ESCLUSIVA - Fiore: "La carota di Ancelotti, Lalas con la chitarra e le sentenze di Mihajlovic. Volevo giocare nell'Inter. Su Tutino e Lasagna..."

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ESCLUSIVA - Fiore: La <i>carota</i> di Ancelotti, Lalas con la chitarra e le <i>sentenze</i> di Mihajlovic. Volevo giocare nell'Inter. Su Tutino e Lasagna...

Cosentino doc, ma è ad Udine che esplode come calciatore. Stefano Fiore, ex stella di Lazio, Parma ed Udinese stessa, è uno degli ospiti della

Cosentino doc, ma è ad Udine che esplode come calciatore. Stefano Fiore, ex stella di Lazio, Parma ed Udinese stessa, è uno degli ospiti della settimana di CalcioNapoli24.it che l'ha raggiunto in esclusiva in vista della gara di sabato sera tra l'Udinese ed il Napoli alla Dacia Arena. La conoscenza con Ancelotti, i contatti col Napoli in passato, le punizioni di Mihajlovic e il paragone tra Cannavaro e Thuram, ripercorriamo le tappe della carriera di Fiore: 

Cominciasti col grande Parma di Nevio Scala: Couto, Zola, Asprilla. Le tue sensazioni sull'attaccante colombiano. Cosa ricordi in particolare di lui?

“Era un giocatore, per quei tempi, spettacolare. Sapeva infiammare le folle col suo modo di correre e con le sue sgroppate. Era un ragazzo divertente, uno spasso per lo spogliatoio. Era sempre pronto a fare scherzi, non stava mai fermo e con lui non ci si annoiava”. 

Alexi Lalas, il primo statunitense a giocare in Italia. Oltre la chioma rossa che impressione ti fece a Padova?

“Era molto particolare perché aveva un modo tutto suo di interpretare e di vivere il calcio. Era lampante in tutto, veniva al campo con la chitarra, aveva l’hobby della musica. Era particolare vederlo negli spogliatoi con la chitarra. Faceva fatica anche a capire quali fossero le nostre abitudini". 

Il tuo exploit lo devi anche ad Alberto Malesani, con quel grande Chievo che poi arrivò in A. La volta che l'hai visto più arrabbiato.

“Si arrabbiava spesso soprattutto se non vedeva le cose fatte secondo i suoi canoni. Mi ricordo che si arrabbiò moltissimo a Pescara, dopo la terza sconfitta consecutiva. Non si capacitava di come fosse possibile, ma nel calcio succede spesso di non vincere quando si gioca bene. Eravamo una squadra molto forte, lottavamo per vincere il campionato. Era un allenatore molto bravo ed avrebbe meritato molto di più di quello che ha raccolto". 

Dopo la breve esperienza al Chievo Verona il ritorno alla base, il Parma. In quella squadra trovasti in panchina Carlo Ancelotti. Il suo pregio ed il suo difetto.

“Credo sia lo stesso di Parma l’Ancelotti di adesso. Era un buono in tutto e tante volte poteva essere anche un limite per lui. Ha sempre professato che non sa fare l’allenatore in maniera diversa da come lo fa. Non ama usare il bastone, ma la carota. Questo porta notevoli vantaggi a livello di rapporto, ma a volte ci può essere qualcuno che se ne approfitta. Era difficile non andar d’accordo con Ancelotti, anche chi giocava di meno riusciva a vivere l'atmosfera in maniera serena". 

Hai giocato con entrambi. Era più forte Fabio Cannavaro o Lilian Thuram?

“Bella lotta. Come marcatore puro dico che Fabio era superiore a Thuram in quanto era sempre molto concentrato. Era difficile che sbagliasse, Thuram era un po’ più bravo coi piedi. Sapeva anche impostare l’azione, aveva una predisposizione al gioco diversa”. 

Juan Sebastian Veron. Che giocatore era?

“Calciatore completo, per l’epoca era un calciatore moderno. Giocatore totale, dotato da un calcio straordinario. Forse aveva la pecca di avere solo un piede, il destro”. 

La vittoria della Coppa UEFA, possiamo dire che è uno dei più grandi traguardi che hai raggiunto da calciatore?

“Le vittorie sono quelle che restano, sono i ricordi più belli. Ho avuto la fortuna di vincere due Coppe UEFA, una da titolare con Scala. Avevo diciannove anni e mai avrei pensato, qualche mese prima, che avrei giocato una finale di Coppa UEFA da titolare. E’ stata quella la vittoria più bella, così come quella del 1998 col Marsiglia perché fui protagonista durante tutto il percorso”. 

Poi la tappa di Udine, tappa importante ai fini della tua crescita professionale.

“E’ stata la chiave di svolta della mia carriera. Ad Udine sono diventato un calciatore importante, ho conquistato la nazionale, ho saltato tre o quattro partite in due anni". 

