Sarri alla Juve, Guido Clemente di San Luca lo distrugge: "Tradire un'idea è peggio che tradire un popolo!"

Notizie fonte : Guido Clemente di San Luca
Sarri alla Juve, Guido Clemente di San Luca lo distrugge: Tradire un'idea è peggio che tradire un popolo!

No, chiariamolo subito, il Dio che è morto non è Sarri perché ha scelto di andare alla Juve (ancor più se alla fine non c’andasse). Sarebbe banale, e pure fuori luogo. Dio è morto nel senso della canzone di Guccini. È stata asfaltata la idealità che la sua figura ha incarnato. Con buona pace di chi propone l’impropria lettura secondo cui saremmo stati noi, e non Sarri (che è solo un professionista),   a   costruirlo   come   eroe   dell’anti-potere.   La   sua   vita,   le   sue   letture,   i   suoi
comportamenti, le sue scelte, le sue parole: tutto ciò ha fatto sì che oggettivamente diventasse un simbolo.

Tradire una idea è ancor peggio che tradire un popolo. A tradire quello napoletano, da mercenario, fu il suo pupillo, l’argentino borghese: nulla a che vedere con l’argentino plebeo che gli è stato fedele. Qui non si tratta (almeno non solo) di questo. Quel che ferisce oggi va oltre il tradimento di Partenope. Oggi registriamo l’abbandono di una idea, e di una speranza. Sarri ha rinunciato ad essere il simbolo di una idealità, di un’aspirazione eticamente pura ed elevata. “ Ma che c’entra?” – si sente ripetere – “è un professionista!”. E così ha detto anche lui, l’ex comandante ormai, confondendo il tifo con l’idealità. Professionalità è parola vuota, piena di niente.

Non è la professione ad obbligare a piegarsi all’una o all’altra prospettiva. Si può, per esempio, scegliere di fare il medico ospedaliero a tempo pieno senza far soldi con la professione, che non per questo viene sminuita, anzi. Carrierismo e professione non sono affatto una endiadi. La professione si può fare in mille modi. È ovvio che fare l’allenatore implichi fisiologicamente di muoversi da una squadra all’altra! E quindi fatalmente, quasi inesorabilmente, si finisce col lavorare per chi fino a ieri era avversario, giocoforza deludendo la tifoseria precedente. Ma, come sempre, c’è modo e modo. Si può anche andare ad allenare una storica avversaria. Ma quella squadra no. È una questione di simboli ideali, più che territoriali. Perché – sgombriamo il campo dagli equivoci – non ci   va   per   moralizzare   o   redimere   quel   campo.   Ci   va   per   far   carriera,   così   omologandosi definitivamente al mondo che ha sempre combattuto, così da diventare l’emblema della lotta al potere.

E dunque ci tocca  ingoiare  l’ennesima  mortificazione  delle  idealità.  In questo mondo ‘liquido’ tutto è possibile. Tutti hanno un prezzo: anche il Che, che ora sceglie la Presidenza degli Stati   Uniti.   È   la   frustrazione   della   speranza   che   sia   possibile   resistere   e   combattere,   ben rappresentata dalla storia di Sarri. La speranza di “andare a prendersi il palazzo”. E invece? Com’è eccitante, e remunerativo, andare a guidarlo entrandovi dalla porta principale in giacca e cravatta! Le parole di Guccini cantate dai Nomadi esprimono l’assiologia della mia generazione. Avevamo ripreso a sperare che fosse ancora possibile non “ingoiare” ma esser “contro la nostra stanca civiltà”, non credere “in ciò che spesso han mascherato con la fede”; che fosse “venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità”: “le fedi fatte di abitudine e paura”, “una politica che è solo far carriera”, “il perbenismo interessato”, “la dignità fatta di vuoto”, “l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto”. E invece no. Hai scelto di rinnegare il simbolo che hai inverato – ora mi rivolgo a te – per fare carriera (i soldi ormai li hai fatti). Per un interesse personale, hai dismesso la dignità, hai abiurato l’autenticità e preso la strada della ipocrisia di chi professa l’umanità degli errore arbitrali,
del perbenismo che oscura il perbene. Avevi rivivificato la possibilità del sogno. Anni e anni sulla terra battuta, senza compromessi, alfiere del calcio regolare (ancor prima che bello). Battendosi per una causa nobile. Diventando difensore dei deboli, loro usbergo. Rinunci a tutto questo per fare
carriera.

Ingenuo romanticismo? No! Questa vicenda delude la speranza, già duramente messa alla prova dalla preoccupante deriva antirepubblicana che sembra aver preso il cammino del Paese (sì antirepubblicana, perché nega i valori sui quali la Costituzione ha costruito la Repubblica: la garanzia  dei diritti  inviolabili  dell’uomo,  la solidarietà,  la centralità  della  persona umana,  la uguaglianza sostanziale).

Ma tanto a te cosa importa? Certo, da oggi per voler offendere qualcuno non potrai più dargli del democristiano. Il ‘sarrismo’ però sopravvivrà, a prescindere da chi gli ha dato nome. Perché quelle idee mai moriranno. Oggi “Dio è morto”, ma risorgerà. Anche se adesso ci sembra d’esser più lontani  dalla  resurrezione. E in quel momento  il ‘sarrismo’ sarà una delle  varie declinazioni dell’energia positiva che lotta contro il tiranno. Una parola dalla etimologia quasi misteriosa, perché nessuno più si ricorderà di Sarri. L’eroe che avrebbe potuto essere unico e che invece, come tanti, ha preferito vendere l’anima al diavolo.

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