Può l'aspetto economico valere più della regolarità di un campionato?

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Può l'aspetto economico valere più della regolarità di un campionato?

Campionato Serie A: può l'aspetto economico valere più della regolarità dello stesso?

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Caos calendario Serie A - Giocare a porte chiuse, per quanto triste e aberrante, è al momento l'unica soluzione possibile. Almeno finché questa criticità non sarà superata o ridimensionata. E se questo non dovesse succedere, bisognerà proseguire comunque imperterriti fino alla fine. Non vero calcio senza tifosi, ma è anche l'unico modo possibile per provare a restare più vicini possibili alla realtà. L'unica possibilità pure per tutelare congiuntamente cittadini e gioco del calcio

L'assenza di pubblico anche modifica il reale svolgimento dei fatti, ma in alternativa non restebbe che lasciarsi paralizzare dalla paura e fermare tutto. Come se si trattasse di una pandemia più che di un'emergenza. Non c'è quindi un'altra via in alternativa. A meno che non si voglia rinviare tutte le partite, in blocco e senza distinzione, ma intasando maledettamente un calendario già a rischio implosione. E pur agendo in questo modo, non vi sarebbero comunque certezze. Per quanto tempo si potrebbe andare avanti così? Come lo si potrebbe applicare non potendo prevedere gli sviluppi di un'emergenza sanitaria che potrebbe addirittura peggiorare? 

Ecco perché giocare a porte chiuse - ahinoi - resta l'unica possibilità, anche a costo di perdere milioni e milioni. Perché data la situazione unica a qualcosa bisognava pur rinunciare, e mai avremmo immaginato che indietro fosse lasciata la regolarità di un campionato. Invece le parti in gioco hanno fatto proprio questo: hanno rinunciato alla linearità di un torneo. Perché l'attuale Serie A è falsata. Ha detto bene ieri Gennaro Gattuso in conferenza stampa. Colpa della Lega Calcio e di una tremenda inadeguatezza. Ma la situazione è molto più semplice di quel che si pensi: sulla bilancia, semplicemente, ha pesato più l'aspetto economico che la tutela della Serie A

Se non poi si vuole accettare l'evento a porte chiuse - e il campionato di certo non si può fermare, - allora la proprità non è la sicurezza dei cittadini. Lo è piuttosto la salvaguardia economica del movimento calcistico. A quel punto, allora, si aprissero gli stadi e si invitassero tutti a propri rischi e pericoli con tanto di mascherine e amuchina. Impensabile ovviamente, ma sarebbe di certo più onesto dell'attuale messa in scena. 

Il calendario di una campionato è sacro. E' il destino cucito attorno a ogni squadra che contribuisce direttamente - oltre alle abilità della stessa -  a traguardi e fallimenti. Le istituzioni dovrebbero proteggerlo come facevano Parche della mitologia romana, invece il vero filo conduttore è stato il dio danaro. Perché il derby d'Italia è un tesoro a sé, nonché il miglior biglietto da visita del proprio campionato. E' anche lecito e corretto da un certo punto di vista, ma non se parallelamente corre una situazione anomala che non ti permetterà di decifrare il domani. Il gioco non vale la candela: il calcio è business e ci siamo, ma per una giusta causa economica non si può compromette la stabilità di un intero campionato.

Ora cambia tutto. Adesso si crea una sorta di mini universo parallelo in cui tutto scorre di nuovo. Incroci in un momento particolare che non avverranno più, aspetti fisici e psicologici deviati, infortunati e diffidati che si vedranno proiettati in altre partite. La Juventus in difficoltà dopo la Champions, per esempio, avrebbe potuto subire un'altra brutta batosta stasera. O forse no.

Certo non lo sapremo mai, ma così ci siamo privati anche della sola e unica verità suprema. E dal momento che giocare a pochi giorni di distanza non cambierà molto - decreti regionali a parte che di certo non cancellano l'emergenza persistente - la sostanza non cambia. Così al momento ci sono formazioni come Inter e Sassuolo ferme da due giornate e altre che giocano regolarmente, come in Serie B e nelle due manifestazioni europee. 

Leggere correttamente la classifica nel frattempo è diventata un'impresa. Il tutto mentre l'Atalanta, pur proveniente da Bergamo, va a Lecce e con Juventus-Milan aperta a soli cittadini piemontesi. Come se questa suddivisione territoriale fosse poi scienza esatta per arginare l'epidemia. E pur considerando che in Lombardia si registra il maggior numero di casi in Italia, la sensazione è che non sia questa la soluzione ideale. Non dopo quanto accaduto in questo weekend e quando si va verso un futuro pieno di incertezze. Se poi con Inter-Juve l'intento era evitare un danno d'immagine per un Paese stesso in estrema difficoltà, certo non c'era bisogno delle gare calcistiche. Non è un caso se molte nazioni stanno chiudendo le frontiere nei nostri confronti. 

A sorridere alla fine è Claudio Lotito? Vero ma in parte. Perché non dimentichiamo che la Juventus resta sempre la Juventus. La più forte, calcisticamente e politicamente come ha confermato l'ultimo fine settimana. Perché se si fosse trattato di Juventus-Lecce, diciamolo, il problema non ci sarebbe stato. Perché è innegabile e in fondo anche comprensibile una pressione bianconera che perde un tesoretto di 4-5 milioni di euro.

Il problema è che la Lega, la quale aveva emesso il suo verdetto appena pochi giorni prima, non dovrebbe piegarsi subito dopo. Non si può spostare una sfida scudetto al 13 maggio a campionato praticamente concluso. Né si può pensare di ripescarla e anticiparla all'improvviso. Non se si vuole seguire un filo logico. Tutto falsato e irrecuperabile ormai. Si spera solo di non poter far peggio, ma in questo siamo un'eccellenza. La credibilità del calcio italiano è sempre più in caduta libera. Eppure questa volta bastava giocare. 

di Pasquale Edivaldo Cacciola 

RIPRODUZIONE RISERVATA

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