Di seguito vi proponiamo l'editoriale del giornalista Antonio Corbo sulle colonne dell'edizione odierna de La Repubblica.
Neanche il tempo di rialzarsi, nella già difficile rincorsa di una qualificazione europea ricade il Napoli. Svaniscono i giorni dell’euforia in una penosa sconfitta: il pubblico s’era illuso, il grande cuore dei soliti ingenui. È tornato in forze a sostenerlo dopo le vittorie con Juve e Samp nell’atmosfera di una pace mai così attesa. Cambio di cura atletica ed una energica campagna acquisti han fatto sembrare colmabili anche le distanze con Atalanta e Roma. Non si giustificano tre gol dal Lecce quartultimo, non si spiegano certe scelte di Gattuso, né gli squilibri tra difesa e centrocampo. La nona sconfitta in campionato va oltre un errore arbitrale, che non assolve il Napoli, semmai evidenzia le anomalie del sistema. Gli arbitri italiani non sopportano la Var. Lo dimostra Antonio Giua, sardo di Calangianus, più giovane e saccente dei suoi 32 anni, con un profilo carico di foto e citazioni sulla laurea alla Normale di Pisa, Ingegneria gestionale. Ammonisce Milik per simulazione dopo un contatto in area, segue un battibecco con l’arbitro-var Rosario Abisso, ma Giua ne respinge l’invito a rivedere il filmato: fallo di Donati piede contro piede e caduta di Milik. Ho visto io, decido io. Chi è Giua per ribellarsi al collega siciliano? È nella norma, perché il protocollo Var gli lascia l’ultima decisione. Ma si pone al di sopra del dovere di cercare la verità, raggiungerla significa garantire regolarità. In un campionato scosso dalla manovre per il quarto e non legittimo mandato al capo degli arbitri Marcello Nicchi si determinano nuove zone d’ombra. Il Napoli questa sconfitta se l’è cercata, l’allenatore non se ne fa un alibi, così come il direttore Cristiano Giuntoli è morbido nel rilevare lo strappo di Giua al più elementare senso etico. Ma la credibilità degli arbitri è profondamente lacerata quest’anno dalla difformità dei comportamenti: c’è l’arbitro che afferma la sua terzietà e quello che eccede in protagonismo. La prima decisione di Gattuso non sembra sbagliata. Mette in campo i tre acquisti di gennaio. Sono costati abbastanza, perché lasciarli fuori? Non sembra fortunata per il momento la fusione. Da correggere l’imperfezione di Demme. Gioca davanti alla difesa ma si propone troppo spesso in avanti. Politano, poi. Si schiera a destra come terzo attaccante, separato dalle dinamiche del 4-3-3. Come Callejon nelle sue giornate migliori, dovrebbe rientrare e far filtro più spesso, ma anche accentrarsi per consentire a Di Lorenzo le sovrapposizioni. La catena di sinistra con Mario Rui, Zielinski e Insigne funziona infatti meglio. Impalpabile invece Lobotka, rilevante il guasto che provoca. Si disinteressa di Saponara, che sceglie per essere fonte di gioco la zona sinistra del centrocampo. Tocca a lui marcare, ma Lobotka non entra in collisione e neanche Gattuso interviene. Fa entrare Mertens, non Allan mentre il Napoli continua a scivolare su Saponara. È lui che domina a centrocampo. Va ancora peggio la difesa con Koulibaly e Maksimovic, anche Mario Rui collabora al primo gol primo gol leccese, è tuttavia lodevole in fase di pressione. I due gol di Lapadula fanno scattare l’allarme anche su Ospina. Toglie di nuovo il posto a Meret ma respinge troppo e male per dare sicurezza. Mercoledì c’è la prima dei due confronti con l’Inter per proseguire in Coppa Italia. Ultima luce ancora accesa di una stagione buia. Il Napoli è pronto l’ennesimo risveglio?