C'era una volta... Juve-Napoli. C'era, e c'è ancora una pandemia. Ma qualcuno forse l'ha dimenticato. E secondo i professoroni che governano il mondo del calcio, la legge non vale per tutti. Quest'oggi, con una fiaba, che si sa, iniziano con C'era una volta, voglio raccontarvi le follie di queste ore.
C'era una volta... un ragazzo di nome Alex. Nome di fantasia, ovviamente. E' giovanissimo, vive a Napoli e ha avuto contatti con compagni di lavoro positivi al Covid-19.
Preoccupato del suo stato di salute, e delle persone che gli stanno attorno, si dirige all'ospedale Cotugno, all'ambulatorio dove si va per autodenunciarsi in caso di contatti con pazienti positivi al Coronavirus. Si presenta come un ragazzo come tanti, occhiali e cappellino per nascondere il viso. Una volta al desk, il ragazzo denuncia i contatti con pazienti positivi (dichiara tre compagni di lavoro e svariati conoscenti con cui ha avuto contatto sempre sul posto di lavoro: sì, i nomi li conoscete): "Sì, tre lavorano con me. E 14-15-16, non so più quanti sono. Che ho incontrato per qualche ora, sempre per lavoro".
A questo punto, arriva la notizia che mai vorresti sentirti dire: "Ma lo sai che la prassi vuole che tu stia in isolamento per 14 giorni a casa?", e Alex sorpreso chiede: "Anche in caso di esito negativo?", e la dottoressa ribatte: "Certo, anche se il tuo tampone dovesse risultare negativo. Perché c'è un periodo di incubazione per il virus, sia nelle persone con cui hai avuto contatti sia nel tuo corpo. E potrebbe manifestarsi nei prossimi giorni: faresti del 'male' alle persone a te care e non, che hai attorno. E allora la prassi vuole che tu ora te ne torni a casa, buono buono e aspettiamo 14 giorni. Perché magari il tuo tampone oggi è negativo, ma fra qualche giorno potrebbe manifestarsi. Anche se sei asintomatico".
E allora è in quel momento che compare l'oggetto magico classico delle fiabe, che trasforma la dottoressa da strega cattiva ad aiutante del giovane Alex: dalla tasca, si materializzano carta d'identità e tesserino di lavoro. "Ah, ma tu giochi nella SSC Napoli! Sei un calciatore della Serie A! E allora niente isolamento per contatti con positivi, nessun problema! Se sei risultato negativo al tampone di ieri mattina (sabato), certo che stasera puoi andare a Torino e infettare, ehm, scusa... Giocare contro la Juventus!". E il ragazzo preoccupato: "Anche se i miei due compagni li ho visti e ci ho lavorato fino a 24-48 ore fa?".
Mi dispiace, cara Lega Serie A. Ma l'onnipotenza di questo mondo che sappiamo bene quanti milioni sposta, deve avere una fine. E questa fiaba, dall'oggetto magico in poi, vorremmo tanto non esistesse mai. Non solo per il Napoli, in questo caso specifico. Chiariamoci, i rapporti De Laurentiis-De Luca e qualsiasi altro retropensiero, in questo momento non ci interessano: quel che conta, è che la presa di posizione di un'autorità locale sia finalizzata (provando ancora a credere nella bontà di certe istituzioni) a imporsi contro scelte scellerate. Non saranno tre punti in un campionato a fare la differenza, ma nel caso del protocollo del campionato, le scelte di oggi e che si continueranno a fare, potrebbero essere pagate a caro prezzo.
Fa ridere poi che si citi la trasferta di Genoa a Napoli, fra le gare consentite dal protocollo della stessa Lega Serie A, avendo il Genoa al momento della partenza, solo due positivi e isolati. Uh, e gli altri 15 che il Genoa ha scoperto fra lunedì e venerdì che erano al San Paolo domenica, in campo e fuori? E se il Napoli (non ce lo auguriamo di certo!) ne avesse scoperti due fino ad oggi, ma nelle prossime ore ricapitasse il caso Genoa per gli azzurri? Ah, beh: verrebbe il turno della Juventus, quella che in questa fiaba si diverte a twittare come se vivesse in una bolla. Si innescherebbe un circolo senza fine, in special modo quando si giocherà ogni tre-quattro giorni.
C'era una volta... Una pandemia verrebbe da dire. E' il titolo di un'altra fiaba secondo la Lega Serie A e tutto il calcio. Una pandemia, di cui i comuni mortali vengono bombardati di notizie, ansie e preoccupazioni a tutte le ore, ogni giorno. In ogni frangente della vita quotidiana. La stessa pandemia che ha fermato tutti, anche i calciatori di Serie A, per tre mesi nelle loro abitazioni. Adesso però c'è la crisi nel calcio italiano e non può fermarsi questa macchina, nonostante in Campania ad esempio vi siano più casi al giorno adesso che a febbraio e marzo. Nonostante la pandemia sia ampiamente ritornata, e lo dicono i numeri, in tutti i Paesi. E smettiamola: non è un tampone ogni 4 giorni ad assicurarci che il calcio può andare avanti. Che poi, ma voi e il nostro bel Ministro dello Sport, non siete gli stessi che stavate valutando solo pochi giorni fa di diminuire ancora il numero di tamponi solo al giorno precedente le partite?
C'era una volta... La salute prima di tutto.
di Manuel Guardasole
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