ESCLUSIVA - Amauri: "Dal Santa Catarina al San Paolo con Edmundo, vi racconto la mia favola. Nazionale? Volevo il Brasile, ma Dunga mi illuse. Scudetto? Forse ci siamo, io tifo Napoli!"

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ESCLUSIVA - Amauri: Dal Santa Catarina al San Paolo con Edmundo, vi racconto la mia favola. Nazionale? Volevo il Brasile,  ma Dunga mi illuse. Scudetto? Forse ci siamo, io tifo Napoli!

'Uno su mille ce la fa, ma quanto è dura la salita'. Musica di Gianni Morandi, canta Amauri Carvalho de Oliveira. "Ho lavorato come muratore. Non mi vergogno a dirlo, perché questo mi consentiva di guadagnare i soldi per aiutare la mia famiglia. Ho lavorato anche in un supermercato, in una fabbrica di carbonella e nel settore metallurgico. Ho fatto di tutto e nel frattempo riuscivo a fare qualche provino e ad allenarmi". Dai campetti del Santa Catarina al San Paolo in coppia con Edmundo in pochi mesi, la sua è favola da raccontare. Amauri, illustre doppio ex di Napoli e Palermo, si confessa in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24.it:

Amauri, raccontaci come è iniziata la tua favola 

"Sono arrivato qui nel 2000 per disputare il torneo di Viareggio, giocavo col Santa Catarina all'epoca. A torneo concluso, quando la squadra stava per rientrare in Brasile, io e altri due ragazzi rimanemmo in Europa perché fummo scelti. Il mio ex procuratore mi aveva già scelto poiché apprezzò le mie potenzialità, ma andai tre al Bellinzona in Svizzera poiché ero extracomunitario non potevo essere tesserato. Sono stato tre mesi lì, da marzo a giugno, poi una volta rientrato in Italia sono andato direttamente al Napoli".

Ti aspettavi un tale exploit in Italia? 

"Era l'ultima opportunità della mia vita, lo dissi anche ai miei genitori prima di partire. Gli dissi che se fossi stato scelto, non sarei tornato più in Brasile: volevo giocare a calcio. Era il mio ultimo treno, fortunatamente è andato tutto bene. La mia storia è particolare, perché io non ho mai giocato in nessun settore giovanile. Giocavo con amici per divertimento, decisi di fare alcuni provini a 15-16 anni in quanto tutti parlavano bene di me ma puntualmente pagavo molto il fatto di non aver giocato in nessuna squadra Primavera. In Brasile è così: se non hai una persona importante alle spalle, difficilmente emergi. Un po' come funziona nel mondo intero, del resto. C'è bisogno di qualità, ma anche di fortuna e contatti. Nel frattempo facevo un sacco di lavori per mantenermi e per aiutare in casa. Finché un giorno un gruppo di procuratori mi videro giocare nei classici campetti e mi portarono a Santa Catarina. Sarei dovuto andare a 10 ore da casa mia, ma non esitai chiaramente. Fecero una serie di selezioni per capire i più importanti in assoluto e io rientrai tra questi, partendo per l'Italia. Sono stato quattro mesi lì, disputando 14 partite e segnando 8 goal". 

Il più bel ricordo di Napoli, invece? 

"Napoli? Tutto (ride, ndr). E' una città meravigliosa, tra le tante d'Italia è quella che mi ha conquistato. Ho molti amici qui, conservo un ricordo così bello che una o due volte all'anno ci ritorno".

Cosa ci racconti dell'esperienza calcistica? 

"Ricordo tutto come se fosse oggi, del resto è stata la mia prima squadra e il ricordo non può che essere indelebile. E' stato il primo club che mi ha dato una chance, ero totalmente sconosciuto nonché un oggetto misterioso. Ho avuto la possibilità di esordire e di fare il primo goal in Serie A. Ci allenavamo a Soccavo, il centro sportivo che ora è chiuso. Poi la mia storia è nota: sono stato lì per sette mesi, ma senza opportunità di giocare né con le giovanili né con la prima squadra. Non avevo un contratto, ma solo un posto per dormire e per allenarmi. Ho passato sette mesi sacrificati così, fino alla firma del mio contratto. Se ci fosse stato un altro brasiliano o chiunque altro al mio posto, non so se avesse sopportato tutto ciò".

Poi l'addio immediato 

"Sono stato solo un anno effettivamente, ma non c'era spazio. Quando si liberò un posto, arrivò Edmundo. E' successo tutto velocemente, ma è stata un'esperienza fantastica e quelle sei partite in cui giocai sono state intensissime. A fine anno, purtroppo, la squadra non si salvò. Andai in Brasile per le vacanze, poi il mio procuratore napoletano mi chiamò dicendo che non avrei più giocato nel Napoli ma che sarei andato in prestito al Piacenza".

C'è mai più stata un'opportunità per ritornare a Napoli negli anni successivi?   

"Concreta no. Ci sono state voci, ma nulla di concreto. Non ho ricevuto nessuna chiamata". 

In Campania, intanto, hai trovato l'entusiasmo ma anche l'amore... 

"Sì, è vero, però già la conoscevo. Lei è brasiliana".

