Luque, il medico di Maradona: "Non ho ucciso Diego e non c'è stata agonia: l'ho amato e adesso vorrebbero far vedere una verità che non esiste"

Rassegna Stampa  
Luque, il medico di Maradona: Non ho ucciso Diego e non c'è stata agonia: l'ho amato e adesso vorrebbero far vedere una verità che non esiste

Il dottor Luque sulla morte di Maradona

Ultime Napoli - Le lacrime, probabilmente, rientrano in una strategia difensiva. Leopoldo Luque, neurochirurgo di Buenos Aires accusato di omicidio con dolo eventuale per la morte di Diego Armando Maradona, è andato in tv il giorno dopo aver saputo che i magistrati di San Isidro hanno modificato il capo di accusa nei suoi confronti e degli altri sei professionisti, tra medici e infermieri, che avrebbero dovuto assistere il Pibe.

Luque è apparso nel programma Vino para Vos (Venuto per voi) condotto da Tomas Dente su Kzo, come ha riportato Il Mattino: «Adesso non c'è più pace, né per Maradona né per me», ha detto con tono commosso. La situazione è stata, comunque, sotto controllo fino alla pandemia. «Perché allora il quadro è peggiorato sul piano psicologico e della dipendenza dall'alcol». Luque, che pur essendo il medico di riferimento di Maradona si era distaccato dal Campione, aveva iniziato a preoccuparsi il 30 ottobre, giorno del suo sessantesimo compleanno. Una tomografia e la scoperta di un edema al cervello. Necessaria l'operazione d'urgenza ma l'avvocato Stinfale, a nome della famiglia Maradona, disse a Luque che non avrebbe dovuto intervenire lui. «Tuttavia andai in sala operatoria, come Diego desiderava». E, dopo quell'intervento, Maradona peggiorò: «La dottoressa Cosachov (psichiatra indagata, ndr) fece il contratto con la società Swiss Medical per il supporto a Maradona in quell'appartamento. Nell'autopsia si dice che Diego è stato per molte ore in agonia: conclusione errata, un paziente in agonia non sta in posizione orizzontale e Diego sembrava che dormisse». Luque non si trovava nell'appartamento del Barrio San Andres, a Tigre, quel 25 novembre. «Ero in sala operatoria quando arrivò la chiamata di Maxi Pomargo (assistente di Maradona, ndr). Mi disse che Diego era in arresto cardiaco, pensavo stesse scherzando ma su queste cose non si scherza. Mi fa male leggere che saremmo stati noi ad arrecare danni a Maradona perché non è così. Non è possibile per alcun motivo arrivare a congetture come quelle espresse dalla commissione. Diego è stato un uomo importante, con i suoi problemi, e io l'ho aiutato mentre molti gli avevano voltato le spalle. Sono orgoglioso di quello che ho fatto per Diego. L'ho rispettato, l'ho amato e adesso vorrebbero far vedere una verità che non esiste».

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