Lorenzo Insigne intervistato ai colleghi di Rivista Undici. Arrivano le parole del capitano del Napoli riguardo il suo passato, presente e futuro con tanti retroscena svelati.
Sono queste alcune delle parole dell'intervista di Insigne sul Napoli:
«Vuoi sapere che cosa Napoli non ha capito di me? Ho un carattere particolare. So scherzare con tutti, ma all’inizio tengo le distanze. Per alcuni tifosi è superbia, sembra che me la voglia tirare. È solo un atteggiamento di difesa. Qualcuno non mi ha mai compreso al 100 per cento. Chi mi conosce davvero, sa come sono fatto.
Credo che il problema appartenga a ogni città del sud. Napoli, se non la vivi, non la conosci. Io sono nato qua, potrei non fare testo, ma sento parlar bene di Napoli da tutti i miei compagni dentro lo spogliatoio, quelli che hanno girato tanto il mondo, quelli che sono venuti con le famiglie. Io non potrei dire cose sensate su Torino, se non ho mai vissuto là. Credo debba valere lo stesso per Napoli, che soffre di molti pregiudizi, resta spesso schiacciata da un certo odio che esiste tra i tifosi. Ci rimango male quando dal campo sento quei cori contro la mia terra, spero che un giorno le cose possano cambiare».
«Zeman è stato decisivo, il primo a credere in me. Lui e il d.s. Pavone sono stati i primi a vedere qualcosa in un ragazzino. Mi chiedeva di non rientrare mai oltre la linea del centrocampo. Non difendevo. Ero sempre fresco.
Benitez mi ha completato. Avevo sempre pensato che per me il calcio fosse solo attaccare».
Sarri: «Il calcio con lui è gioia. Mi sono divertito tanto in tre anni, ci è solo rimasta la delusione di non aver vinto lo scudetto».
Ancelotti: «È tornato ai metodi di Benítez. Non è vero che non ci siamo presi. Avevamo idee diverse, questo sì. Su cose di campo».
Gattuso: «Gli devo tanto. Dopo gli anni di Ancelotti così così, è stato bravo a farmi tornare sui miei passi e a rimotivarmi».
Ora Spalletti: «Una personalità forte. Ci ha restituito consapevolezza nella nostra forza».
Del Lorenzo bambino mi rimarranno le paure. Gli occhi dei gatti, per esempio. Sono il mio terrore. Mi inquietano. Ma all’età non penso. Quando mi accorgerò di non star bene fisicamente, lascerò perdere. Vedendo Ibra a quarant’anni, viene la voglia. Per l’addio di Totti ho pianto. So che quando toccherà a me, starò male. Non voglio pensarci. Mi viene l’ansia. Viene anche a mia moglie pensando di avermi tutti i giorni a casa».
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