Nazionale, raccontaci come arrivò la decisione per l'Italia 

"Sono sincero: ho sempre sperato nella chiamata del Brasile, ma l'ho fatto fino a un certo punto che è stato il 2008. Nella stagione 2005-2006  c'è stata la mia esplosione col Chievo, scrivemmo la storia del club giocando i preliminari di Champions League e io fui il primo calciatore della storia della società ad aver fatto goal in una competizione europea. Dopo quella fantastica cavalcata, andai al Palermo e feci meglio ancora. Facemmo un grandissimo campionato, a un certo punto eravamo anche in testa alla classifica con l'Inter. Era un momento spettacolare per me, in Brasile i media parlavano tanto del perché non venissi convocato. Soprattutto quando poi passai alla Juventus. A novembre del 2008 ho ricevuto una chiamata dal Brasile, mi dissero che quella sarebbe stata la chance della chiamata ma ormai era da tempo che si diceva senza che poi succedesse niente. Da una parte c'era il Brasile che non mi chiamava, dall'altra l'Italia che voleva farlo ma che non poteva per questioni burocratiche. A Novembre del 2008 dissi alla mia famiglia: "Se non mi chiameranno ora, non andrò più". E così fu. Dopo parlai personalmente con Marcello Lippi, c.t. della Nazionala italiana in quel periodo, mi manifestò il suo interesse. A gennaio ci fu l'amichevole tra Brasile e Italia e Dunga mi convocò, ma lo fece solo perché Luis Fabiano si infortunò! Fu chiamato, andò lì, e poi tornò indietro. Quindi sarei stato una ruota di scorta e non mi piacque l'idea. Rifiutai, ma non volli metterci la faccia. Oggi ho 36 anni e posso dirlo tranquillamente: dissi alla società che non volevo far passare il tutto come un rifiuto, i dirigenti mi dissero che si sarebbero assunti loro la responsabilità e ufficialmente si disse che il club non mi liberò perché la chiamata arrivò troppo tardi... Quando finalmente potevo prendere il passaporto tramite mia moglie, cambiò una legge! Dovevo avere il passaporto a novembre, invece arrivò solo a marzo. Non ci fu tempo per la Coppa del Mondo del 2010, non avevo disputato nemmeno una partita e non c'era tempo per rientrare nella lista della Coppa del Mondo del 2010. Se non fosse successo tutto ciò, sarei stato convocato. Poi il 2009 non fu un anno felicissimo per me, quindi anche ciò condizionò. Nella mia carriera è mancata solo la Nazionale, ma quest'incidente di percorso non mi ha mai condizionato psicologicamente". 

Avresti potuto fare di più alla Juventus? 

"Nella vita possiamo sempre fare di più. Il primo anno è stato spettacolare, giocai bene e segnai. Ma finimmo al secondo posto poiché c'era l'Inter di Mourinho che era fortissima. La stagione 2009/10 fu invece molto difficile, non giocai molto. Iniziai anche bene l'annata, ma dopo poi ho avuto una serie di infortuni che mi hanno condizionato. Forzai anche un po' la mano per la troppa volta di rientrare e ciò non mi aiutò, alle volte giocavo con dolore. Potessi tornare indietro, non lo farei. Serviva un po' di pazienza in più. Dopo mi chiamò Ghirardi, mi chiese una mano per salvare il Parma e decisi di andare lì. Lasciare la Juventus per andare al Parma che lottava per la salvezza non fu semplice, ma dissi a me stesso: "Così non resto". Pertanto, optai per giocarmi le mie carte lì. Andò bene, feci 7 gol in 10 partite. Quando mi infortunai di nuovo, la squadra era già salva. Anche in quell'occasione sarei stato convocato dalla Nazionale, ma proprio l'infortunio mi limitò. Dopo il prestito tornai alla Juventus ma non fui accolto benissimo, fino a finire fuori rosa per diversi mesi. Dopo iniziò l'esperienza a Firenze. Alla Juventus sono stato quattro anni, ma effettivamente ho giocato due". 

Un tuffo a Palermo: la tua opinione sul caos Zamparini 

"Non sto seguendo tantissimo, ma mi sembra di rivivere quell'anno in cui c'era Colantuono, poi venne Guidolin e dopo tornò di nuovo Colantuono. Personalmente però posso solo parlare bene di Zamparini, è una persona molto intelligente. Ho avuto l'opportunità di conoscerlo e di parlare con lui a quattro occhi. Alle volte ha esternazioni forti, ma fa parte del suo carattere. Tutti sanno che chi va a Palermo, rischia di andar via poco dopo. Se è giusto o non, non posso dirlo. Chi sono io per farlo? Quel che so è che chiunque va lì, sa bene a cosa va incontro (ride, ndr). Lo ringrazierò sempre per l'opportunità che mi ha dato". 

Ora cosa farai? 

"Aspetto una chiamata, voglio giocare..."

Ultimissima: scudetto, a chi andrà? 

"Io a Napoli ho imparato a essere scaramantico (ride, ndr). Allora, dico solo che... io tifo per il Napoli! Speriamo che sia il momento giusto, forse ci siamo...".   

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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