Era il 2004 quando Antonio Conte decise di dare l'addio al calcio. Per la precisione, la sua ultima apparizione in serie A, con la maglia della Juve, fu il 4 aprile 2004 nel match contro l’Inter. Da quel match in poi, Conte iniziò a pensare alla sua carriera da allenatore. Da calciatore ha avuto tanti tecnici da cui ha appreso molto. Il primo maestro è stato senza dubbio Trapattoni, ma resta molto legato anche a Lippi. Nella gestione del gruppo e nel temperamento, il nuovo allenatore del Napoli ricorda entrambi. Conte anche da calciatore è stato sempre un maniacale.
Quando nel 1991 arrivò alla Juve, dava del “voi” a Baggio e Schillaci ed a fine allenamento si fermava anche un’ora per migliorarsi sempre di più. C’è un aneddoto che ancora oggi l’allenatore racconta con grande allegria seppur sia stato un grande insegnamento dal punto di vista umano e non solo: “Lippi mi sottoponeva a ritmi massacranti e così, sbagliando, esternai il mio dissenso ad un giornalista. Il giorno dopo i quotidiani titolavano: 'Conte, vinco ma non mi diverto!’. Il mister mi rinchiuse nello spogliatoio e mi diede una lezione che non scorderò mai, ma ci pensò Angelo Di Livio a tirarmi su il morale, facendomi trovare un bigliettino con su scritto: 'Se vuoi divertirti, vai all’una park!' Era proprio scritto in quel modo. Ancora oggi lo prendo in giro”.
C’è una confessione, una promessa, che proprio Antonio Conte fece a degli amici praticamente 20 anni fa quando decise di intraprendere la carriera da allenatore iniziando a studiare: “Se non arriverò a guidare una grande squadra, smetto”. Una dichiarazione forte che oggi, a distanza di molto tempo, fa capire quanto gli piacciano le sfide. Guardando il palmares, possiamo dire che Conte ha mantenuto ampiamente quella promessa fatta agli inizi di questo percorso in panchina.