Torna a parlare l'attaccante del Napoli Victor Osimhen. Nell'episodio 3 di The Obi One Podcast, Osimhen racconta i suoi traguardi personali, dalla gioia della paternità alle lezioni di vita apprese dal superamento delle sfide familiari e dalle sue umili origini in Nigeria. Nonchè riflette sul drammatico passaggio dalla povertà assoluta al sostentamento della sua famiglia attraverso il suo successo calcistico.
L'attaccante ripercorre la sua prestazione stellare nel 2023, con l'8° posto nella classifica del Pallone d'Oro, e racconta il ruolo stimolante che Mikel ha giocato per tutti gli aspiranti calciatori in Nigeria. Celebrando la storica vittoria dello scudetto del Napoli, la prima in oltre tre decenni, Osimhen attribuisce all'allenatore Spalletti il merito della sua crescita e del trionfo della squadra.
Con gli occhi puntati sul premio di Giocatore africano dell'anno per il 2024 e sulla Coppa d'Africa proprio dietro l'angolo, Victor parla anche dell'attrazione magnetica di Napoli come città del calcio, dell'incredibile sostegno dei tifosi e dell'atmosfera unica che intimidisce allo stadio le squadre ospiti.
Osimhen parla anche del rifiuto di un'offerta redditizia da parte dell'Arabia Saudita, delle sue ambizioni future, della possibilità di una mossa ispirata ai consigli di Mikel e di come modella il suo gioco sul leggendario Didier Drogba.
"La vita da papà? Nessuno mi ha detto quali sarebbero state le cose più difficili (ride, ndr). Dormo bene adesso, mia figlia ha un anno e dorme più tempo: le cose sono diventate più semplici. Ovviamente tutto è cambiato con l’arrivo della mia prima figlia, ci sono stati dei problemi con i miei familiari mentre la mia compagna aspettava la bambina. Per me è speciale, ci ha dato pace in un momento un po’ giù della scorsa stagione, quando non riuscivo a concentrarmi sulle cose che avrei voluto fare. Quindi il processo della gravidanza è stata una sfida che mi ha portato a dare il massimo in campo e fuori, adesso voglio che mia figlia impari tanto dalle cose che ho passato"
"Dal 2014 mi assumo la responsabilità della mia famiglia. Quando ho iniziato la mia carriera, una delle mie sorelle mi diceva che avrei dovuto prendere qualsiasi opportunità mi sarebbe stata prospettata: quando ero in Francia chiesi di andare in Nigeria per visitare mio padre malato, mi venne rifiutato questo permesso. Quando venne a mancare, ruppi qualsiasi accordo per tornare da lui.
Non avevo più un agente, il Napoli era interessato a me ed io avevo contatti diretti con loro: una persona si avvicinò per completare la trattativa, io gli avrei dato dei soldi al termine della trattativa, lui voleva che firmassi dei documenti ma gli dissi che non avrei voluto un procuratore. Non ho mai firmato nulla.
La maschera mi ha fatto segnare tanti gol? Una persona venne a trovarmi, voleva vedermi e parlarmi dopo l’infortunio. Chiamò una mia sorella, pensavo fosse un amico ma in realtà tramava alle mie spalle qualcosa che io non sapevo"
"Sono sempre stato una persona indipendente, ho vissuto così sin da quando ero piccolo: quando a 17 anni sono andato in Nazionale ho pensato che avrei potuto aiutare la mia famiglia. Vendevo l’acqua ai semafori quando ero molto piccolo, avevamo tanti problemi, e provavo a recuperare qualche soldo per i regali di Natale e per il cibo"
"Il Pallone d’Oro? Jay Jay Okocha ai tempi del Manchester City è stato un grande modello, così come te John Obi Mikel al Chelsea. Non lo dico per piaggeria. Non penso di aver fatto le cose hai fatto dentro e fuori dal campo, devo ringraziarti per le belle parole. Per quanto riguarda il Pallone d’Oro, ho fatto ciò che mi piace sul campo: ringrazio sempre Dio per i gol che mi ha fatto fare, essere l’ottavo giocatore al mondo è qualcosa di unico per me, per la mia famiglia, per chi non credeva in me e dubitava. Le persone non sanno cosa passa nella vita di un calciatore, a partire dalle pressioni. Arrivare ad essere il capocannoniere del campionato italiano, vincere lo scudetto dopo tanti infortuni, è qualcosa che mi resterà nel cuore se penso a ciò che ho attraversato. Ho avuto tanti allenatori e compagni che mi hanno aiutato in questi anni, gli sono riconoscente per ciò che abbiamo raggiunto. Per altri sembra facile, ma è questione di mentalità e motivazioni. Questo è ciò che volevo fare e ciò che volevo raggiungere.
