Amnesty International Italia, il portavoce: "Ospitare i Mondiali in Arabia Saudita significa immaginare che il calcio è indifferente rispetto a cosa succede nel mondo"

Le Interviste  
Amnesty International Italia, il portavoce: Ospitare i Mondiali in Arabia Saudita significa immaginare che il calcio è indifferente rispetto a cosa succede nel mondo

Oggi su CRC, radio partner della SSC Napoli, nel corso della trasmissione “A Pranzo con Chiariello†è intervenuto il portavoce Amnesty International Italia, Riccardo Noury. 

Di seguito le sue parole: 

«Mondiali di calcio in Arabia Saudita? Significa immaginare che il calcio sia dentro una bolla indifferente a come vanno le cose nel mondo. Significa ignorare ciò che è successo per i Mondiali in Qatar, dove stadi ed infrastrutture sono stati costruiti con il sangue di lavoratori migranti. Questo è lo scenario che ci si prospetta per i Mondiali del 2034, con l’aggravante che sappiamo com’è andata in precedenza. La FIFA non ha tenuto conto del precedente ed ha ignorato le richieste delle organizzazioni per i diritti umani. Inoltre ha affidato ad uno studio legale tra i più importante al mondo una sorta di valutazione del rischio, senza consultare né i movimenti sauditi per i diritti umani né Amnesty International.

La FIFA nelle sue policy ha in teoria tra i criteri dell’assegnazione di un mondiale ai paesi che si candidano quello del rispetto dei diritti umani. Questa valutazione è stata fatta da uno studio con sede a Londra, tra i più affermati al mondo, approfittando di questa notorietà. Inoltre la valutazione è stata affidata alla filiale in Arabia Saudita: è come affidare lo spegnimento di un incendio ad un piromane.

Situazione diritti umani Arabia Saudita? Fino al termine di novembre 2024 c’erano state 304 impiccagioni: è il secondo paese al mondo dopo l’Iran, tenendo conto che non abbiamo informazioni sulla Cina. Chiunque protesti in favore dei diritti delle donne attraverso un post riceve condanne fino a 40 anni. Tutte le persone equivalenti a quelle di Amnesty che si occupano di diritti umani sono in prigione. L’Arabia Saudita è il paese le cui autorità sono state mandanti dell’omicidio giornalista Jamal Khashoggi nel 2018. La comunità LGBT è perseguitata. Poi immaginiamo milioni di persone che arriveranno dagli stati dell’Asia e dell’Africa per costruire gli impianti, stadi, autostrade ed infrastrutture, in un paese in cui creare sindacati è vietato. Saranno costretti a lavorare con temperature di 50° e ne moriranno a centinaia, come successo in Qatar. E tutto questo alla FIFA non ha interessato. 

È evidente che il denaro che circola è tanto e che fa comodo a tanti. 

I calciatori che arriveranno da fuori sicuramente avranno un trattamento privilegiato e proprio in nome di questo privilegio dovremmo chiedere loro di fare qualcosa. Il rischio è per i tifosi. Per i Mondiali in Qatar la regola ufficiale che ha accettato la FIFA è che i tifosi potevano essere omosessuali, ma dovevano limitarsi ad esserlo nelle camere di albergo altrimenti rischiavano. Così come rischieranno quelli che faranno manifestazioni di solidarietà nei confronti anche delle donne. 

L’invito che io faccio è di continuare a parlare del tema dell’Arabia Saudita e dello sfruttamento dello sport che fanno in quei paesi, affinché in questi 10 anni si possa provare a costruire un cambiamento».

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