La sua vita in Costa azzurra, mimetizzata tra vacanzieri e turisti di ogni nazione, ma anche il riciclaggio del denaro sporco, gli investimenti della camorra, lo sbocco naturale dei soldi di droga e racket. Sono questi i punti su cui sta parlando Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore, l’ex boss dei «capitoni» di Secondigliano. Già, perché Antonio Lo Russo ha deciso di collaborare con la giustizia, di passare dalla parte dello Stato, come ampiamente annunciato dai rumors di questi giorni. Un anno e mezzo di carcere duro, ma anche le accuse firmate in questi mesi dagli zii Carlo e Mario lo hanno messo alle strette. E lo hanno spinto a collaborare con la giustizia.
Ora si annuncia un possibile nuovo terremoto tra clan storici e nuove paranze, visto lo spessore di un uomo che aveva ereditato a meno di trent’anni lo scettro di boss (dopo il pentimento del padre Salvatore), visto anche il suo ruolo attivo nei traffici illeciti in nome e per conto della camorra di Secondigliano. Libero per quattro anni (dal 2010 al 2014, seppur da latitante), Antonio Lo Russo è potenzialmente in grado di svelare molto, specie in materia di patrimoni e intestazioni fittizie. Ma andiamo con ordine, a partire da un’immagine, una foto - forse lo scatto più famoso degli ultimi anni - che inquadra Antonio
Lo Russo a bordo campo, al San Paolo, durante la partita Napoli-Parma. Aprile del 2010, sconfitta casalinga inaspettata per 3 a 2, grande delusione per il tifo azzurro. Ricordate? Pettorina gialla, già latitante per fatti di droga da qualche mese, Antonio Lo Russo era alle spalle della porta. Una foto che fece scattare un’inchiesta - ipotesi calcioscommesse, poi archiviata -, lasciando sempre e comunque sul tappeto tanti dubbi, sospetti e zone d’ombra. Da allora la grande fuga, fino all’arresto dell’aprile del 2014, in una stradina di Nizza. Abiti sportivi, cappellino con visiera, in sella a una bicicletta. Stanato dai carabinieri, fine della caccia all’uomo. Poi l’estradizione e il carcere duro.