ESCLUSIVA - Gasbarroni: "A Monza mi chiamavano Gasba-dona. Io tifoso della Juve? No, son cresciuto a pane e Maradona. Mi rivedo in Mertens"

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ESCLUSIVA - Gasbarroni: A Monza mi chiamavano <i>Gasba-dona</i>. Io tifoso della Juve? No, son cresciuto a pane e Maradona. Mi rivedo in Mertens

di Leonardo Vivard - Twitter: @LeonardoVivard

Napoli-Sampdoria è alle porte. La redazione di CalcioNapoli24 ha intervistato l'ex trequartista blucerchiato, Andrea Gasbarroni, idolo della tifoseria doriana ma non solo. Queste le sue dichiarazioni

Gasbarroni a Monza è diventato "Gasba-dona", il Maradona della Brianza. Che effetto fa?
Era una cosa simpatica. Io ho giocato a Monza e qualche tifoso se ne uscì con questo soprannome che fa sorridere per la differenza tecnica. Non ho mai pensato di assomigliargli neanche per un secondo. Non scherziamo (ride ndr), Maradona è unico, inarrivabile per chiunque. Certo faceva piacere, ma non ho mai pensato di avvicinarmi a lui. E’ il più forte giocatore della storia del calcio, Pelè al secondo posto. Anche se non l’ho mai visto giocare. Di Maradona aveva cassette di ogni tipo, le avevamo in famiglia. Mio padre mi ha trasmesso la passione per lui. Fra 50 anni i nostri nipoti ci chiederanno di lui. Ma chi è che non lo conosce?

Dopo una breve esperienza a Genoa, sei approdato al Torino. Lì dichiarasti: “La nomea di “gobbo” me la sono portata dietro, però con qualche giocata interessante ho strappato anche un po’ di applausi". Com’è sentirsi chiamare gobbo?
Io ho fatto il settore giovanile alla Juventus, ma in prima squadra non ci ho mai giocato. Ho fatto parte di due ritiri. Sicuramente è grazie alla Juve se sono arrivato a certi livelli. Sono nato come “gobbo” ma non del tutto, perché in prima squadra non ci ho mai giocato. 

Hai giocato con Beppe Sculli. Che tipo era? Davvero era così pazzo come dicono? 
Lo conosco da quando eravamo piccoli, abbiamo fatto le giovanili assieme. E’ un bravissimo ragazzo, molto riservato. I portieri sono più pazzi sicuramente (ride ndr). Loro hanno un carattere un po’ particolare. Ho sempre incontrato tipi strani, sono un caso a parte: prendono pallonate addosso da quando hanno 10 anni! (ride ndr). Il più strano? Gianluca Berti senza dubbio. Era davvero sopra le righe. Era simpaticissimo, faceva scherzi continuamente. Era uno spasso. 

Qualche episodio? Scherzi ai compagni? 
Hai voglia! Iniziava da quando prendevamo il caffè: puntualmente metteva il cucchiaino bollente dietro al collo e ovviamente chi subiva lo scherzo non se l’aspettava e rifilava una testata a qualcuno involontariamente. Per non parlare dello zucchero, lo metteva ovunque: spesso nel cappuccio, andavi per tirarlo su e vi lascio immaginare… Erano stupidate con cui passavamo il tempo. 

Cosa ti ricordi di qualche sfida con il Napoli? 
Ho giocato sia in serie B che in serie A. Mi ricordo che in B gli azzurri non attraversavano per niente un bel periodo. Poi ho sfidato la squadra di Reja, agli inizi della squadra di De Laurentiis. Fece un buon campionato, ma non era il Napoli di oggi. Il San Paolo me lo ricordo, ci ho giocato con la Sampdoria e non ho mai vinto. Mi ricordo che c’era un entusiasmo incredibile allo stadio, c’erano 50mila spettatori. Anche se la società in passato è stata in difficoltà la gente è sempre stata accanto alla squadra. 
 
Molti rumors in passato hanno parlato di te accostato al Napoli. Erano voci vere? 
Devo essere sincero, ci sono state solo voci. Nulla di concreto. Un anno in particolare sentivo parlare del mio nome in azzurro. Ma non mi è mai arrivata una chiamata dal club partenopeo. 

