«I caffè Nicolò non li portava prima e non li porta nemmeno ora». Il bar Costa di La Spezia, gestito da Igor Zaniolo, però non è più lo stesso dallo scorso autunno: «Ci sono sempre tanti bambini che vengono nella speranza di farsi autografare la maglia della Roma da mio figlio», racconta il padre di Zaniolo, il quale sta vivendo la straordinaria escalation del 19enne talento azzurro con l’affetto del padre e l’esperienza da ex attaccante professionista che ha giocato in serie B con Cosenza, Ternana, Salernitana, Messina. Questa l'intervista rilasciata a Tuttosport.
Quanto ci ha guadagnato il bar dal boom di Nicolò?
«Diciamo che ha fatto bene a tutta la città. Qualche tempo fa mio figlio è venuto qui e non è riuscito nemmeno a fare colazione. Nonostante questo clamore, Nicolò è rimasto umile come prima, con i piedi per terra. Non ha mai avuto grossi vizi: apprezza la moda anche se andrebbe sempre in giro in tuta. Probabilmente non si rende conto di quello che sta facendo ed è una fortuna».
E’ stato più difficile marcare Nicolò o sua moglie in questi mesi?
«Nessuno dei due. Mia moglie è stata interpretata male, le foto le ha sempre postate sui social. Parliamo di immagini normalissime. Il fatto che sia una bella donna, giovane e sia la mamma di Nicolò ha amplificato tutto. Macché geloso, io sono sempre stato tranquillissimo».
In che cosa l’ha sorpreso di più Nicolò?
«Non pensavo fosse già così maturo, soprattutto in campo: sta davvero bruciando le tappe. Da ex giocatore apprezzo la sua voglia di conquistare palla, non mollare mai e giocare sempre al servizio della squadra».
Mancini ha pronosticato un futuro alla Pogba per suo figlio: concorda?
«Il paragone, a livello di caratteristiche, ci sta: anche Nicolò è un tuttocampista. Ovviamente con le dovute proporzioni: Pogba è un campione del mondo, mio figlio un ragazzino».
Deve dire “grazie” più a Monchi o a Di Francesco?
«O a Mancini... Il ct è quello che ha accentuato il percorso di mio figlio, poi Di Francesco ha avuto un coraggio da leone a schierarlo al Bernabeu contro campioni come Modric, Kroos».
Se ripensa a quella notte del 19 settembre?
«Indimenticabile è la telefonata della vigilia. Chiamo Nicolò per chiedergli dell’effetto Bernabeu, Real e lui mi dice: “Papà, mi sa che gioco”. Pensavo a uno scherzo e vi assicuro che ero molto preoccupato, temevo potesse faticare. Invece ha retto e da lì è partito tutto».
Che sogni ha per suo figlio?
«Mi piacerebbe diventasse un campione. E non mi dispiacerebbe vederlo giocare con i migliori, cioè con uno tra Messi, Cristiano Ronaldo, Mbappé o Neymar. Ma soprattutto, che sia Roma o Los Angeles Galaxy, sperò che nei prossimi anni cominci a vincere dei trofei».
Adesso, però, state rinnovando il contratto con i giallorossi.
«Esatto. Alla Roma Nicolò sta bene, è in un grande club ed è grato alla società e ai compagni: soprattutto i più adulti, da Dzeko a De Rossi a Florenzi, lo stanno aiutando molto a crescere».
Nicolò è nel mirino della Juve e di diversi top club. Paratici è venuto a prendere un caffè al suo bar?
«Lui no, però c’è un via vai continuo di procuratori. Fa parte del gioco, come sarà normale che in estate, nonostante il rinnovo con la Roma, mio figlio verrà accostato a tante squadre».
Se la Roma non andasse in Champions e fosse costretta a sacrificare Nicolò avete preferenze?
«Innanzitutto speriamo centrino l’Europa che conta. Anche senza, non è detto che il sacrificato sia mio figlio, penso che su di lui il club voglia puntare. In caso contrario, cioè se la società dovesse indicare noi come partenti, valuteremo le proposte. Viste le cifre che circolano, non credo che le squadre sarebbero molte. In Italia penso solo Juventus e Inter. Non abbiamo preclusioni. Nel caso saranno discorsi tra società. Vedremo in estate: adesso le priorità di Nicolò sono la Champions e poi l’Europeo Under 21».
Nicolò è tra i favoriti anche per succedere a De Ligt come Golden Boy 2019 di Tuttosport?
«Il vostro è un premio ambitissimo tra gli Under 21, basta vedere la lista di chi lo ha vinto. Sarà bello vedere Nicolò concorrere con tanti giovani campioni come Vinicius, Sancho, Kean».
Nicolò da bambino tifava Juventus?
«Era simpatizzante bianconero, ma faceva il tifo per Kakà, il suo idolo».
Ma è vero che a scoprire suo figlio nelle giovanili del Genoa è stato il padre di Bernardeschi?
«Verissimo. Fu Alberto Bernardeschi, ai tempi osservatore per la Toscana e la Liguria della Fiorentina, a fiutare l’occasione e a consigliare ai viola Nicolò quando aveva 13 anni. Abbiamo tuttora un ottimo rapporto con i Bernardeschi. Federico è sempre stato sulla bocca di tutti fin da bambino, infatti poi è arrivato alla Juventus e si è confermato un campione».