L'editoriale di Corbo: "30 marzo 2024: quel giorno si è fermato il calcio a Napoli!"

Rassegna Stampa  
Antonio CorboAntonio Corbo

L'editoriale di Antonio Corbo su Repubblica

Ultime notizie. Empoli-Napoli 1-0, il giorno dopo l'editoriale del giornalista Antonio Corbo sul quotidiano La Repubblica, dal titolo "Recuperare la dignità perduta con una seria programmazione".

30 marzo 2024, nella febbre del Sabato Santo piombarono a tutta velocità in aeroporto taxi e auto noleggiate. A bordo i giocatori sconfitti dall’Atalanta (0-3) nella partita dell’ennesima illusione, spareggio Champions fallito, le facce di circostanza di quelli che l’avevano ormai persa e con finta mestizia volavano verso festa e vacanza. Quel giorno il calcio si è fermato a Napoli.

Neanche un anno dallo scudetto: tradito da chi non l’aveva capito, i sentimenti di una festa di popolo inquinati da avido affarismo e veleni sommersi. Quel giorno è cominciata la strategia del rinvio, del parliamo d’altro, del sogno impossibile, i calcoli per rientrare in Champions, macché, il Napoli era fuggito ormai da se stesso, la dirigenza dalle sue responsabilità, la squadra dai suoi impegni. Non doveva però umiliarsi solo la squadra quando a testa bassa si è avvicinata ad una curva di Empoli per subìre insulti e minacce. Una scena surreale che ormai si replica spesso nel calcio, non solo con il Napoli. Le porte degli stadi sono sempre aperte anche alla villania e all’arroganza.

Se la società non ha saputo né voluto potenziare la formazione campione del 2024, se non ha ben sostituito l’allenatore del trionfo sparito nel mistero, non si sa ancora bene se “per amore di Napoli” come dice lui, se per vendicare presunti sgarbi del presidente, se per il timore di non ripetere l’impresa; ed ancora, se non è riuscita neanche a prendere Tudor che ora vince con la Lazio; ed ancora, se è riuscita con il capo scouting Micheli a proporre l’irrisorio Natan di ieri; se tutto questo è successo nel Napoli, qualcuno della società, da De Laurentiis a Chiavelli, all’astratto direttore Meluso doveva fare da schermo ai giocatori processati a scena aperta da chi non ha alcun diritto di scaricare su di loro la violenza verbale, l’ira di una sconfitta che è di tutti, non solo di chi oggi la teme, debole e vulnerabile, coinvolto in pur deplorevole fallimento collettivo.

Riprendere la vittoria non è facile, certo. La squadra è ridotta a gusci vuoti. La Champions è persa. Le idee confuse. I megastadi meritano progetti credibili, bancabili e in luoghi possibili. Ma recuperare la dignità di gruppo con una seria programmazione è un dovere. Non fosse altro, per il rispetto che si deve al club che porta nel calcio il nome di una metropoli europea.

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