Sky, Marchegiani: "Nella lotta scudetto c'è lo sprinter Osimhen decisivo! Napoli e Milan giocano bene"

Le Interviste  
Sky, Marchegiani: Nella lotta scudetto c'è lo sprinter Osimhen decisivo! Napoli e Milan giocano bene

Luca Marchegiani, opinionista di SKY, è stato intervistato da Repubblica oggi:

Chi vince lo scudetto?

«Abbiamo tre forti corridori all’ultimo chilometro, è chiaro che questa classica si risolverà in volata. Dunque, s’imporrà lo sprinter migliore. Nel calcio, lo sprinter è il ruolo dell’attaccante e adesso io non vedo nessuno più guizzante di Osimhen».

Le piace, l’imprevedibile corsa?

«Mi diverte, mi avvince, è un’equazione con l’incognita. Ce l’auguravamo. Qualcuno gioca anche bene: il Napoli, il Milan, a tratti l’Inter, a tratti Lazio, Verona, Torino, Atalanta, Sassuolo. Ma non posso dire che sia un campionato di alto livello».

Cosa lo determina? Quale parametro?

«Il confronto con gli avversari stranieri, e parlo di club ma anche di Nazionale. Senza voler fare i disfattisti, quest’anno abbiamo perso ovunque e quasi contro chiunque».

Perché, secondo lei, il calcio azzurro è ridotto tanto male?

«Perché il movimento che lo esprime è in crisi, di basso livello in C e in B, non eccelso in A. Troppi stranieri nei ruoli chiave. E ai nostri giocatori manca il vissuto delle grandi sfide, manca il fragore di una Champions da protagonisti: contro la Macedonia del Nord, i titolari erano le punte di Lazio e Sassuolo. Inoltre, credo sia stata messa una pietra sopra l’eliminazione con troppa facilità: non vorrei che stessimo diventando una sorta di mezzo mondo calcistico, una specie di Repubblica Ceca che ogni tanto fa bene, anche molto bene, e ogni tanto s’eclissa. Vedo rassegnazione, pericolosa rassegnazione. E la colpa non è mai di nessuno».

Una crisi di sistema o un insieme di circostanze sfavorevoli?

«Se da quasi vent’anni siamo così giù, il problema è certamente sistemico. Due Mondiali persi al primo turno contro Slovacchia e Costarica, altri due in cui neppure ci siamo qualificati. Ovvio che non sia un caso».

Come interpreta l’eclisse della Juventus, da sempre serbatoio azzurro?

«Non me l’aspettavo, non così, anche se riaprire un ciclo subito vincente non è mica facile. Credo tuttavia che la Juve potesse far meglio anche prima dell’arrivo di Vlahovic. Ora Allegri sembra averla aggiustata. La sconfitta contro l’Inter è stata casuale, immeritata. Però non ho ben capito che idea di rinnovamento abbiano a Torino. A parte Vlahovic, Chiesa, Locatelli e De Ligt, non si comprende quali saranno i giocatori su cui la Juventus punterà davvero. Il fatto che possano nuovamente ricominciare daccapo dopo Sarri, Pirlo e l’Allegri bis, lascia perplessi».

Lei commenta per Sky il calcio internazionale: ormai è questa la vera passione dei nostri ragazzi?

«Loro tifano per i calciatori più che per le squadre. L’idea del campanile sta scomparendo. Messi e Cristiano Ronaldo sono stati il paradigma di questo spostamento di gusto, e comunque il calcio estero è quasi sempre più bello, più spettacolare del nostro, è animato da star accattivanti, a volte pop star. E poi, quegli stadi magnifici».

Forse potremmo dire che le squadre del cuore lasciano il posto alle “squadre degli occhi”, cioè a chi ci rapisce con la sua bellezza. Qual è la sua squadra degli occhi?

«Il Liverpool: impossibile che una partita dei “Reds” sia noiosa. Calciatori che non conoscono stasi, mentre il Manchester City – che pure è una squadra meravigliosa – ogni tanto se la concede. Al possesso palla preferisco la rapidità del gioco verticale. Anche Real Madrid e Bayern mi emozionano, ma per i bavaresi vincere il titolo è troppo facile».

Lei ha appena commentato Manchester City-Atletico Madrid: “cholismo” esagerato?

«Troppa passività, ma non demonizzo chi interpreta il gioco assecondando le caratteristiche dei giocatori».

Oggi le tocca Manchester City-Liverpool: la sfida più bella della galassia?

«Pur essendo sempre difficile rispettare aspettative enormi, sono certo che questo duello mostrerà qualcosa di memorabile. Non so se per tattica, tecnica o episodi, però non lo dimenticheremo facilmente. Sono inoltre convinto che entrambe le squadre, allenate dai due tecnici migliori al mondo, mostreranno un grande rispetto per l’interpretazione avversaria. E sarà splendido vedere così tanti campioni tutti insieme».

Ci parli di portieri. Perché in Italia c’è crisi di vocazioni?

«Abbiamo il fenomeno, Donnarumma, che pure sta a Parigi per una scelta forse discutibile. Ma il fuoriclasse c’è quasi sempre stato, penso a Buffon. Semmai manca il livello intermedio, manca l’alta borghesia del ruolo, abbiamo solo un po’ di aristocrazia e molto proletariato. I portieri italiani non possono fare esperienza ad alto livello, dove ormai sono stranieri anche i portieri di riserva. Non abbiamo veri percorsi di formazione, che all’estero invece compiono giocatori anche meno bravi ma più strutturati dei nostri, e alla fine più convenienti. Anche in questo caso rischiamo di accontentarci di essere diventati piccoli, però noi siamo il calcio italiano, siamo la storia. Non si può»

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