Vincere il Pallone d’Oro un giorno? Tutto ciò che raggiungerò lo farò per aiutare la mia famiglia, tutto il resto sarà un bonus. Far uscire la mia famiglia dalla povertà era il mio obiettivo, poi magari faccio come Obi Mikel che ha vinto la Champions League. Adesso è arrivato lo scudetto con il Napoli, è un grande obiettivo. Quando ho giocato con Obi Mikel nel 2019 è stato un onore condividere lo stesso terreno di gioco"
"Ciò che è successo negli ultimi mesi con il Napoli? Non è andato tutto per il meglio, ne abbiamo parlato con i dirigenti: ho espresso la mia frustrazione ma ho continuato a fare il mio lavoro e mi sono concentrato sul campo. Abbiamo iniziato con un nuovo allenatore, con un nuovo stile di gioco: non vedo l’ora di tornare in campo a fare ciò che so fare.
Scudetto? Ricordo all’inizio della stagione, alcuni calciatori andarono via come Insigne, Mertens e Koulibaly. Parlavo con Anguissa dei giocatori che sarebbero arrivati, mister Spalletti ci chiese di cosa stessimo parlando: gli dicemmo della stagione che sarebbe iniziata e dei nuovi acquisti, ci disse che se avessimo creduto nei nostri mezzi avremmo fatto una stagione pazzesca. Fu molto semplice, ma ci motivò tantissimo. In squadra c’è stato uno spirito di gruppo clamoroso, per tantissime partite non perdemmo mai, in Champions League abbiamo fatto bene contro grandi squadre. La motivazione che avevamo in partita era enorme, vincevamo partite fuori casa contro Milan e Atalanta, ad un certo punto avevamo 11 punti di vantaggio e ci rendemmo conto che eravamo i favoriti per lo scudetto. Per un paio di partite scendemmo a 7-8 punti, ma non ci fu panico perchè tornammo a vincere.
La cosa migliore? Spalletti, è stato talmente bravo a farci rendere al 100%. Se dai il 90%, se ne accorge, si fa sentire in allenamento e cerca di affrontarti come se fosse un match di rugby. Lo scorso anno anche tutti i sostituti davano tutto quando entravano in campo, nessuno meritava lo scudetto più di noi"
"Spalletti viveva nel centro sportivo? Sì, è stato nel suo ufficio per sette mesi vivendo lì. Il suo ufficio era grande da contenere il letto, è rimasto lì per tutto quel tempo. Moglie e figli? Non so dove fossero (ride, ndr).
Il suo modo di fare? Quando arrivava in campo, era l’ultimo perchè studiava le tattiche: noi eravamo in campo a fare i torelli, lui arrivava, prendeva il pallone e lo calciava via. E a quel punto ci faceva correre per il campo per recuperarla. Nel 2021 è arrivato a Napoli e subito ha fatto così, quando sono arrivati i nuovi acquisti l’anno dopo gli dicemmo subito di questo dettaglio in allenamento. Poi dava indicazioni anche dieci volte, aggressivamente, fin quando non avremmo seguito le sue indicazioni. Capitava anche che si avvicinasse e passasse al contatto fisico per portarci lì dovevamo andare con i movimenti. Spalletti chiede tantissimo, nello spogliatoio ed in campo: può urlarti addosso a prescindere che tu sia Victor Osimhen o Mario Rui, devi fare ciò che ti chiede e ti spinge a dare il massimo. Noi sapevamo cosa volesse, fin quando non avessimo fatto ciò che ci chiedeva.
