Salernitana, Ventura: "Italia-Svezia? Terrei ancora fuori Insigne, non poteva cambiare la partita. Non dimenticherò mai i 70mila con il Cittadella"

Le Interviste  
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Giampiero Ventura, allenatore della Salernitana, parla della sua vecchia avventura con l'Italia e dell'esclusione di Insigne nella partita con la Svezia

Notizie calcio Napoli - Giampiero Ventura, allenatore della Salernitana, ha rilasciato un'intervista a Il Mattino.

Veniamo alla serie A: Juve ancora più forte di tutti?

«Non credo che la Juve ammazzi il campionato. È la favorita, ma vedo una bella positività attorno all'Inter. Conte ha portato una bella aria. Stanno avanti rispetto al Napoli. Un pochino, ma stanno avanti».

Che segnale è il ritorno di Conte e Sarri per il calcio italiano?

«Bellissimo. C'era bisogno di loro. E da questo punto di vista Ancelotti lo scorso anno aveva già tracciato la linea guida».

La sorpresa del campionato?

«Il Torino. Credo che sull'eliminazione dall'Europa League abbia influito quello che è successo nello spogliatoio con Nkoulou che non ha voluto giocare. Detto questo, i granata sono la quinta forza del campionato. Più forti del Milan, più forti della Fiorentina e se la giocano con la Roma».

Apriamo il capitolo Nazionale: è più tornato a Stoccolma dopo il novembre 2017?

«No. Ma per questioni di tempo. A Stoccolma ho giocato e vinto la mia prima partita di Europa League col Toro. Vincemmo 3-0 e dopo la partita andammo a mangiare un bel gelato nella piazza davanti al museo del Nobel. Ho un ricordo piacevolissimo di quella città. Poi però non ci sono più tornato».

Che impressione ha della Nazionale attuale?

«Ottima. Mancini sta facendo un gran lavoro e condivido totalmente le sue scelte».

A proposito di scelte: fece discutere la sua a San Siro, quando al ritorno con la Svezia non fece entrare Insigne. Lo rifarebbe?

«Penso proprio di sì. Quello di Insigne era un falso problema. È un grande calciatore, ma in quel momento non mi sembrava che potesse cambiare la partita. Avrei dovuto magari cambiare modulo. Voleva fare quello che giustamente fa nel Napoli, ma in quel contesto non era possibile. Noi non eravamo in grado di supportarlo».

Una scelta però non la rifarebbe...

«Accettare la Nazionale è stato l'errore più grande della mia vita. Non potevo farla». 

Altri errori?

«Non dimettermi dopo la vittoria su Israele. Avevamo la certezza del playoff per il Mondiale, ma già sapevo che in Russia non ci sarei andato da ct. Avevo già scelto, ma dovevo dimettermi prima della Svezia. Sarebbe stato meglio».

E l'avventura negativa al Chievo?

«Un errore anche lì, ma di valutazione. Avevo accettato con la consapevolezza della retrocessione, perché intrigato dal progetto. C'erano giovani interessanti con i quali si poteva ripartire in serie B. E quando la società mi chiese di provare invece a salvarsi utilizzando gli anziani del gruppo ho preferito farmi da parte. Andava contro il mio progetto».

Veniamo a Napoli e alla sua avventura sulla panchina azzurra nel primo anno di serie C, stagione 2004-05.

«Le 70 mila persone di Napoli-Cittadella all'esordio non le dimenticherò mai in vita mia. Da questo punto di vista Napoli è unica. A Salerno ho ritrovato anche Montervino che vive qui».

Ora De Laurentiis è anche il presidente del Bari, la squadra della città dove ha deciso di vivere: che effetto le fa?

«Sono molto contento. De Laurentiis è una garanzia. È determinato a ottenere quello che vuole. Quest'anno ha fatto una squadra fortissima. Se riescono a vincere quest'anno che è il più difficile, possono fare anche il botto andando subito in serie A.

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