L'utopia irrealizzata di Rafa Benítez

Editoriale  
L'utopia irrealizzata di Rafa Benítez

di Claudio Russo – twitter:@claudioruss

"Comunque vada domenica, queste sono state due stagioni importanti, di crescita e io non rinnego nulla. Tra un giorno, forse un giorno e mezzo, potrebbe esserci una sorpresa importante. Positiva? Non vi preoccupate"Aurelio De Laurentiis, 26/05/2015

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"Il Napoli precisa che la conferenza stampa prevista per domani, giovedì 28 maggio alle ore 13 nel Centro tecnico di Castel Volturno, con il Presidente Aurelio De Laurentiis ed il tecnico Rafa Benitez riguarderà solo tematiche inerenti il Napoli e non il futuro di Benitez. Non saranno accettate, quindi, domande relative al futuro dell’allenatore azzurro" - Comunicato SSC Napoli, 27/05/2015

Insomma, niente quesiti sul Real Madrid domani a Castelvolturno. Ma magari un sacco di domande, anche da parte dei giornalisti spagnoli che si siederanno sui seggiolini azzurri della tribunetta in sala stampa, su ciò che è il presente e su cosa sia stato questo biennio al Napoli per Rafa Benitez.

Un biennio di cui Tommaso Moro andrebbe fiero e del quale prenderemmo volentieri in prestito il titolo della sua maggiore opera, Utopia: "Ideale, speranza, progetto, aspirazione che non può avere attuazione" si legge sul dizionario della Treccani. Bene, prendete questo concetto ed applicatelo al Napoli. Una società che, dopo la fuga di Walter Mazzarri, quasi per caso mette in piedi la trattativa con quel Rafa Benitez reduce dalla vittoria in Europa League con il Chelsea.

Una foto con il borsone del Napoli, un'altra con il presidente De Laurentiis, un accordo trovato davanti ad piatto di patatine fritte ormai entrato nella leggenda. Una saletta per gli interpreti allestita a Castelvolturno, una miriade di colleghi stranieri mai vista da queste parti. E poi parole (tante), sogni e promesse (tante anche queste) inframezzate da due trofei, gli unici che non è riuscita a vincere la Juventus, ma anche da tante delusioni chiamate Bilbao e Kiev per citarne alcune.

La grande utopia di Rafa Benitez, irrealizzata da chi avrebbe voluto, se ci fossero state delle basi solide, rimanere a Napoli per più di due anni. L'utopia di chi aveva accettato il West Ham, che ha uno stadio in concessione come l'Olimpico di Londra (almeno loro), perchè con un'ora e mezza di treno si arriva a Liverpool, direzione Lindisfarne, da sua moglie Montse e dalla figlia Agata (l'altra, Claudia, partirà presto per Oxford). L'utopia di chi era arrivato in un Napoli senza stadio di proprietà, senza sede di proprietà e senza i mezzi necessari per allestire una società in grado di lottare anno dopo anno su più fronti. E che adesso, placidamente, si andrà a sedere sulla panchina più ambita del mondo, quella del Real Madrid. Un ritorno a casa.

Investimenti sullo stadio? Mai arrivati, anche a causa di una burocrazia lentissima. Investimenti sul settore giovanile? No, anzi lo spostamento di quest'ultimo nel centro sportivo di Sant'Antimo (in affitto) per liberare tutti e tre i campi di Castelvolturno (altro che i trenta di Carrington o di Melwood). Investimenti sul mercato? Quelli sì, anche e soprattutto grazie ai 70 milioni entrati con la cessione di Edinson Cavani. Poi tante cose sbagliate, dall'attesa del preliminare di Bilbao ed il mancato arrivo di un mediano (Gonalons-Kramer quasi, Fellaini-Romeu-Camacho un po' meno, Javi Martinez-Javi Garcia i sogni, David López l'ultima chance) alla mancata conferma di un punto fermo come Pepe Reina la cui assenza si è fatta sentire. Errori macroscopici della società, pagati uno dopo l'altro.