Il 4-1 contro il Liverpool per me fu la partita perfetta, il giorno dopo tornammo subito ad allenarci senza giorno di riposo. Nel gruppo ci davamo pacche sulle spalle e scambiavamo complimenti guardando le immagini della partita, lui arriva e tolse tutto da mezzo: iniziò a urlarci contro, dicendoci che avevamo fatto errori. In partita contro Liverpool e Juventus, quando segnavamo non esultava. Ricordo che mi tolsi la maglietta, dopo la partita mi strinse la mano e mi disse dopo un gol stai calmo, altrimenti prendi un cartellino. Mi disse che avrei ricevuto un diecimila euro di multa la volta successiva (ride, ndr).
Spalletti come un padre per me? Abbiamo parlato un paio di volte fuori dal terreno di gioco, è un grande ascoltatore. Anche il suo vice Domenichini, sebbene non parli inglesi. Spalletti è uno dei migliori allenatori d’Italia, per ciò che ha fatto con una squadra come il Napoli"
"Le votazioni dei paesi africani per il Pallone d’Oro (la Nigeria ha votato Messi primo, ndr)? Le ho viste ultimamente, ognuno può avere la propria opinione. Nessuno può diminuire ciò che ho fatto lo scorso anno, anche se fossi arrivato decimo o undicesimo. Ognuno può votare per chi vuole, conta l’opinione di chi mi supporta, dei miei tifosi, della mia famiglia. Sono arrivato ottavo e sono fiero di me stesso, mi motiva ciò che ho fatto.
Il premio di Giocatore africano dell'anno per il 2024? Ho sempre cercato i vincitori provenienti dalla Nigeria, per me sarebbe un premio enorme ed importantissimo. Ricordo quando lo vinsero Yaya Touré e Aubameyang, sarebbe bellissimo per me come è capitato a Salah e Mané"
"Un giocatore di talento straordinario, quando decide di giocare non penso ci sia un difensore capace di fermarlo. È fantastico, quando arrivò qui dalla Russia in Serie A mostrò subito il suo talento. Nello spogliatoio tutti lo amano, ci capiamo subito in campo e dove vogliamo la palla: mi ha fatto tanti assist, è un giocatore fantastico. Telepatia tra un ragazzo georgiano ed uno nigeriano? Quando è arrivato, si stava già allenando e lo vedevo fare certe cose: mi chiedevo chi fosse, faceva cose pazzesche con il pallone tra i piedi. Lo chiamai nello spogliatoio, gli chiesi da dove venisse perchè era la prima volta che lo vedevo. Sapevo che potesse fare certe cose, mi ci avvicinai per conoscerlo. Spesso parliamo in campo, mi dice di voler ricevere la palla in un certo modo. Sin dalla prestagione abbiamo fatto cose come Messi e Suarez, per noi è stato bellissimo fare una stagione così. Ricordo la prima partita, segnò ed io ero molto felice per lui. Contro il Verona ne facemmo cinque, e volle farmi un assist per segnare. Ci facemmo molti complimenti per come ci eravamo trovati in campo. Per me è stato facile trovare la giusta alchimia, la città è sempre stata molto affettuosa nei nostri confronti"
"Com’è la città di Napoli e l’atmosfera? La avverti sin da quando lasci l’hotel per andare allo stadio, non solo nel tunnel. Contro il Liverpool fu un inferno, dovette arrivare la polizia a calmare l’entusiasmo (ride, ndr). Quando arrivammo allo stadio, vedevamo bandiere, fumogeni sul percorso in mezzo ai palazzi, perchè lo stadio è al centro della città. Vedevamo tantissimi tifosi sostenerci, e per un calciatore questa è una spinta pazzesca per dare tutto in campo. E loro mica si fermano nel tifare, è incredibile. Spesso mi chiedo se possa essere simile altrove, e mi rispondo che non lo può essere.