Ricordi all'Udinese Fabio Cesar Montezine, ex Napoli?

"Ne ho un ricordo parziale. Non ebbe la possibilità di mettersi in luce. Ci sono tantissimi calciatori che non sono riusciti ad esprimere il loro reale potenziale e Montezine ne è un esempio". 

Poi passasti alla Lazio. De la Pena, Mendieta e Claudio Lopez, cosa impedì la loro riuscita in Italia?

“Il fatto che la Serie A è particolare, non tutti gli stranieri riescono ad ambientarsi nella maniera giusta per il modo di giocare e la mentalità. Tutto ciò che c’è intorno è amplificato alla massima potenza e questo può incidere sulla testa dei calciatori. I nomi che hai citato sono di calciatori che hanno fatto bene ovunque, tranne che in Italia. Qui non è facile, se non trovi l’ambiente giusto è difficile. La Lazio si stava ridimensionando dopo il crac Cirio e la situazione era particolare un po' per tutti". 

Mihjalovic e le punizioni.

“Una sentenza o quasi, direi. Sinisa ha sempre avuto questa caratteristica di essere molto pericoloso sui calci piazzati. Aveva un piede straordinario e si allenava molto su questi fondamentali. A fine allenamento si allenava su punizioni e calci d’angolo".

Un giudizio su Roberto Mancini come allenatore.

“E’ stato uno dei pochi che non ha fatto gavetta, un po’ come gli accadde da calciatore. E’ un predestinato, ha bruciato le tappe ed ha dimostrato di esser capace fin da subito. Ha avuto ottimi maestri che l’hanno aiutato, è diventato un allenatore in fretta. Ha rubato i segreti di Eriksson o anche di Boskov. E’ stato bravo a sfruttare il suo carisma che ha ancora conservato da allenatore. Riesce a far molta presa sull’ambiente in cui lavora. Ha una mentalità vincente". 

Quanto faceva paura da vicino Jaap Stam?

“E’ un luogo comune che è normale ci esista. Per chi non ha avuto modo di giocare insieme a lui, dà l'immagine di un calciatore grosso, rude e cattivo. Invece è un ragazzo molto perbene, era un giocatore super corretto. Molto determinato e deciso, persona leale però. Poi se lo si beccava nei momenti giusti era anche simpatico. In campo era meglio giragli alla larga (scherza ndr.). Uno dei più forti con cui abbia giocato". 

Il tuo Cosenza si sta godendo il talento del Napoli, Gennaro Tutino. Dove può arrivare questo ragazzo?

“L’anno scorso è stata lui la chiave vincente del Cosenza. Nel momento decisivo della stagione, dopo tante ombre, si è quasi caricato la squadra sulle spalle. Si è rivelato un giocatore importante per la categoria ed ha fatto la differenza. Ha buone qualità, ma già vediamo che sta facendo un po’ di fatica in B. Deve lavorare e crescere se vuole arrivare ad alti livelli. La Lega Pro e la Serie B sono il purgatorio del calcio, il livello qualitativo è basso e far bene in quelle categorie non vuol dire che sia un calciatore pronto per palcoscenici importanti". 

Lasagna è un attaccante da Napoli?

“Anche per lui direi che, prima di arrivare a giocare in una squadra così importante come il Napoli, c’è bisogno ancora di qualche campionato a livelli importanti. Ha delle buone qualità, ma prima di arrivare a giocare stabilmente nel Napoli credo che ci sia ancora da lavorare e migliorare. Anche lui ha fatto cose interessanti, ma non tali da metterlo al pari di Insigne, Mertens e Callejon". 

Sei mai stato contattato dal Napoli in passato?

“Sì, non ricordo esattamente l’anno, ma c’è stata possibilità di venire a Napoli, ma giusto un accenno". 

La squadra dove avresti voluto giocare e non ci sei riuscito.

“Da bambino ero tifoso interista perché lo era il mio papà. Nel mio immaginario c’era questa possibilità, ma non si è concretizzata purtroppo". 

Il giocatore più forte con cui abbia giocato?

“Ce ne sono tantissimi, ma sceglierei proprio Veron”. 

Vedi qualche calciatore italiano che ti somiglia in campo?

“Al momento non ne vedo, il calcio si è evoluto e le caratteristiche sono cambiate. Pellegrini della Roma potrebbe essere un centrocampista che potrebbe assomigliarmi. Fa sia la mezz'ala che il trequartista". 

Cosa farà Stefano Fiore da grande?

“Ho appena finito di prendere l’ultimo patentino da allenatore. Ho anche quello di direttore e non mi precludo nulla”.

di Fabio Cannavo (Twitter: @CannavoFabio)

RIPRODUZIONE RISERVATA

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