Ultime notizie Napoli - Venti giorni fa Walter Mazzarri non sapeva ancora che si sarebbe seduto, di nuovo, sulla panchina del Napoli. Con un tricolore sul petto, un gruppo da riattivare, una Champions League da giocare al Bernabeu. Ed in queste due settimane scarse cos’è successo?
Il linguaggio del corpo dei calciatori dice tanto, tantissimo. Il bacio a Kvaratskhelia, l’abbraccio di Anguissa, le chiacchierate con Osimhen. Non sono certo i gesti di stizza alle sostituzioni dell’era Garcia, piuttosto dei segnali di una tranquillità del gruppo rientrato nei binari più o meno giusti, lo dirà il tempo. Ma la squadra necessitava evidentemente di un allenatore che facilitasse il ritorno su spartiti più consoni a dei calciatori che hanno arato Italia ed Europa per una stagione intera. È piaciuto molto, volendo indicare un singolo, l’aver ‘liberato’ Kvaratskhelia dalla fascia sinistra, dandogli libertà di accentrarsi: peccato per l’infortunio di Olivera, che gli riempiva la fascia.
Bisogna affinare sicuramente le dinamiche di gioco, ritrovare al meglio gli equilibri. Però sono cose che arrivano col tempo, con gli allenamenti difficili da posizionare in mezzo alle partite ogni tre giorni. Ad esempio la fase difensiva, le giuste distanze, la reattività nel riconoscere il pericolo e prevenirlo, le posizioni in marcatura sui calci piazzati. Approfittare dei punti forti e sfruttarli a proprio favore. Ritrovare efficienza fisica, evitando cali che permettano poi all’avversario di avere l’inerzia del match, di schiacciarsi in area di rigore.
Molte di queste cose, però, sono automatismi che diventeranno più naturali solo con il tempo: Mazzarri è arrivato da nemmeno venti giorni, e non ha avuto mezza squadra causa nazionali. Il fatto è che nelle prossime due settimane ci sono Inter, Juventus e Braga, un trittico che potrà indirizzare meglio la stagione. Serve fare di necessità virtù, ma Mazzarri - l’ha detto lui - è ‘nato per soffrire’.