Sarri a 360°: "20' col Benfica arrapanti, vi racconto De Laurentiis. Mi piacerebbe annusare Maradona al San Paolo, non m'aspettavo Higuain alla Juve. Insigne come un figlio, sul Real, Albiol-Koulibaly e il mio passato..."

Le Interviste  
Sarri a 360°: 20' col Benfica arrapanti, vi racconto De Laurentiis. Mi piacerebbe <i>annusare</i> Maradona al San Paolo, non m'aspettavo Higuain alla Juve. Insigne come un figlio, sul Real, Albiol-Koulibaly e il mio passato...

Ai microfoni di Sky Sport, per "Mister Condò: Sarri si racconta", ha parlato l'allenatore del Napoli, Maurizio Sarri. Ecco quanto evidenziato da CalcioNapoli24:

"Lasciare la banca per allenare? Sentivo meno la responsabilità di dirlo a mia moglie che dirlo a mio padre, la mia famiglia è sempre stata d'accordo con me e questa è stata la mia fortuna. Mia moglie m'ha detto che se questo mi faceva essere sereno e contento, potevo farlo tranquillamente. Decisione che poteva essere sofferta, ma volevo fare l'allenatore e pensare al calcio dalla mattina alla sera: era diventata una scelta inevitabile.

La banca mi piaceva? Ho nostalgia del viaggiare a volte per l'Europa, per settimane e qualche mesa. Mi sono divertito, facevo dei lavori divertenti: venivano tanti turisti, facevo operazioni di somme rilevanti. A livello di clientela, trattavamo solo con le grandi aziende e attività interbancarie, molte solo a scopo di lucro: era un'attività divertente. Per anni mi son divertito, lavoravo alla banca toscana che faceva parte del gruppo "Monte dei Paschi di Siena". Che effetto mi fa? Mi fa un brutto effetto, perchè questa era una realtà importante per la Toscana, mi fa un brutto effetto se penso a tutti i ragazzi che lavoravano con me in quel periodo: qualcuno so cosa sta facendo ora e qualcuno no, non penso sia finita benissimo questa storia.

Il primo mattino da allenatore professionista? In realtà non lo ero ancora, stavo facendo l'interregionale in Serie D. Fortunatamente vincemmo la Coppa Italia di Serie D e i Play-Off salendo in Serie C2 (col Sansovino, ndr). E' stata una scalata, portammo un paese di 6-7mila persone in Serie C2, poi passai al San Giovanni dove vinsi i Play-Off dopo un secondo posto salendo in C1. Quello fu il momento in cui cominciai a pensare che forse era facile, poi sono venute annate anche molto difficili, ma in quelle stagioni ho pensato che davvero potevo fare l'allenatore. Al Sansovino tanti calciatori studiavano e lavoravano, sono categorie al limite del professionismo e precarie per tantissimi motivi.

Com'è il lavoro di un allenatore professionista con un gruppo di calciatori che non lo è fino in fondo? Io sinceramente lavoravo quasi allo stesso modo di adesso, chiaramente cresci e cambi idea su tante cose, ma ho sempre chiesto grande applicazione e intensità. Ho avuto la fortuna di avere due gruppi professionali e seri sia a Sansovino che alla Sangiovannese. Può succedere nella singola giornata qualche litigio, ma in quei gruppi lì si risolveva subito. Ho avuto anche calciatori poco professionali fra i professionisti, sicuramente.

Cosa successe quando avevo 15 anni a Figline? Era il campionato Allievi mi sembra, l'allenatore aveva litigato con la società e partimmo senza il mister: eravamo soli, io ho preso la squadra, l'ho fatta salire in pullman e andammo a giocare. Dicemmo all'arbitro che l'allenatore era in ritardo per un incidente lungo la strada, ho messo l'autista del pullman a fare il segnalinee 'di parte', feci la formazione e vincemmo 2-1 tornando a casa vittoriosi. E' stato un episodio che mi ricorda che a quell'allenatore demmo una grande soddisfazione. Ci unì molto questa vittoria, lui tornò ad allenarci fino alla fine. Mi sentivo uno dei più responsabili ed esperti, probabilmente era nel mio DNA!

Sono sempre stato malato di sport, di qualsiasi: mi piace l'atletica leggere, il ciclismo è una passione di famiglia. Quando ero piccolo a casa mia era pane e ciclismo: mio nonno, mio padre e i miei zii l'hanno fatto tutti. Mi appassiona tanto, vedo ancora le tappe.

