Reoubblica - Un alibi o un fattore: il totem del fatturato alla borsa scudetto

Rassegna Stampa fonte : La Repubblica
Reoubblica - Un alibi o un fattore: il totem del fatturato alla borsa scudetto

Le vite mica tanto parallele dei signori dello scudetto (il settimo da rivincere oppure il primo da riprendersi) cominciano da quel totem che si chiama fatturato,

Le vite mica tanto parallele dei signori dello scudetto (il settimo da rivincere oppure il primo da riprendersi) cominciano da quel totem che si chiama fatturato, anche se il campo spesso se ne frega dei numeri in colonna. Tra Juve e Napoli, il mitico fatturato è creatura molto spesso evocata da Sarri, incurante del fatto che i perdenti parlano quasi sempre di soldi. E allora leviamoci il pensiero: la Juve vince 562 a 308, perché si è sempre il Real Madrid di qualcun altro ( cfr. Luciano De Crescenzo, libera interpretazione).
Il vortice dei numeri produce effetti diretti e collaterali che portano a pensare che Juventus e Napoli vivano su altre galassie. I bianconeri pagano più del doppio di stipendi (253 milioni a 101) e incassano nove volte di più dalle entrate commerciali: 27 milioni a 3. In questo, la Juve non è più un club italiano: ha uno stadio tutto suo ( porta 57 milioni all’anno tra biglietti e abbonamenti, contro i 16 del San Paolo), scatola magica piena di supermercati, negozi, bar, ristoranti, museo, una sorta di Juveland aperta tutti i giorni, tutto l’anno. La vocazione commerciale dei bianconeri riempie Torino di manifesti pubblicitari, tra Mondojuve e JMedical, dove si può andare a curarsi sentendosi Dybala: difatti sulle réclame c’è gente comune con addosso la maglia bianconera.
E sarà anche vero che i bilanci non portano automaticamente scudetti, però la Juve incassa 232 milioni di diritti tv e il Napoli 142. Ci sono cifre quasi doppie, tra i due universi lontani: 74 milioni dagli sponsor per i bianconeri, 28 per gli azzurri. eppure in classifica mica ci sono il doppio dei punti tra le due: Sarri può sentirsi meno sfortunato o forse persino più bravo. I parametri zero su cui il Napoli conta di creare un po’ di futuro ( Younes, Machach e Ciciretti i più recenti) fanno il paio con l’autofinanziamento che il mercato potrebbe garantire dalle possibili cessioni di Mertens all’Arsenal (clausola da 28 milioni) e Jorginho al Manchester United ( 55). Certo, legare il destino più che altro alle cessioni non è da grande club, anche se le plusvalenze sono il sale della vita molto più dell’ottimismo: il passaggio di Higuain proprio alla Juventus ha garantito 90 milioni al Napoli, sempre meno dei 151 arrivati a Torino per Pogba, Coman e Morata.
Se la Juve è riuscita in un decennio a creare un proprio modello di business, passando dalla serie B a due finali di Champions in tre anni ( portano un centinaio di milioni secchi ogni volta), il Napoli ha appena creato la prima Academy nel sud della Cina, a Guilin, dov’è prevista l’apertura di un ufficio commerciale permanente. Da una settimana il sito ufficiale del club ha pure una sezione in lingua araba. E De Laurentiis vuole investire tra i 120 e i 150 milioni in strutture nei prossimi cinque anni: già iniziati i lavori a Castel Volturno (due piscine, palestra e tre campi), mentre la nuova sede del settore giovanile dovrebbe essere realizzata in provincia, a Marano. La nota stonata continua a essere il San Paolo, che il Comune venderebbe per una cinquantina di milioni anche se il Napoli preferirebbe costruirsene uno nuovo, probabilmente a nord della città. Un po’ come ha fatto la grande nemica che gravita in un’altra galassia ma che può essere battuta su questa terra, con ottimi giocatori normali fatti di carne e sangue, non solo di banconote.

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