Zeman: "Mi piace il Napoli, sorpreso da Sousa. Lieto di rivedere Hamsik mezz'ala e Insigne non più terzino. Sarri, grande lavoratore. Il male del calcio? Troppi soldi"

Rassegna Stampa fonte : il mattino
Zeman: Mi piace il Napoli, sorpreso da Sousa. Lieto di rivedere Hamsik mezz'ala e Insigne non più terzino. Sarri, grande lavoratore. Il male del calcio? Troppi soldi

Zdenek Zeman, attuale allenatore del Lugano e padre del 4-3-3, ha rilasciato una lunga intervista a Il Mattino. 

Che pensa di questo campionato con quattro squadre al vertice - Fiorentina, Inter, Roma e Napoli - e con la Juve, dominatrice nelle ultime quattro stagioni, più dietro? «Il campionato dice questo al momento: è una situazione che potrebbe modificarsi, c’è tempo fino alla fine». 

Qual è tra le quattro quella che più le piace? «Il Napoli».

Perché? «Perché aveva già un notevole potenziale offensivo e quest’anno ha trovato l’equilibrio tra i reparti».

Con il 4-3-3, il modulo zemaniano: il sistema di Sarri è come il suo? «Non so. Il 4-3-3 non è sempre lo stesso, dipende dalle caratteristiche dei giocatori e dalla loro disposizione in campo. Adesso sono lieto di vedere Hamsik che gioca da mezz’ala, come faceva con me a Brescia: ha ritrovato un ruolo preciso. E mi fa piacere vedere che Insigne sia tornato a fare l’attaccante, anziché giocare da terzino, a inseguire l’avversario».

Sembra l’anno della consacrazione di Lorenzo. «Gli anni sono tutti buoni, a patto che Insigne giochi in base alle sue caratteristiche, che sono appunto quelle di attaccante».

Ma deve maturare: ha visto come ha reagito due settimane fa quando Sarri lo ha sostituito con Mertens nella partita contro il Palermo? «Non c’entra l’età. Ho visto anche giocatori di 35 anni arrabbiarsi per una sostituzione. Sarebbe meglio evitare certe reazioni, tuttavia bisogna ricordare che un ragazzo vuole giocare sempre».

Conte ha escluso Insigne dalla Nazionale perché nel precedente raduno tornò a casa per un dolore al ginocchio. E ha parlato dell’attaccamento alla maglia come condizione imprescindibile per la convocazione. Che ne pensa? «Non conosco la situazione e non la commento. Ma posso assicurare che Insigne, fin da quando giocava con me a Foggia, ha sempre risposto felice alle convocazioni delle nazionali giovanili e di categoria: mai rifiutata la chiamata».

Insigne è diventato titolare e segna tanto: può diventare il protagonista del campionato. «Glielo auguro. E, quanto ai gol, ne ha sempre fatti».

Con Zeman, ai tempi del Foggia e del Pescara, furono 37 in due stagioni. «Lei fa male i conti: aggiunga quelli di Coppa Italia e arriverà a poco meno di 50. Senza calcolare il numero di gol che ha fatto segnare ai suoi compagni». 

Il suo Cagliari vinse a Empoli, contro Sarri, per 4-0 nello scorso campionato: un successo da ricordare. «Parliamo del presente. Conosco Sarri come grande lavoratore e chi lavora arriva ai risultati. Lui ha avuto qualche difficoltà all’inizio, ma è normale: aveva bisogno di conoscere i giocatori a disposizione e gli spazi in cui agire. Sono problemi che ha risolto e si vede dalla situazione di classifica». 

Lei ha allenato, anche se per poco, a Napoli: cosa potrebbe significare lo scudetto per la città? «Può immaginarlo, visto che il Napoli non vince dai tempi di Maradona. Ma allargherei il discorso dalla città alla regione, nel senso che la Campania è terra del calcio, come dimostrano i tanti giocatori nati in quel territorio. Una vittoria importante darebbe impulso all’intero movimento: lo risveglierebbe».

L’ha colpita solo il Napoli in questo inizio di campionato? «Mi ha sorpreso la Fiorentina perché credevo che dopo Montella la squadra potesse avere problemi ad adattarsi al nuovo allenatore Paulo Sousa e a questo tipo di calcio. E invece già durante la fase di preparazione si sono visti positivi risultati». 

Ma il limite del calcio italiano, rispetto a paesi europei più evoluti, è solo tecnico o riguarda anche la improbabile governance rappresentata dal discusso presidente federale Tavecchio? Come si può migliorare il sistema? «C’è un punto di partenza che non funziona: troppi soldi hanno fatto male al calcio, società e giocatori guardano più all’aspetto economico che a quello tecnico e spettacolare. Temo che non si possa tornare indietro perché il calcio è sempre più business e sempre meno sport. I ragazzi che giocano con un pallone, la loro crescita attraverso l’attività fisica: si è perso questo».

Lotta al doping, smascherati i “trucchi” dello sport russo «Se si vuole fare una lotta seria al doping, bisogna agire così. Non mi sorprenderei se uscissero altri paesi coinvolti in questi accertamenti».

Si riferisce all’Italia? «A tutto il mondo dello sport. Ma c’è una cosa che mi colpisce e addolora».

Quale? «La mancata reazione degli atleti davanti a un argomento simile, il loro silenzio. Parlo in assoluto, non di un particolare paese o un singolo sport. Mi chiedo quale piacere possa esservi a vincere senza il lavoro e senza il talento».

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