C’è un grosso murales di Maradona fatto tanti fa, dove tutti vanno a fare le foto. Non ci sono mai stato però, vorrei ma i tifosi mi coprirebbero con il loro amore. Ho visto solo delle foto, mia figlia c’è stata tante volte così come la mia famiglia ed i miei amici, io non ancora.
Noi calciatori non possiamo camminare in centro città, quando andiamo al centro sportivo troviamo tifosi all’esterno a prescindere dal tempo, che sia freddo, caldo o pioggia. Non è normale (ride, ndr), a Napoli sono devoti al calcio: è una tradizione per loro, lo stemma per loro è qualcosa di fantastico. E quindi ogni calciatore viene amato. Quello che ho visto fare ai tifosi vicino casa mia, farci arrivare cose che non paghiamo, la pizza: per me è tutto non normale, quando provi a pagare ti dicono di no, ti ringraziano per ciò che hai fatto per loro. Già quando mancavano poche partite avevano iniziato a decorare tutta la città e avevano iniziato festeggiare. Uomini che portavano i loro nipotini a ringraziarti al centro sportivo, e sono scene che non ho vissuto solo io ma tutti i compagni di squadra: il Napoli non vinceva da oltre 30 anni.
Ricordo che ad un momento ricevemmo un lungo messaggio da Spalletti in più lingue: fu molto emozionante, parlava della società, della città. Non è nato a Napoli ma sapeva tutto di questa città, del club e delle sue tradizioni. Ci diceva cosa saremmo diventati nel momento in cui avremmo vinto lo scudetto, non saremmo mai stati dimenticati per sempre. Ci ha fatto venire la pelle d'oca, non avevo mai vinto un trofeo. Fu un punto di svolta. Da quel momento in poi affrontammo ogni gara dando il massimo per via di quelle parole di Spalletti. Contro la Juventus all'intervallo ci fece alzare tutti in piedi, ci guardò negli occhi e ci disse di aver allenato più di mille partite ma di non aver mai vinto un trofeo. Ci disse che non voleva essere ricordato come l'allenatore senza trofei così come noi giocatori non volevamo essere ricordati come quelli che non avevano vinto nulla. Ci disse che avevamo un'opportunità per cambiare la nostra vita, di scrivere il nostro nome nei libri di storia. Ci disse, vincete questa partita e quando torneremo all'aeroporto capirete quello che vi sto dicendo. Tornammo in campo, eravamo tuti pronti e focalizzati mentalmente: Raspadori uscì dalla panchina e segnò, in quel momento avevamo il settore ospiti molto piccolo a sostenerci, esultammo tutti perchè eravamo più vicini alla storia. Eravamo tutti pronti, al fischio finale Spalletti tornò negli spogliatoi, si docciò e non parlò con nessuno. Noi tornammo sul pullman, ci disse congratulazioni ma non fermatevi, c’è ancora da giocare sei partite. Dovevamo finire il nostro lavoro, ma tornammo a Napoli e trovammo circa 15mila tifosi all’aeroporto: la strada era chiusa, c’erano una marea di fumogeni, vedevi tifosi di ogni età con le sciarpe, tutti a gridare. Quando rivedo i video, mi rendo conto della stagione che abbiamo fatto. I tifosi napoletani sono così intensi nel loro rapporto con il calcio, che quando mi dico che ho vinto lo scudetto ho sempre una grande emozione. Potrei girare in città, e semplicemente ringraziare. Mancavano poche partite alla fine della stagione, i tifosi venivano al centro sportivo e stavamo con loro, tutta la città era felice e potevamo vedere le magliette appese ad ogni finestra in città. Non ho mai visto una cosa così passionale come ciò che ho visto a Napoli
“Quello che è stato detto è vero. Devo essere sincero, non avevo mai pensato di andarmene l'estate scorsa perché il Napoli voleva trattenermi. Ma quando arrivò l’offerta dell’Arabia Saudita, fu enorme: è stato difficile rifiutare. Ho parlato con il Napoli tre volte e ho deciso di restare. Parlai con l’allenatore che mi disse i suoi piani, decisi di pensarci sopra e di rimanere. Già alla fine dell’altra stagione parlai del mio futuro con la società, per trovare l’opzione migliore per la mia carriera. Non sai mai cosa ti riserva il futuro.
