Maradona day, l'editoriale di Corbo: "Profeta ribelle, che ha fatto sognare e vincere chi non aveva vinto mai! Lo ricordano e amano solo Buenos Aires e Napoli, e Fidel morto nello stesso giorno"

Maradona Day  
Maradona day, l'editoriale di Corbo: Profeta ribelle, che ha fatto sognare e vincere chi non aveva vinto mai! Lo ricordano e amano solo Buenos Aires e Napoli, e Fidel morto nello stesso giorno

Maradona Day - Vi proponiamo come di consueto l'editoriale per Repubblica di Antonio Corbo, interamente dedicato a Diego Armando Maradona:

"I fari dello stadio su una scena vuota. I ricordi sono preghiere. Il Napoli entra stasera per giocare la partita di Europa League con il Rijeka in un silenzio che parla solo di lui. Un campione, un figlio, un fratello, un genio, un eroe plebeo, un benefattore, uno scugnizzo sciagurato, coraggioso ed infelice? Chi è stato Diego per questa città? Gli sarà dedicato subito o quando lo stadio dei suoi trionfi, quelli che hanno dato rari squarci di felicità ad una città coraggiosa ed infelice come lui?

Sessant’anni e 25 giorni. Se n’è andato nell’ultimo soffio di vita dell’ultima vita che gli era rimasta. Quella di un uomo aggrappato alla nostalgia del calcio, di un campo, di se stesso. Simulava il mestiere di allenatore con una squadretta di periferia. Delle sessanta candele di una festa mai vissuta ha spento la sua, una debole fiamma nel vento dei suoi tormenti, delle malattie accumulate, di un’esistenza chiusa tanto tempo prima di morire. Lo ricordano Buenos Aires e Napoli, non ha amato altre città, e nessun altra ha amato lui. Forse Cuba, dove riparò con i suoi 143 chili di malinconia e sofferenza dopo le ultime disgrazie: l’arresto- show del 1992 con la polizia argentina che lo scosse nel sonno puntando pistole e telecamere, l’espulsione dai mondiali Usa ‘ 94 perché era a 34 anni tornato protagonista e non poteva esserlo in un’America puritana un testimonial della cocaina, solo poco dopo vi fu il primo penoso ricovero d’urgenza quando un’ambulanza scaricò in una clinica di Buenois Aires come un sacco gonfio e vuoto il ricordo di un mito, che proprio l’Argentina di Menem aveva cominciato a svilire in una campagna anti- droga. Cuba lo accolse, Fidel Castro lo aiutò a guarire. Che strano, ieri 25 novembre, è morto nello stesso giorno il Generale all’Avana, anno 2016. Uno che come Diego era già il ricordo di se stesso. E Diego pianse per lui.

Napoli non lo ha mai dimenticato né tradito. E Buenos Aires e l’Argentina sono tornate ad amarlo. Non si è piegato ai governi né alla Fifa. Nelle suo troppe vite si è lasciato dominare da passioni e vizi, affetti intensi e sbandate rovinose, senza mai separarsi dalla sua compagna più fedele. La dignità. Basta sfogliare le prime pagine della sua biografia. A 16 anni è già il "Dio bambino", gioca in Nazionale contro l’Ungheria e conquista il commissario tecnico Cesar Luis Menotti. A 18 è già "hombre vertical", un uomo con la schiena dritta, vince con 22 gol il campionato con l’Argentinos Junior, l’ultimo con un tiro dal dischetto di centrocampo, ma mette la nazione contro Menotti perché "El Flaco", iI Magro, lo esclude nel 1978 dal Mondiale che l’Argentina agilmente vince in casa, guidata da buone stelle, un trionfo che rianima la dittatura di Videla e della sua Giunta militare accusata tra il 1976 e il 1983 di aver brutalmente cancellato i dissidenti, 9mila i desaparecidos, c’è chi ne conta di più. A 26 è ancora Diego, eroe nazionale che va alla Casa Rosada scortato dai pompieri in alta uniforme a consegnare il trofeo di Mexico " 86" a Raoul Alfonsin primo presidente della Repubblica. Vince l’Argentina 3-2 sulla Germania il 29 giugno, il 30 anche le madri di Plaza de Mayo, quelle dei figli spariti, entrano nella chiesa di Sant’Isidro. Si piange e si prega per chi ha vinto e per chi è morto, e Diego è al centro della grande festa. Un anno dopo, Diego porta il Napoli al primo scudetto. Quella notte un altare attrae migliaia di napoletani a Forcella, dove ogni giorno e ogni notte c’è un fatto di nera o una canzone da raccontare si raccoglie Napoli. E prega per Diego, il campione di Napoli e Baires, dei vicoli e dei barrios, il profeta ribelle che fa sognare e vincere anche chi ha solo sognato e vinto mai. Come la città che lo accolse il 5 luglio 1984 in uno stadio tutto azzurro nel sole di un’estate felice. Il San Paolo che stasera accende i fari su una scena vuota, come l’inizio di una lunga veglia".

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