7 squadre di A senza sponsor, la crisi del calcio italiano

Zoom fonte : wired.it
7 squadre di A senza sponsor, la crisi del calcio italiano

La Nazionale fuori dal Mondiale ai gironi per la seconda volta consecutiva. I club senza Coppe da quattro anni. Stadi vecchi e mezzo vuoti. La crisi del calcio italiano non è un caso, né un semplice ciclo destinato a chiudersi presto. La verità è che mancano le idee, le capacità imprenditoriali e i soldi. L’ultima dimostrazione arriva dagli sponsor: le magliette di sette squadre su 20 della serie A ne sono prive, un record senza eguali tra i cinque top campionati d’Europa (Premier League, Bundesliga, Ligue 1 e Liga spagnola).

Roma, Lazio, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Palermo e Cesena avranno divise bellissime, intonse, come quella del Barcellona fino a qualche anno fa. Con la differenza che i catalani, per oltre un secolo, ne hanno fatto un vanto, rifiutando offerte milionarie prima di cedere alla corte del Qatar, mentre in Italia le offerte non ci sono, o sono inferiori alle pretese economiche dei club.

È il caso della Roma, che ha messo l’asticella a 15 milioni e ha rifiutato la proposta tra i 4 e i 5 di una compagnia aerea internazionale. Più o meno la stessa cifra che la Fiorentina ha perso da Mazda, che nel frattempo ha rinnovato fino al 2016 l’accordo con la squadra di calcio australiano (una sorta di mix tra calcio e rugby) dei Kangaroos di Melbourne.

Una fuga che ha i suoi validi motivi nel calo d’appeal della serie A. Mentre i club incominciano a parlare di valorizzazione del brand (la prima a muoversi in tal senso è stata la Juventus con lo stadio di proprietà, ma anche il Genoa di Preziosi, da gennaio, ha creato una Newco destinata a sviluppare questo settore), la serie A non tira più, e basta vedere il valore dei suoi diritti tv sul mercato estero: 117 milioni di euro per l’ultima stagione giocata contro i 908 della Premier League. Perché mai una grossa multinazionale dovrebbe mettere il suo marchio sulla maglia di una squadra che all’estero si vede poco e nulla e puntare su un campionato che rischia seriamente di avere soltanto due rappresentanti nei gironi della prossima Champions League?

Il flop del calcio italiano è reso evidente anche dai dati sul merchandising. Pure in questo caso la serie A occupa tristemente l’ultimo posto con 1,18 milioni di maglie vendute contro una media continentale di 2,6. Un dato molto inferiore ai 5,14 milioni della Premier, ai 3,10 della Liga, ai 2,32 della Bundesliga e addirittura agli 1,22 della Ligue 1. Così, mentre all’estero esistono club in grado di recuperare dal merchandising buona parte delle cifre sborsate per i cartellini dei giocatori (clamoroso il caso di James Rodriguez, acquistato dal Real Madrid per 80 milioni e capace, secondo alcune fonti, di fruttarne 15 nel giro di poche settimane solo con la vendita della sua maglia numero 10), le squadre italiane soffrono due volte. La scarsa appetibilità del merchandising, infatti, fa inevitabilmente calare le cifre delle sponsorizzazioni tecniche.

Prendete Adidas, per esempio, che si è assicurata le strisce bianconere della Juventus per sei anni a 23,25 milioni a stagione, salvo poi andarsi a prendere il Manchester United con un decennale da 94 milioni annui. Una sproporzione enorme e un’offerta che è destinata a far lievitare le cifre dei prossimi contratti di top club come Barcellona e Real Madrid (rispettivamente con Nike e Adidas fino al 2018 e al 2020 per 33 e 38 milioni).

Così non c’è da stupirsi se l’Italia continua a perdere colpi e la concorrenza si rafforza anche sul mercato dei trasferimenti. Il Barcellona ha sborsato 84 milioni per Luis Suarez, il Real Madrid oltre 100 per assicurarsi James Rodriguez e Toni Kroos, poco più di quanto investito dal Chelsea per Filipe Luis, Diego Costa e Cesc Fabregas. L’Arsenal ne ha messi 40 per Alexis Sanchez e il Manchester United, dopo averne spesi 75 per Angel Di Maria, non dovrebbe farsi spaventare dai 40 circa che servono per portar via alla Juve Arturo Vidal. Sarebbe un altro top player che lascia il nostro campionato, poco dopo gli addii di Mario Balotelli (direzione Liverpool) e Mehdi Benatia (accasatosi al Bayern Monaco).

Dati estremamente negativi per un campionato che vede in Juan Manuel Iturbe (24 milioni per passare dal Verona alla Roma) la stella del mercato estivo. E continuando così le cose non possono che peggiorare. Senza sponsor non ci sono soldi, senza soldi non arrivano i campioni, senza campioni non si producono spettacolo e vittorie, e l’appeal del campionato continua a scemare. Un circolo vizioso che sembra impossibile da spezzare.

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