Accostato ad Arrigo Sacchi? Non so se è sensato, Arrigo alla fine ha vinto tutto, quindi per il momento si possono paragonare solo gli esordi nei dilettanti. Il paragone però mi fa onore, se faccio questo mestiere è perchè mi sono innamorato del suo modo di giocare, dei suoi metodi e del suo modo di parlare. E' la verità, la passione per il calcio visto con gli occhi dell'allenatore mi è nata da lui, quindi esser paragonato a lui per me è motivo di soddisfazione. Spero di riuscire a vincere anche, se non tutto, qualcosa. Riguardavo le cassette, anche a immagini rallentate per vedere i movimenti difensivi e offensivi: mi fece scattare quel qualcosa, quel vedere il calcio da un altro punto di vista. Mi piaceva il senso di ordine della sua squadra nel difendere, rispetto a quello che vedevamo in quegli anni. Grande organizzazione nel movimento offensivo, era qualcosa di sconvolgente: non a caso c'è il capitolo "Prima di Sacchi" e "Dopo di Sacchi" nei libri sul calcio: ha inciso in maniera profonda.

Tre grandi rivoluzioni riconosciute nel calcio moderno: Ajax di Cruijff, Milan di Sacchi e Barcellona di Guardiola? Son tre momenti fondamentali nell'evoluzione, ho profondamente studiato il Milan di Sacchi e analizzato il Barcellona di Pep: sono momenti di grandi cambiamenti, sono persone che hanno inciso in maniera importantissima nel loro lavoro.

Io ho bisogno di avere accanto persone che stimo e a cui voglio bene perchè tutto il lavoro che faccio lo faccio anche per loro, anzi: mi sento più obbligato a farlo per loro che per me stesso. Mi sento un po' il capitano della squadra? Se ho accanto persone che mi condizionano in maniera forte, mi sento obbligato a far bene per loro. Avere un rapporto straordinario con le persone con cui lavoro quotidianamente mi fa rendere di più: può essere un limite ma anche una forza. Mi piace il senso di responsabilità, mi sento obbligato a rendere felice una persona che dimostra di stimarmi e volermi bene.

Io sono uno che manifesta poco i propri sentimenti e le proprie emozioni, mi affeziono molto alle persone con cui lavoro, ai calciatori che mi danno: ci son stati tanti calciatori che son stati con me in tanti anni e in tante situazioni. Mi riferisco soprattutto a Daniele Croce, che è attualmente all'Empoli ma che con me ha fatto la Serie C, la B e la A: mi ricordo nell'ultimo anno ad Empoli che gli dicevo di aver chiesto al presidente di allungargli il contratto perchè scherzando volevo vedere la fine della sua storia!

Anno all'Arezzo con me e Conte? Fattelo spiegare da Antonio perchè son retrocessi, è una situazione strana: abbiamo avuto difficoltà entrambi, nonostante un discreto finale di Conte non ce l'ha fatta. La realtà è che con i punti sul campo l'Arezzo sarebbe arrivato 10/11esimo, c'erano dei punti di penalizzazione. Giocavano Ranocchia, Floro Flores con noi, una squadra che non poteva retrocedere per le qualità che aveva. Conte l'ho conosciuto dopo, parlando di Arezzo ci abbiamo sorriso tutti e due.

Fiorentina punto d'arrivo per un toscano di Figline? Da bambino ero tifoso del Napoli, ma lo son stato anche dopo: vedevo le partite al San Paolo, ho visto anche Maradona al San Paolo un paio di volte. Avevo una schiera di zii tifosi della Fiorentina per cui chiaramente andavo allo stadio anche a vedere la viola: son le squadre della mia vita, una rappresenta la città dove sento il vissuto. Firenze perchè mia nonna abitava a Piazza Alberti, a quattrocento metri dallo stadio di Firenze, e Napoli perchè da bambino avevo l'idea per cui bisognava tifare per la squadra della tua città natìa, mi sembrava illogico tifare un'altra squadra. Ero nato a Napoli e per me la squadra era il Napoli: nel mio paese c'erano tante persone dalla Campania e diventammo molti di più, ma quando ero piccolo piccolo tifavo Napoli soltanto io.

Se mi sento rappresentante degli allenatori che vengono dal basso? Io mi sento di rappresentare quelli che vengono dal mondo dilettantistico, la gente ha un'idea strana su certi mondi e certe differenze. C'è un'idea strana sul mondo dei Dilettanti, a volte trovi buoni calciatori e buoni allenatori: il calcio che si gioca è lo stesso, solo che i giocatori hanno meno qualità tecniche e fisiche. Bisogna organizzarle dal punto di vista tattico, non vedo quest'enorme distanza che la gente crede ci sia. Le pressioni ovviamente sono molto diverse, questo sicuramente sì: questa può essere una discriminante arrivati a certi livelli, quella di soffrire la pressione.

