Il Corriere della Sera scrive dopo la morte di Ciro Esposito: C’è una foto in cui Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto per un proiettile nel polmone, sorride tirando a sé la fidanzata sullo sfondo di una lavatrice e di un frigorifero come quelli nelle case di milioni di italiani. È un bel ragazzo, sembra felice, tranquillo. Un giovane normale si direbbe, non l’eroe che vorrebbero farne adesso alcuni. Non il decorato con la medaglia al valore civile che immaginano altri. È proprio il suo essere uno qualunque che rende questa tragedia meno tollerabile. Soccombere sotto i colpi del nemico fa parte del mestiere dell’eroe, è un dato scontato. Per un tifoso che è andato a veder giocare la sua squadra del cuore in uno stadio no, è inaccettabile. E anche se Ciro ha preso parte a una rissa (dicono i suoi per difendere un pullman sotto assedio, sarà l’inchiesta a fare chiarezza) è ugualmente assurdo che abbia dovuto spegnere quel sorriso e abbandonare quella ragazza per una partita di pallone. Di fronte a questo dramma non c’è allora da gridare o da proclamare lutti nazionali o cittadini, c’è da lavorare in silenzio, ognuno svolgendo al meglio il proprio compito. I magistrati punendo il colpevole e facendo giustizia, le forze dell’ordine evitando i contatti a rischio tra le tifoserie avverse e le trattative con Genny ‘a Carogna (che hanno messo in ombra la tragedia di Ciro), le società sportive isolando i violenti. Perché la civiltà di un Paese si misura anche con la serenità che riesce a garantire a chi va allo stadio e su questo terreno abbiamo ancora qualcosa da dimostrare. La risposta peggiore alla notizia dell’alba di ieri è stata uno striscione esposto in corso Vittorio Emanuele, a Napoli, davanti al panorama del mare e del Vesuvio: «De Santis fascista assassino, Napoli ti odia». Chi lo ha scritto non deve aver ascoltato bene le parole della mamma del tifoso ucciso, Antonella Leardi, che in questi cinquanta giorni e più di agonia è stata un modello di compostezza da ammirare, ha chiesto giustizia ma ha aggiunto sempre: «Nel nome di Ciro, basta con la violenza». E basta con l’odio. Sarebbe il modo per non farlo morire due volte.