La giustizia sportiva non è uguale per tutti: i principi disattesi nel caso Acerbi-Juan Jesus

Rassegna Stampa  
La giustizia sportiva non è uguale per tutti: i principi disattesi nel caso Acerbi-Juan Jesus

La decisione che ha assolto Francesco Acerbi dall’accusa di un insulto razzista a Juan Jesus presenta alcune singolarità, rilevate dalla giurista Vitalba Azzollini su Domani.

I principi disattesi nel caso Acerbi-Juan Jesus

Il giudice ha disatteso un principio consolidato nel procedimento sportivo, a cui basta «un ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito» per arrivare alla condanna.

“Il livello di certezza probatoria necessario per ritenere un soggetto colpevole in un giudizio sportivo è diverso da quello richiesto in un giudizio penale. Per arrivare alla condanna nel procedimento disciplinare sportivo non serve la «certezza assoluta della commissione dell’illecito» (Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sezioni Unite, n. 34/16).

È sufficiente un livello di prova «superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio». Dunque, basta «un ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito» (Sez. Un., n. 6/2016) o, per dirla in altro modo, un «confortevole convincimento» (Sez. Un., n. 93/17)”

Non spetta alla persona offesa comprovare l’accusa in modo inoppugnabile, mentre ricade sull’accusato l’onere di confutare l’illecito che – con un certo grado di probabilità – gli viene contestato.

“La decisione solleva alcuni dubbi, poiché appare in contrasto con il consolidato orientamento della giustizia sportiva – che si concordi o meno con lo stesso (e chi scrive non concorda) – secondo cui basta un certo grado di ragionevole certezza sulle accuse per arrivare alla condanna dell’accusato.

Due circostanze avrebbero potuto sostanziare tale grado di certezza. Da un lato, nella pronuncia si afferma che le parole usate da Acerbi verso Jesus non sono state «disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso» dal calciatore interista; dall’altro lato, pur in mancanza di prove esterne, il giudice non mette in discussione «la buona fede» del calciatore del Napoli circa il carattere discriminatorio di tali parole.

Il giudice ha disatteso il principio del «ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito», che nel procedimento disciplinare sportivo è sufficiente per arrivare alla condanna, poiché ha omesso di applicare un ulteriore principio, secondo cui va valutata la credibilità soggettiva dell’accusante quando mancano prove esterne”

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