Ci sono stati anche errori da parte dell'allenatore spagnolo che, nonostante l'ultima ancora di salvataggio rappresentata dalla sfida di domenica contro la Lazio che vale l'accesso ai playoff Champions, è stato lentamente trascinato giù dalla palese mancanza di carattere dei suoi giocatori, evidenziata in tante trasferte di campionato perse contro squadre dal valore assoluto più basso nonchè dal naufragio (in tutti i sensi) di Kiev nel quale è affondato Benitez e sono affondati i suoi giocatori più rappresentativi, scarichi a livello mentale ed incapaci di reagire ai due schiaffi di Yevhen Seleznyov.

Il tempo passa per tutti, e questi due anni con Rafa Benitez ci hanno mostrato un uomo, prima ancora che un allenatore, dedito alla causa ed un professionista serissimo come forse mai abbiamo potuto vedere sulla panchina del Napoli. Un uomo, prima ancora che un allenatore, che ha preso a cuore non solo la SSC Napoli bensì la stessa città. Si è immedesimato da subito con essa, ne ha apprezzato la storia e quando ha potuto l'ha pubblicizzata. I napoletani gli sono andati dietro sostenendolo sempre, ancor di più quando Rafa è arrivato a chiedere giustizia sui cori anti-napoletani mai sanzionati adeguatamente dal giudice sportivo. I napoletani sono così, ti supportano e ti danno credito salvo ritirarlo, condizionati dalla propria umoralità, dopo qualche delusione di troppo. La mezza gioia di Roma e la gioia intera di Doha, la delusione di Bilbao e la depressione di Kiev. Quattro momenti che resteranno nella storia di Rafa Benitez e del Napoli, assieme al tanto rancore di chi, inadeguato, ha preferito approfittare di ogni passo falso pur di gettare una quantità spropositata di veleno su un allenatore che ha cercato di professare equilibrio senza trovare sponde proficue.

Manca meno di un giorno alla conferenza stampa congiunta di Benitez e di De Laurentiis, quella in cui è stato espressamente chiesto di non fare domande sul Real Madrid. Possibile che il presidente azzurro possa parlare dello stadio San Paolo e dei progetti di riqualificazione di una struttura fatiscente al limite del penoso, possibile si possa annunciare la firma non dell'allenatore ma di qualcun altro (un giocatore?). Certamente si potrà tracciare un bilancio di questi due anni, della crescita e dell'internazionalizzazione del brand Napoli che ha portato il nome della società sulle pagine dei quotidiani di mezzo mondo unicamente grazie a Benitez. Ed è anche grazie a lui che abbiamo potuto assistere al triplo acquisto dal Real Madrid, chi l'avrebbe mai immaginato? Pochi, pochissimi visionari. Tutto qui. 

Se l'eredità sportiva lasciata da Benitez parla di una possibile qualificazione ai playoff Champions, di due trofei sui dodici della storia del Napoli, di una semifinale europea dopo 26 anni ma anche di una marea di gol subiti e di prestazioni insufficienti...dall'altra parte l'eredità umana di Rafa lascia un uomo venuto a Napoli con grandi progetti, affiancato da un altro uomo dotato sì di grandi idee ma senza i mezzi adatti per poterle garantire. Benitez andava messo in condizione di lavorare come voleva lui, altrimenti non andava proprio preso. Aspettiamoci qualche domanda rifiutata dalla SSC Napoli, aspettiamoci qualche titolo regalato da De Laurentiis, aspettiamoci un altro detto, un altro refrain, di Rafa Benitez. E concentriamoci sui loro volti e sui loro sorrisi agrodolci ma sinceri: sinceri perchè è meglio lasciarsi così, cordiamente, invece di lanciarsi gli stracci, agrodolci perchè questi due anni avrebbero potuto regalare tante altre soddisfazioni e prepararci ad altre stagioni in compagnia di Rafa. Ma le storie non sempre finiscono benissimo e a questo elenco, da domenica, possiamo aggiungere un altro volume: "L'utopia irrealizzata" di Rafa Benitez, pubblicato in due edizioni dal 2013 al 2015, edito da Aurelio De Laurentiis. Fine dei giochi. Suerte, Rafa.

PS: "No matter what happens now / You shouldn't be afraid / Because I know today has been / The most perfect day I've ever seen" canta Thom Yorke dei Radiohead in 'Videotape', su un pianoforte che nota dopo nota va spegnendosi. Associamola a questo biennio targato Benitez a Napoli. Passerà qualche giorno, poi metteremo i ricordi in bella vista e ci concentreremo sul futuro. Sin prisa pero sin pausa, Rafa permetterà la citazione.

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