Rapine, minacce e spaccio di coca da Milano a Napoli: i clan fanno business negli stadi

Rassegna Stampa  
Rapine, minacce e spaccio di coca da Milano a Napoli: i clan fanno business negli stadi

C’erano una volta le cupole del tifo. Sono rimaste le cupole e basta. Comandano loro adesso. Come i clan criminali. Spesso proprio per conto degli stessi clan. Da Torino a Roma, da Milano a Napoli gli ultrà ricattano, minacciano, picchiano. Controllano il territorio e macinano soldi, applicano la violenza come legge mafiosa. È la peggior faccia degli ultrà formato 2013. Quella che fa osservare agli analisti che «sono cambiati i connotati delle curve », perché «al posto dei vecchi capi — molti cronicamente daspati — è subentrata la malavita ». Milan, Inter, Juve, Lazio, Roma, Napoli. Il palcoscenico del «salto di qualità» sono le grandi curve, quelle da sei, otto, diecimila tifosi (il numero si assottiglia o si dilata a seconda che si considerino gli iscritti ai 400 gruppi censiti dal Viminale, o più in generale “il bacino d’utenza”). Partiamo da una battuta sentita l’altra notte tra i 120 ultrà laziali bloccati a terra dalla polizia a Varsavia. «Se c’era Diabolik non stavamo qua... «. Per i non frequentatori della curva Nord dell’Olimpico, Diabolik è Fabrizio Piscitelli, leader storico degli Irriducibili che a 47 anni (32 passati in curva) è finito a Regina Coeli perché da capo ultrà, secondo la Dda, si è trasformato in narcotrafficante tirando le redini di un «agguerrito gruppo criminale operante nella zona sud di Roma attraverso il tramite del clan Abate di San Giorgio a Cremano» (camorra). Da Diabolik a Sandokan, un altro “eroe”; da Roma a Milano, sponda Milan. Sandokan è, al secolo, Giancarlo Lombardi. Il leader della “Curva Sud” rossonera dopo la scalata a suon di pestaggi operata dai suoi “Guerrieri”. Lombardi non è un ultrà: è un criminale che gira in Ferrari e che ha «precedenti penali per rapina, lesioni, estorsione, tentato omicidio». Gli piacciono i soldi e per i soldi è disposto a tutto. Già condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi per tentata estorsione al Milan (col suo gruppo minacciava i dirigenti della società rossonera per avere i biglietti delle partite a prezzi stracciati o gratis), l’anno scorso patteggia un anno e 8 mesi: secondo la Procura riciclava denaro per un’associazione che truffava le banche, frodava il fisco e con i proventi si comprava locali alla moda. Braccio destro di Sandokan è Claudio Tieri. In una telefonata con un altro della banda, Tieri si confronta su come «pressare » i vertici del Milan; il ricatto è: lancio di fumogeni in campo e multa a carico della società. «Se ‘sti merda ci girano un po’ di soldi non sarebbe mica male», ammonisce. «Come fanno alla Lazio che non pagano le multe ma pagano gli ultrà, pagano e basta». Così prendono il potere i nuovi capibastone. Sabato scorso, Milan-Genoa a San Siro. Uno striscione in curva Sud festeggia il ritorno allo stadio dopo una condanna a quattro anni e mezzo di carcere (pestaggio di un ultrà interista che nell’aggressione perde un occhio e si suiciderà) di Luca Lucci, altro delfino di Sandokan- Lombardi. «Bentornato Luca, amico vero e grande condottiero ». Di Lucci gli archivi del Tribunale raccontano altro. Che comprava coca dalle gang di Milano, e che ha fornito l’auto con cui nel 2006 il boss calabrese Antonio Ausilio, detto «il Topo», uccide l’avvocatessa Maria Spinella, colpevole di non averlo difeso bene. I clan criminali, un tempo sullo sfondo, sono entrati direttamente in curva. Maurizio Marinelli, direttore del Centro studi sicurezza pubblica della polizia, lo spiega così. «I Daspo hanno colpito soprattutto i capi storici delle tifoserie. Che stanno fuori dagli stadi anche per anni. Il vuoto di potere e il venir meno dello zoccolo duro favoriscono l’ingresso in curva dei gruppi malavitosi. A loro interessa fare soldi coi biglietti, il merchandising, la sicurezza, i parcheggi, i bar». Un giro da milioni di euro. Succede anche a Torino. Nelle curve di Juve e Toro più che la fede calcistica oggi comandano i duri legati alle “famiglie”. Non è solo un campione di poker Loris Grancini — il capo dei Viking juventini con sede a Milano. È anche — secondo gli investigatori — un uomo vicino a Cosa Nostra e alla cosca calabrese dei Rappocciolo. Un tipo «abilissimo a far perdere le proprie tracce per il suo inserimento in circuiti criminali di elevato spessore» — dicono gli uomini della Squadra mobile. Nel 1998 è protagonista di una sparatoria, poi viene coinvolto in un’inchiesta per tentato omicidio. Amico di Sandokan Lombardi, sostenitore di politici del Pdl e “facilitatore” per boss in carcere, Grancini non è in cattivi rapporti nemmeno coi ras della curva interista nonostante il tentativo, fallito, di estendere anche lì il suo potere. Dettano legge le cupole delle curve. A volte sono emanazioni dei clan. A Napoli l’anno scorso un’indagine della Digos sradica il gruppo “Bronx”. Il capo è Francesco Fucci, ai domiciliari per traffico di droga, considerato vicino al clan camorristico dei Mazzarella. «Gli ultrà napoletani sono tra i più pericolosi» — dice Carlo Ambra, coordinatore dal Viminale delle “Squadre Tifoserie”. Le stime dicono che dei 1.540 ultrà “registrati”, la metà sono pregiudicati. Ma la classifica dei più pericolosi, nel campionato in corso, vede in testa quelli del Verona. Seguono Juve, Nocerina, Lazio, Napoli e Roma. C’era una volta il tifo.

Repubblica

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