Tanti schemi nella mia carriera. Bielsa insegnava 23 schemi per le rimesse laterali? Posso anche essere maniacale, ma dubito che ci sia un calciatore in giro per l'Europa in grado di ricordarsi 23 schemi (ride, ndr). Noi abbiamo l'obbligo di preparare certe situazioni e organizzare la tattica, ma dobbiamo avere anche la consapevolezza che il talento si deve esprime: a volte la partita la vince un colpo di talento, nonostante tu abbia preparato l'impossibile tatticamente. Un calciatore che prende l'iniziativa in maniera importante e coraggiosa, se so che ha il talento per poterla fare ma anche se non ce l'ha, non lo rimprovero mai.

Allenare il Napoli? E' stata una cosa che ha emozionato più me, perchè io alle elementari ero l'unico tifoso del Napoli di tutto l'istituto e delle periferie di Firenze: ritrovarmi ad allenare il Napoli era qualcosa che mi emozionava, ho pensato che fosse destino. Ha segnato più me che i miei genitori.

Quando sono entrato nello spogliatoio del Napoli ho notato che era molto silenzioso, in maniera molto strana. Dissi: "Fermi tutti, che diavolo sta succedendo? Questo è un lavoro ma dev'essere divertimento, non voglio vedere queste facce. Avevo la sensazione di questo gruppo molto contenuto, quasi triste. Mi faceva impressione nei primi giorni, lo dicevo tutti i giorni che volevo togliermi questa sensazione che avevo: bisogna fare calcio con divertimento ed entusiasmo, la squadra se diverte e si diverte ha molte più possibilità di vincere. Volevo un altro tipo di atteggiamento, piano piano l'ho visto fortunatamente.

Un episodio che mi ha fatto vedere le cose cambiare? Sì, beccai Insigne farmi l'imitazione nello spogliatoio: Lorenzo ogni tanto fa degli urli tipici miei in pieno allenamento, li fa uguali! Quindi lì capisci che l'aria sta cambiando molto probabilmente.

Crescita della stima a Napoli nei miei riguardi? Secondo me sono studiati e valutati anche se hanno vinto tutto gli allenatori, questo è tipico di tutti gli spogliatoi. Non ricordo un momento o un episodio preciso, ma dopo un paio di mesi mi sono accorto che c'era stima, che c'era disponibilità da parte loro in maniera totale. Anche se all'inizio i risultati non arrivavano nella maniera giusta: se lo spogliatoio ti dà fiducia in un momento negativo vuol dire che hai inciso. Dopo la terza partita vincemmo 5-0 col Bruges in casa in Europa League, poi dopo tre giorni un altro 5-0 alla Lazio, da lì arrivarono i risultati importanti. Le fondamenta a livello di gruppo e d'intesa però si son create nel momento di difficoltà, è facile ed effimero farlo nei momenti ottimi. E' più vero e solido se fatto nei momenti di difficoltà.

Maradona mi conosce? Ero appena arrivato dall'Empoli, dubitavo che mi conoscesse anche solo di nome! Ho risposto in maniera netta e sincera, ma non ce la farei a litigare con lui. Quando arrivò a Napoli erano in ritiro a Regene in Toscana, ad un paese a 6km da casa mia: andavo tutti i pomeriggi a veder l'allenamento, non si può litigare con un mito! I risultati erano negativi nel periodo in cui mi criticò, è anche giusto beccarsele: è normale, poi ha avuto belle parole su di me e questo mi ha fatto doppiamente contento. Non solo mi conosce, ma ha anche parlato bene di me!

Se mi farebbe piacere mostrargli il mio lavoro dal vivo? Ogni volta che arriva a Napoli entra in un delirio totale, avrà due mila richieste e impegni. Per lui entrare al San Paolo è un'operazione abbastanza complicata. Mi sarebbe piaciuto vederlo nel suo stadio, anche annusare la sensazione della gente al suo ingresso: è un qualcosa che si sente, si percepisce.

De Laurentiis? Solitamente è molto sereno, è un presidente che ha momenti di 'incazzatura' improvvisi ma brevi solitamente. Dopo pochi minuti torna ad essere quello di prima. Solitamente nelle riunioni e nelle telefonate con me è sempre tranquillo e contenuto.

Mi ha accontentato dal punto di vista tecnico? Io non ho chiesto niente, perciò mi ha accontentato in tutti: nessuno parla più del lavoro, si parla solo di mercato e si è fatto appassionare il Paese al mercato. Ci sono gli stadi vuoti, ma si parla di mercato: si è persa di vista la realtà e il lavoro. Sono rimasto un allenatore di questo tipo. Non dico 'Voglio questo e questo', anche perchè sono in una società in cui non è fattibile: in giro per l'Europa ci sono società con fatturati superiori e quindi è giusto che De Laurentiis salvaguardi prima l'aspetto economico della società, poi facciamo il possibile per fare il meglio dal punto di vista sportivo.