L’offerta ricevuta era folle, ogni volta che rifiutato incrementavano la proposta economica, ancora e ancora. Era davvero clamorosa, mi avrebbe cambiato la vita e loro non si fermavano più. Ma alla fine gli ho detto: no ragazzi, resto qui.
Se adesso voglio continuare a giocare in Europa? Ma certo. Ho avuto dei colloqui ad agosto, per me era una decisione enorme da prendere. Ho parlato col Napoli e abbiamo deciso insieme di rifiutare. Non volevo che la gente pensasse che volessi andarmene. E' stata una decisione positiva per la mia carriera. Per quanto a calcio si giochi anche per soldi, c'è anche tanto altro"
“Non ho una squadra preferita in Premier League, ma ho due magliette: quella del Chelsea e quella del Manchester United. Tanti amici miei sono tifosi del Chelsea, un po' di meno lo sono dello United. La Premier League è il campionato più apprezzato e seguito da ogni calciatore africano, è un campionato notevole"
“Didier è stato importantissimo per me, una volta mi chiamò per chiedermi che tipo di giocatore sarei voluto diventare. Risposi che giocavo il mio gioco, ma se mi fossi dedicato a me stesso sarei arrivato dove volevo. Vedevo i suoi video e mi chiedevo cosa potevo diventare nel caso avessi imparato a fare le cose che faceva. Il suo killer instinct in area di rigore era pazzesco, c’erano situazioni in cui era gigantesco. E guardo ancora adesso i suoi video, così come quelli di altri attaccanti storici. La scorsa stagione mi ha scritto su Instagram, diceva di ammirami. Andai a vedere se fosse il suo vero profilo, feci lo screen del suo messaggio (ride, ndr). Quando ti scrive il tuo idolo, è una cosa che ti dà tantissima motivazione”
“Non sarà facile, ma abbiamo il talento che ci vuole per fare bene. Mettere la maglia della nazionale è un privilegio, ci sono tantissimi giocatori che possono indossarla ed essere lì è un privilegio, lo ripeto. La Coppa d’Africa non è semplice, il calcio africano è diverso da quello europeo ma siamo pronti per fare bene a gennaio. Vogliamo mettercela tutta, vogliamo fare in modo che la nazionale della Nigeria sia rispettata. Per me sarà un grande momento, vorrò dare tutto così come i compagni di squadra”
“Quando ho parlato con Obi Mikel e Ighalo ho sempre imparato qualcosa, parlavo di tantissime cose che mi portavano motivazioni extra. C’è amore e rispetto oltre l’amicizia, per me è un privilegio parlare con loro. Quando Obi Mikel mi ha scritto non pensavo fosse lui, ne parlai con la mia famiglia perchè il suo nome è molto importante nel calcio nigeriano. E loro mi chiedevano cosa mi avesse detto (ride, ndr). Ogni sfida che ho attraversato mi ha lasciato qualcosa, non solo una partita buona o meno buona, ma anche ciò che mi è capitato nella vita di tutti i giorni ha avuto una influenza su di me. Prego molto, sto crescendo tanto perchè sono ancora giovane: il futuro è chiarissimo per me, devo continuare a muovermi verso l’alto per diventare un uomo migliore e per avere le migliori ispirazioni”
“Lo spero, la stagione è appena iniziata anche se non nel migliore dei modi. La squadra è molto concentrata, tranne me non ci sono stati molti infortuni ma spero di tornare presto per aiutare la squadra a vincere le partite ed altri trofei”
“Devo molto della mia carriera a chi mi ha supportato, a chi conosco e a chi non conosco, a chi vede le mie partite e chi mi difende. Devo ringraziare tutti per il supporto e per le motivazioni che mi danno. Significa tantissimo per me”