Carlo Alvino ha voluto rispondere sui social ad un tifoso del Bologna che ieri ha urlato a Sam Beukema: "A Napoli no, non hanno la lasagna":
"Questa volta si supera il limite oltre l’immaginario. Ad un ragazzotto di nazionalità nederlandese, che corre dietro ad un pallone, in fredde e nebbiose langhe padane, che anelando giustamente a raggi caldi di sole che tagliano la brezza marina che dolcemente diradano sulla collina di Posillipo, gli viene gridato che comunque sia non avrà la “lasagna” corredato da un auspicio che il Vesuvio possa fare il tanto agognato dovere. No proprio non ci sto e sobbalzo dalla sedia in preda a sudori freddi. La grandezza di Napoli, unica con Parigi, che dunque si distingue nei suoi eccessi, in bilico fra l’assoluta essenzialità e la sontuosità dei suoi pasticci, non ultimo “la lasagna napoletana”, badate la distinzione fra la “lasagna” generica e “lasagna napoletana” assai più sintomatica. Bene essendo stati tirati per la giacca impropriamente, ed anche in modo assai violento, è doveroso scendere nei dettagli a ribadire gerarchie e distanza sociale.
La nostra “lasagna” ha bisogno di uno spazio per liberare le sue energie nella creazione di un piatto esagerato, capace di far dimenticare la fame e di essere così abbondante da dover dire basta. L’amidosita della pasta di Gragnano che si alterna alla sensazione acida del pomodoro di San Marzano fattosi ragù, della ricotta e della mozzarella a fare da cuscino alle polpettine, far entrare tutto quello che uno avrebbe voluto mangiare in tutto l’anno, dalla carne al salame, dall’uovo ai piselli persino dei funghi, dunque l’abbuffata, il “pasticcio”, la pernacchia alla fame, il sentire di avere tutto a disposizione. È in più l’infinita praticità Napoletana di poterla preparare il giorno prima, di conservarla e portarla nei “ruoti” dovunque si voglia o si è invitato. Detto ciò va bene tutto, sì inneggiare al Vesuvio sì a tutto, ma offendere, vilipendere, mentire spudoratamente, dissacrare “a lasagna napulitana” no questo proprio no perché a tutto c’è un limite!"