Siamo una squadra piacevole da vedersi, con tecnica e velocità contemporaneamente. Abbiamo dei limiti perchè non sempre trasformiamo buone prestazioni in vittorie, quindi questo rappresenta in questo momento il nostro limite: quest'anno la squadra è molto più giovane, un salto di mentalità da questi livelli è difficile da progredire.

Albiol? Dice sempre di essere Campione del Mondo dei tifosi, perchè non ha mai giocato in quella competizione: ha fatto molto il tifo! Ho giocatori forti, Koulibaly è di uno strapotere fisico a livello mondiale, è migliorato a livello tattico: è un giocatore importantissimo per l'età che ha. Albiol è un gran calciatore dal punto di vista individuale, abbiamo lavorato molto sui movimenti di reparto con lui. Pochissime palle perse con lui, per l'impostazione dell'azione è un giocatore determinante. Ci sono dei giocatori che senti tuoi, nel senso che da buon giocatore lo fai diventare ottimo. Per quanto riguarda i campioni, non si diventa fuoriclasse ma dipende solo dal DNA.

Higuain: diffidenza iniziale, sostegno, trionfo, l'abbandono. Le parole tra noi di questi mesi? Non ho visto un inizio di diffidenza: un ragazzo subito molto disponibile, particolare e che ha bisogno che certe cose gli vadano apposto per rendere al meglio. La fiducia sicuramente gliel'ho data anche all'esterno: ho sempre detto e lo penso che è il centravanti più forte del mondo, mentre a lui l'ho detto poco. Gli chiedevo tanto, anche in allenamento: volevo pretendesse di più da se stesso, in privato c'erano più rimproveri che elogi, ma penso che sia l'attaccante tipico più forte al mondo in questo momento e lo difendevo all'esterno con le mie dichiarazioni.

L'abbandono purtroppo è stato un momento brutto: mi potevo aspettare la Premier, non mi aspettavo la Juventus. Questo ha reso più pesante l'abbandono: per un po' non l'ho sentito e sinceramente non mi anedava neanche, poi ultimamente ci siamo sentiti. E' come un figlio che sbraneresti per qualche giorno, ma resta sempre un figlio: a Gonzalo tengo molto, con me ha fatto cose straordinarie. Ha fatto una scelta discutibile, ma è una persona a posto con tanto talento. E' come un figlio che ti fa incazzare, ma alla fine gli vuoi bene.

Insigne come un figlio? Lorenzo è un ragazzo solare, con cui si sta bene insieme: è un sorridente alla vita, ti fa sentir bene e va in eccesso a volte per cui va ricondotto al giusto modo di pensare e comportarsi. Però ti ci affezioni con facilità, da lui pretendo molto perchè è un talentuoso. Spesso ho la sensazione che potrebbe fare di più; dal punto di vista umano e affettivo è un ragazzo che si fa voler bene.

Bernabeu e Real Madrid? Una squadra che in secondi, nemmeno in minuti, può ribaltare una partita. Ho la soddisfazione di poter andare a fare una partita importante contro forse la squadra più importante del mondo in uno degli stadi più importanti del mondo. C'è però il timore, ma noi saremo all'altezza di giocare contro questi? Io penso di sì, in partita ci possiamo stare anche se hanno qualcosa in più di noi. Un giorno potrò dire anche di aver giocato una partita di Champions League al Bernabeu.

Tuta e altre cose? Son tutti luoghi comuni, si parla di una persona senza conoscere la persona. Metto la tuta perchè faccio un lavoro da campo, poi se domani vado a rappresentare in una cerimonia la società metto la divisa sociale. In campo non lo ritengo giusto, in questo il presidente non ha mai battuto ciglio, mi ha risposto: "Mettiti pure la tuta!". Mi è costato a volte di aver pagato per le scelte mie, ma ho fatto sempre quello che volevo e ho avuto ragione su tanti aspetti: non solo per la tattica ad esempio.

Charles Bukowski? Mi appassiona tantissimo per il suo modo crudo e diretto. Il calcio può stare in tutt'e tre le 'università della vita' secondo Bukowski: ospedali, galiere e prostitute. Forse le prostitute è quella a cui si adatta meglio (ride, ndr). Ho perseguito questa carriera non per la notorietà ma per il campo: allenamento, partita, è questo che mi 'fa sangue'. Quando si parla di calcio, i tifosi ricordano sempre di Champions, di Serie A, magari a te ti ha dato più emozione una partita a Bielsa, vicino Siena, dove hai vinto una Promozione. Ti ha dato un'emozione gigantesca mentre la gente vive l'emozione direttamente proporzionale alla portata dell'evento ma non è così. In Paradiso mi sento solo per la mia squadra, non ho mai visto una partita di altri per cui ho provato questa emozione. Tante partite del Barcellona di Guardiola però son state libidinose: direi eccitanti. I 20 minuti contro il Benfica fra il 5' e il 25' del secondo tempo son stati per me 'arrapanti'!".

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