Ultime notizie Napoli - Elia Caprile, portiere del Napoli in prestito all’Empoli quest’anno, ha rilasciato una lunga intervista a SportWeek di cui vi proponiamo uno stralcio.
Elia Caprile parla a lungo della sua vita, del suo inizio di carriera, delle sue avventure in Inghilterra al Leeds e del suo rientro in Italia, con il Napoli che lo acquista dal Bari.
Finalmente la A, con l’Empoli. Esordio alla prima giornata e subito una “papera” sul gol decisivo di Bonazzoli.
«Eh, sì, la classica cagata... Quando commetto un errore, non mi tormento più di tanto, perché quello del portiere è un ruolo infame: quando sbaglia si prende gol. Certo, esordire in Serie A con una “quaglia” di quelle grosse, per di più contro la squadra della mia città, non era proprio quello che sognavo. E una settimana dopo mi sono fatto male alla caviglia, a ridosso del mio compleanno: 40 giorni fuori. È stato il momento peggiore. L’errore sapevo come gestirlo, l’infortunio no, perché non mi era mai capitato di farmi male sul serio. Soffrivo al pensiero di non poter riscattarmi nella partita immediatamente successiva a quella col Verona, e per chissà quanto tempo ancora».
I tuoi pregi e i tuoi difetti.
«Pregi: l’equilibrio interiore e il coraggio nelle uscite. Sono propositivo, bravo a far ripartire velocemente l’azione. Difetti: a volte sono troppo determinato nell’andare dritto per la mia strada. La mia ragazza, che studia Psicologia, me lo ripete sempre, che dovrei smussare qualche angolo. Sono sotto analisi tutti i giorni» (ride).
Ti è stata fatta pesare l’ombra di Vicario, che a Empoli aveva fatto miracoli in serie?
«Non hanno avuto il tempo: mi sono fatto male subito. Dopo, nei miei confronti c’era solo curiosità. Vicario è stato molto carino: abbiamo firmato lo stesso giorno, lui col Tottenham, io con l’Empoli, e mi ha scritto che ero quello giusto per sostituirlo».
Papà napoletano e mamma veronese: in casa che dialetto si parla?
«Di norma nessuno dei due. Ma se papà attacca col suo, vuol dire che si sta incazzando... Però chi comanda è mamma Elisabetta. È sempre così, in casa, no?».
Ti senti più napoletano o più veronese?
«Cinquanta e cinquanta. Sono napoletano nella voglia di cibo: non è fame, è che, a me, mangiare piace proprio. So che non dovrei dirlo, ma sono troppo goloso. Davanti a una pizza non mi tengo. Sono veneto per puntualità e perché sono “preciso” nella testa, ma anche papà è puntuale».
Ci pensi che potresti essere allenato da Conte?
«Divertente... Giocare nel Napoli sarebbe il coronamento di un sogno, mio da calciatore e di papà come tifoso. Ma pure mamma, che è veronese, dice che vorrebbe vivere a Napoli»