Corbo: "Il Napoli si compiace della sua pigrizia, tra i più brutti dell'anno. Perchè Benitez aspetta tanto a fare i cambi?"

Rassegna Stampa  
Corbo: Il Napoli si compiace della sua pigrizia, tra i più brutti dell'anno. Perchè Benitez aspetta tanto a fare i cambi?

Scrive Antonio Corbo su Repubblica: "All'appuntamento di sabato sera a Milano con l’interista Mazzarri si presenterà un Napoli arruffato. In disordine. Teso. Giocando controvoglia, fa però conoscere i suoi mali oscuri. Ecco i primi che affiorano. Mediani troppi lenti e involuti per giocare in due, e non in tre. Zapata non è un ricambio neanche per il peggiore Higuain. Il terzo e più grave: l’allenatore non si accorge degli squilibri ma scarica la squadra, «per mancanza di carattere e maturità». Nel Napoli è successo qualcosa. Trascurando l’analisi molto interessata di Benitez, si parte proprio dagli squilibri tattici. Spiegano la paradossale discontinuità: il miglior Napoli è quello che batte la Juventus venti giorni fa, uno dei peggiori è quello di ieri, fermato sul pari da una irrisoria Udinese. Non si impegna con squadre modeste: è un motivo, ma non l’unico. Fila anche con due soli mediani, ma a tre condizioni. Se funziona una pedina di raccordo (Hamsik o Pandev), se un attaccante mobile tiene in allarme la difesa (Higuain) e se gli esterni accorciano sui mediani per ricevere e fiondarsi nella profondità. È il congegno micidiale che talvolta ha fatto grande il Napoli.

Se Zapata trotta lento, se Callejon non dà nulla oltre il gol, se Insigne è guidato non più dai suoi estri ma da un allenatore che lo rimprovera appena non passa a Callejon, come è avvenuto un attimo dopo il gol sfiorato dall’invecchiato monello di Frattamaggiore, se il centrocampo abbassa il ritmo e indugia con oziosi passaggi senza trovare sbocchi, se accade tutto questo il Napoli diventa squadra mediocre come quelle che non riesce a battere. [...] Deve prima ritrovare il suo allenatore. Lucido e nella forza del suo carisma. Se qualcosa è successo nei suoi rapporti con la squadra, lui lo sa.
Benitez ha dato una dimensione da club europeo. Uscito da Champions ed Europa League, turbato dai rimorsi in campionato, aveva due strategie possibili. La più difficile, motivare la squadra e farle riprendere quota. La più facile, scaricarla e salvare la sua immagine. Ha cominciato con le giuste sostituzioni di Higuain, culminate con una lodevole reazione del bomber e la tripletta alla Lazio. Ha insistito con la stizzita intervista. Ma non si chiede se sia da perfezionare il suo modulo. Chiunque giochi, in qualsiasi condizione siano gli uomini chiave, si gioca così. Ma è solo questo che insegna un allenatore di rango? Una così caparbia fedeltà al modulo sarebbe tollerabile se Benitez fosse più reattivo in panchina. Il Napoli era demotivato già alla fine del primo tempo, l’errore di Reina aveva già rivelato deconcentrazione e superficialità provocando il pareggio: il Napoli ha finalmente tentato un cambio al minuto 67. La decima vittoria esterna, altro record rinviato, era già compromessa. Perché ha atteso tanto?
In una formazione che si compiace della sua pigrizia sono modesti gli esperimenti. Zapata indovina un rimbalzo di nuca per favorire il gol di Callejon, ma spende il resto dalla gara per confermare i suoi limiti. Come e più di Denis nell’esordio italiano, manca di agilità e movimenti, ha potenza ma non si smarca. Può migliorare, ma chiede tempo e palestra. I bagliori di Hamsik e la sintonia con Insigne, il tredicesimo gol di Callejon e il suo stile perentorio nel tiro sono i soli ricordi di un’altra gara al buio. Che il gol di Bruno Fernandes fosse in fuorigioco, che Domizzi abbia rischiato il rigore abbracciando Pandev sono rilievi ininfluenti. L’arbitro ha visto male, certo, ma è più avvilente che a Udine non si sia visto il Napoli"

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