Ti sarebbe piaciuto giocare a Napoli? 
La città ti può dare tanto. E’ una piazza anche non semplice, perché esigente. Ma c’è un affetto particolare. 

A Torino, vista la rivalità tra Juve e Napoli, tifano un po' per gli azzurri? 
Con la Juve la rivalità è storica sia per il Napoli che per i granata. Ma parliamoci chiaro: la Juve o si ama oppure tifi contro. In Italia è così dappertutto. Non penso ci sia una tifoseria che apprezzi la Juventus. 

Ti senti un po’ tifoso della Juve?
Se lo fossi l’avrei detto subito. Ma io da piccolo sono cresciuto con Maradona, con le sue cassette. Mio padre mi ha avvicinato a Diego e tifavo per lui. Una volta andato via, non ho mai avuto una squadra del cuore o comunque di riferimento. Oggi sicuramente quando la Samp vince sono contento. Perché è la squadra a cui resto più legato, forse anche perché erano i miei migliori anni dal punto di vista calcistico. 

Con il Genoa gemellato al Napoli, gli azzurri vengono visti come rivali dalla Samp? 
Non mi ricordo una rivalità così marcata. 

Ci giocavi al fantacalcio? 
Da bambino sì. Però nona mettevo la formazione e quindi ho smesso (ride ndr). Avevo Savicevic però! 

Ti saresti comprato? 
Se ero in giornata sì (ride ndr). Ero un giocatore un po’ altalenante. 

Il tuo più grande amico nel calcio? 
Pietro Accardi. Perchè siamo rimasti in contatto, c’è un’amicizia vera, profonda. Attualmente è ad Empoli come dirigente. 

Il calciatore che in campo hai odiato di più?
Odiato nessuno. C’erano dei calciatori fortissimi che quando li incontravi erano difficilissimi da saltare. Erano rognosi. Nesta era insuperabile, il più forte che abbia mai incontrato come difensore. Non so come facesse. Però lo ammiravo, anche se nello stesso tempo, ogni volta che mi toglieva palla, mi dicevo "E quando lo salti questo, mai"

Un episodio della tua carriera che ricordi con il sorriso?
Sicuramente i due campionati vinti a Genova con la Sampdoria, come a Palermo. Sono stati degli anni bellissimi. 

L’episodio che invece ricordi con dispiacere?
Quando mi infortunai nel Genoa, stetti fuori due mesi e mezzo quasi tre. Fu un peccato perché stavo giocando molto bene poi cambiai società. Quello mi ha condizionato anche un po’. Perchè non riuscii a dare continuità al mio calcio. Mi dispiace un po’, sono stati mesi difficili. 

Se non avessi fatto il calciatore cosa avresti fatto?
Bella domanda. Gioco da quando avevo dieci, poi per fortuna ciò che mi faceva divertire è diventato il mio lavoro. Davvero non ho idea di cosa avrei potuto fare. Oggi continuo ancora a giocare, la passione è la stessa di quando ero in serie A, anche se l’età è diversa. Devo dire che anche quando giocavo ad alti livelli ho sempre pensato a divertirmi. La tensione della partita la sentivo il giusto. Ai miei tempi forse i calciatori erano anche più a contatto con tifoserie e giornalisti, ma io sono sempre stato un tipo abbastanza riservato. Ero timido, però mi divertivo da matti quando giocavo. 

Nel futuro come ti vedi? 
Voglio giocare ancora, perché mi diverto. Fino a quando starò bene farò il calciatore. 

Come direttore sportivo?
Bhà, chi lo sa. Intanto adesso faccio un corso da allenatore poi vedremo. A breve però ci dovrò pensare, perché non posso continuare a giocare all’infinito (ride ndr). Come Totti? Magari! Fa ancora la differenza in serie A. 

Chi è il nuovo Gasbarroni? 
Mertens. Mi piace moltissimo, ma non perché solo adesso sta segnando così tanto. Mi ci rivedo un po’ in lui, ma lui fa molti più goal di me. Vede la porta diversamente, ha estro, fantasia.

Il litigio più grande che hai mai fatto nella tua carriera da calciatore? 
Grosse discussioni vere e proprie mai avute da calciatore. In campo si litigava con tutti e con nessuno. Ci mandavamo a quel paese, ma poi finiva la. Anche perché non ero supportato dal fisico per poter litigare! (ride ndr). 

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