione. La squadra di Napoli ha nel campo dell’Ilva Bagnoli una casa, e non va bene. Ascarelli si batte per sancire il diritto del club giocare all’Arenaccia, sul terreno occupato dai militari durante la guerra. Ridiventa presidente nel 1929, l’anno dei grandi accadimenti calcistici a Napoli, firmati Giorgio Ascarelli, fondatore dell’industria Manifattura Villadosia. Gli indimenticabili 1929 e 1930, stagioni epiche del Napoli fondato e rifondato da Giorgio Ascarelli. Acquista Carlo Buscaglia, il ciott, calciatore multiuso, 10 ruoli coperti in carriera, secondo solo allo juventino Magni, che giocò anche in porta. L’ebreo Ascarelli si prende la briga di andare Leonardo Arpinati, il fascista bolognese presidente della Federcalcio. La partita è difficile, ma lui vince anche quella: il Napoli è ammesso con la Lazio in serie A, il torneo diventa a 18 squadre. Nasce il primo campionato nazionale. Napoli e il Napoli non hanno ancora uno stadio degno di questo nome? Provvede Ascarelli, generoso mecenate. Al Rione Luzzatti sorge il campo sportivo, le tribune in legno per 10.000 spettatori. Il 23 febbraio del ’30 l’inaugurazione, fa niente se lo stadio non è ancora completato.Autorità e sportivi cercano invano Ascarelli in tribuna centrale: lui è in un angolo del settore distinti, solo con la sua commozione. Prende come allenatore Willy Garbutt, inglese, mister dalla a alla zeta. Il presidente e il tecnico della grande svolta. Garbutt e quattro acquisti importanti: i portieri Cavanna, e Marietti, Vojak, Mihalic. Il Napoli è quinto a fine campionato. Giorgio Ascarelli non lo vedrà giocare una sola partita nello stadio che ha regalato a Napoli, chiamato Vesuvio e poi dedicato a lui. La lady con la benda nera, la signora morte, se lo porta via in un lampo sinistro, 16 giorni dopo. Privato prematuramente del suo grande presidente, il Napoli gioca la prima partita a Milano contro l’Inter. L’arbitro Ciamberlini, al 5’ del primo tempo, ferma il gioco e ordina un minuto di silenzio in memoria di Ascarelli. Due a due il risultato finale. La signora vedova invia un telegramma di ringraziamento "per la grande prestazione dei giocatori che hanno onorato degnamente l’amato indimenticabile presidente". Indimenticabile e amato, purtroppo dimenticato da Napoli. Memoria e riconoscenza non abitano qui