Stile Conte, la Juve si esalta. "Ma non sarò mai simpatico"

Rassegna Stampa fonte : la Repubblica
Stile Conte, la Juve si esalta. Ma non sarò mai simpatico

TORINO - Antonio Conte, lei riterrebbe il suo lavoro positivo anche se quest'anno la Juventus arrivasse due volte seconda?
"Mi era stato chiesto di provare a tornare in Champions perché è fondamentale sia a livello economico sia per attrarre grandi giocatori. In più vedo che è rinato l'entusiasmo, che lo stadio è sempre stracolmo: da questo punto di vista abbiamo già vinto. Però dobbiamo arrivare almeno secondi. La Champions è vita".

E lo scudetto?
"Ci sono gli obiettivi minimi, per i quali non firmerei a priori, e ci sono i sogni, che sono quelli che inseguo ma che sono difficilissimi da realizzare. Noi quest'anno abbiamo fatto tanta strada, forse sarebbe stato anche giusto crescere in maniera più graduale. Però siamo la Juve, qui conta solo la vittoria, quindi bisogna accelerare e cercare di arrivarci quanto prima. Il problema è che il Milan è avanti di qualche anno. Con le altre abbiamo colmato il gap, con loro no".

Basterà un mercato a colmarlo?
"Oltre che comprare bisogna crescere, tutti quanti. Molti di noi hanno vissuto vigilie mai capitate, hanno giocato per la prima volta per una finale, per il primo posto, e sono cose che si pagano a livello di emozioni, di stress mentale. Dopo la semifinale di Coppa Italia ho dovuto dare un giorno libero alla squadra perché ho capito che non c'erano più energie. Questo per dire che tra le tante cose ci manca l'esperienza.
Siamo nati per attaccare, non sappiamo speculare".

Lei era convinto di imporsi già al primo anno?
"Sì. Non sarei certo venuto a suicidarmi. Ho fiducia in me, nei miei quattro anni di gavetta ho quasi sempre vinto".

Si sente diverso da quello che era a luglio?
"Ogni stagione che passa ti migliora a livello professionale, gestionale, didattico. Ad esempio non avrei mai creduto che un giorno avrei cambiato sistema di gioco. Un anno in una grande ne vale cinque o sei altrove, per questo oggi mi sento molto più maturo. Ma sono arrivato preparato perché ho giocato tredici anni ad alto livello e sapevo cosa aspettarmi, anche se un giocatore l'ansia da vittoria l'avverte in minima parte, rispetto a un allenatore".

Lei rappresenta totalmente la Juventus: non è troppo, per un semidebuttante?
"La Juventus non sono io, ma gli Agnelli. Però siamo giovani anche come società, quindi ci va dato tempo per crescere. Ma siccome ce n'è poco, abbiamo dovuto farlo in fretta. A me tocca una parte importante perché sono il più presente a livello mediatico e quindi, se c'è da mandare un messaggio, quello passa da me".

Quindi Conte è anche un dirigente?
"I tempi sono cambiati, oggi un allenatore deve gestire anche la comunicazione".

Pensa di avere attirato più stima o più simpatia, in questi mesi?
"Chi vince non è simpatico, io rimango di questa idea. E poi in questo mondo vorremmo essere sempre gli unici a fare bene, e vorremmo che tutti gli altri facessero male".

Sta dicendo che quindi ha attirato invidia?
"Io vado dritto per la mia strada, se poi genero stima, invidia o antipatia è secondario. So che chi allena la Juve non sarà mai un simpaticone".

Amici non ne ha, dunque?
"Sono un cane sciolto. Non uscivo con i miei compagni neanche quando giocavo, a parte Ferrara. Però mi sento con i vecchi maestri, con Lippi, con Sacchi: a loro consigli ne chiedo".

Lei è marchiato come juventino: questo le negherà la panchina di altre grandi squadre italiane?
"Mi sorprendo quando qualcuno mi paragona a questo o a quell'altro, magari per ciò che dico o perché faccio silenzio stampa. Guardate che io sono sempre stato così, non è stata la Juve a cambiarmi. Ero così ad Arezzo, a Siena, a Bergamo, a Bari. Io sono questo: passionale, istintivo. Anzi, sto migliorando perché prima ero anche peggio. Vivo in maniera totale il lavoro, non ho vie di mezzo, mi butto anima e corpo in quello che faccio perché soltanto concedendomi completamente posso guadagnare rispetto. Non è la mia juventinità a farmi apparire così, ma sono proprio io".

Quindi potrebbe lavorare all'Inter, al Milan?
"Sono un professionista e l'ho dimostrato. Chi conosce l'odio che c'è tra Lecce e Bari mi capirà: da leccese mi sono totalmente incarnato nel Bari".

L'inglese lo sta studiando per la Champions o per poter lavorare all'estero?
"Più che altro, lo studio da anni perché in quella materia sono un po' duro di comprendonio. Comunque, lo voglio imparare perché è la lingua del calcio. E perché prima o poi mi piacerebbe un'esperienza altrove".

Quanto pensa di poter durare, agitandosi in questo modo in panchina?
"Mi ha moglie mi ha detto che, se non cambio, tra otto o nove anni mi sarò consumato. Mi auguro che l'esperienza mi insegni a consumarmi di meno, perché troppo spesso mi capita di non dormire la notte, anche se poi alle cinque del mattino sono lucidissimo: è a quell'ora che risolvo i problemi, pure quelli sulla formazione".

Lei consuma se stesso, ma non rischia di consumare anche i giocatori?
"I miei ex continuano a ringraziarmi perché con me hanno capito cosa significa vincere. Il fatto che mi rimangano legati mi fa capire che sono riuscito a lasciare qualcosa, anche a gente con cui ho litigato".

È arrivato un altro giovane, Stramaccioni: che ne pensa?
"Penso che Gasperini sia un grandissimo, uno dei più bravi, quindi la crisi dell'Inter non è tutta colpa sua. Se non viene supportato dalla società e non trova calciatori che danno una mano, anche l'allenatore più fenomenale del mondo è destinato a fallire. Io lo so perché mi è successo".

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