Si ricomincia, striscione 'Napoli colera' all'Olimpico. La Rai fa finta di non vedere, siamo alle solite

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Si ricomincia, striscione 'Napoli colera' all'Olimpico. La Rai fa finta di non vedere, siamo alle solite

Anno nuova, vergogna vecchia. Sono passati quasi 40 anni dall'epidemia di colera a Napoli e ancora negli stadi si leggono striscioni vergognosi. Tutto consumato in diretta tv in mondo visione, con i telecronisti Rai che condannano i buu razzisti della curva della Lazio e non fanno alcun accenno a questa ennesima manifestazione a sfondo razzista verso il popolo partenopeo. Tv di servizio pubblico, non regionale, ma nazionale. Siamo alle solite, nulla è cambiato, nemmeno il giudice sportivo: Gianpaolo Tosel. L'ignoranza si lotta con la cultura, pubblichiamo per l'ennesima volta una testimonianza storica dell'epidemia  dal blog Vanto di Angelo Forgione con la speranza che arrivi a soliti imbecilli.

"Ma quanta ignoranza! Sono passati quasi 40 anni dall'epidemia di colera a Napoli e ancora negli stadi si leggono certe idiozie, che non sono tali perchè applicate al calcio ma perchè dipingono una verità manipolata ancora oggi in molti scritti contemporanei che non raccontano la verità. Il colera del 1973 non fu dovuto alle pure difficili condizioni igieniche di quella Napoli ma a delle cozze importare dalla Tunisia, ove c'era la pandemia proveniente dalla Turchia via Senegal, che portarono il vibrione anche a Palermo, Bari, Cagliari e Barcellona. La città che uscì più velocemente dall'emergenza, in poco più di un mese, fu Napoli grazie ad una imponente profilassi e ad una grande compostezza dei napoletani. Le altre città convissero con la malattia per mesi, e addirittura Barcellona se ne liberò dopo quasi due anni. Non mi sembra che negli stadi si legga e si senta "Cagliari colera", "Bari colera" o "Palermo colera, e neanche "Barcelona colera" in Spagna. Furono i media dell'epoca a deformare la realtà consegnandola al pregiudizio italiano, realizzando servizi dai contenuti denigratori e titoloni a sensazione che ruppero le ossa all'immagine della città. Solo quando tutto finì e non c'era più niente da raccontare fu reso noto che il vibrione era nelle cozze tunisine. Troppo tardi, da allora, negli stadi d'Italia, il Napoli di Vinicio veniva accolto al grido di "colera", e la vergogna continua ancora oggi. È chiaro che una città come Milano e in generale tutte quelle di un Nord non bagnato dal mare siano state decisamente meno esposte ad un pericolo del genere, ma l'ignoranza è ancora più profonda se consideriamo che nell'Ottocento diverse pandemie di colera colpirono violentemente Genova, Torino, Verona, Treviso, Venezia, Trieste, Parma, Modena, Como, Bergamo, Brescia e proprio Milano che contò migliaia di decessi. E mentre a Napoli il colera del 1973 fu causato da una causa esterna, nelle città del nord di un secolo prima fu cagionato dalle cattive condizioni igieniche delle città che si espandevano verso la campagna insalubre. Cosa facciamo, le chiamiamo tutte colerose o ci teniamo la sola becera discriminazione per Napoli? Oppure ci documentiamo sull'invasione di topi ai Navigli, Brera e Sempione? Che malcostume, e che ignoranza!

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