Di Napoli: "Dai, sei giovanotto! Corri! mi diceva Boskov. Simoni mi perseguitava. Con Zampagna ci giocavo...e non lo salutavo. Su Imbriani, Vierchowod e la squalifica per calcio scommesse..." [ESCLUSIVA]

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Di Napoli: <i>Dai, sei giovanotto! Corri!</i> mi diceva Boskov. Simoni mi <i>perseguitava</i>. Con Zampagna ci giocavo...e non lo salutavo. Su Imbriani, Vierchowod e la squalifica per calcio scommesse... [ESCLUSIVA]

Arturo Di Napoli, ex attaccante di Inter, Napoli, Messina, Vicenza e Salernitana, tra le tante, ha rilasciato un'intervista esclusiva a CalcioNapoli24.it trattando diversi argomenti.

"Simoni mi ripeteva 'che testa di ca**o che eri'". E' solo un piccolo passaggio dell'intervista fiume ad Arturo Di Napoli e potrebbe dipingerlo come uno poco diligente. Lo sarà anche stato da ragazzo, ma Re Artù era tanto e tanto altro. Ha segnato la storia di club come il Messina e la Salernitana. Da giovane era la classica promessa che 'deve esplodere e non esplode mai'. Poi è esploso, da uomo maturo. Era difficile non lasciasse il segno ovunque andasse. Le sue esperienze meno felici potrebbero contarsi sulle dita di una sola mano, e noi l'abbiamo fatto. Senza dimenticare il suo trascorso con la maglia azzurra del Napoli, il suo strano rapporto con Zampagna a Messina e il segno della croce che si faceva quando vedeva Vierchowod. Tutto, ma proprio tutto, su Arturo Di Napoli:

Nato a Milano, ma i tuoi genitori sono di San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, in provincia di Napoli. Come mai si trasferirono al nord? “Per lavoro, come tutti gli immigrati. In quegli anni era all'ordine del giorno. Il mio papà trovò posto al Comune”

Dell’accento napoletano non t’hanno lasciato nulla però… “Vivo a Milano da sempre, ma lo parlo e lo capisco. Quando stiamo in famiglia o quando mi arrabbio me ne esco col dialetto napoletano (ride ndr.)”. 

Cresciuto nel settore giovanile dell’Inter che nel ’93 ti girò in prestito in B, all’Acireale. In quella squadra giocava un certo Walter Mazzarri. Che calciatore era il mister? “Fantastico, ero sempre con lui che era sposato, ma viveva da solo in Sicilia. Mi prese sotto l'ala protettiva e già lì dimostrava di avere grandi idee e poi mi piaceva perchè era una persona pacata”. 

Arturo Di Napoli e Nunzio Di Dio ai tempi dell'Acireale. 

Non fu proprio esaltante la tua avventura con l’Acireale e via Inter passasti al Gualdo di Novellino, in C1. 10 goal stagionali per te e si apre il calcio che conta. Arrivò la chiamata del Napoli. Ricordi ancora quella giornata? Chi fu a contattarti? “Gigi Pavarese, me lo ricordo come fosse ieri. Facemmo la finale play off a Pescara per la promozione col Gualdo contro l'Avellino. Facemmo un qualcosa di straordinario per il paese che era di 14mila abitanti. Giocammo la finale contro l'Avellino e la perdemmo perchè sbagliai un rigore. Quella partita giocai benissimo e dopo che mi contattò il Napoli e firmai, Pavarese mi disse 'Sai perchè ti ho preso? Perchè hai sbagliato il rigore contro l'Avellino' lui che è nato proprio lì. Mi diede una grande opportunità che all'epoca sfruttai a metà. Ero in comproprietà con l'Inter, fu una grande esperienza e una grande stagione. Il Napoli ha dato il là alla mia carriera”.

Arturo Di Napoli ai tempi del Napoli. 

Trovasti Boskov in panchina. L’episodio che più ricordi di quel grande uomo. “Hai detto bene, era un grande uomo. Il Napoli non era quello di Maradona, era un Napoli che si ridimensionò molto. Lo spogliatoio era un po' sottosopra e lui fece tantissime cose buone. Quella che più viene in mente è quando mi disse ''dai, dai, tu sei un giovanotto. Perchè non corri che vai veloce come un treno?”. 

Arturo Di Napoli e Vujadin Boskov ai tempi del Napoli. 

Ayala, Cruz, Boghossian, Pecchia, Taglialatela. Il vero leader di quella squadra chi era? “Senza ombra di dubbio era Taglialatela, lui era l'uomo spogliatoio e per tutti era un punnto di riferimento. Insieme a Buso, Bordin, Pari, Policano, Cruz e Ayala. Era una bella squadra quella lì...”.  

Alla tua prima stagione di A fosti il calciatore che segnò più reti in stagione con 5 marcature. La più bella in maglia azzurra? Io dico quella contro la Samp. “Quando mi viene in mente il periodo di Napoli ricordo con grande affetto il goal su rigore contro la Sampdoria. Andai sotto la Curva B ed ho ancora un poster in camera di quella scena. A 5 minuti dalla fine ci fu questo rigore e noi rischiavamo parecchio, ma quella vittoria ci diede l'assoluta certezza che saremmo rimasti in A. Nessuno voleva batterlo quel rigore, andai io da incosciente e feci goal”. 

Il tuo ricordo di Carmelo Imbriani. “Eravamo sempre assieme, lui era di Benevento e spesso dormiva al Centro Paradiso mentre l'Inter mi prese una casa. Lui era sempre a casa mia, cucinavamo e mangiavamo assieme. Un pomeriggio ero libero e passammo tutta la giornata a casa e facemmo la pasta ai quattro formaggi. Facemmo un macello, presero fuoco i tovaglioli di carta e per salvare il tutto buttammo la pasta a terra. Facemmo un casino”.

Arturo Di Napoli e Carmelo Imbriani ai tempi di Napoli. 

L’anno dopo arrivò Simoni in panchina e qualcosa cambiò…”Sì, qualcosina cambiò, non giocai molto e a gennaio l'Inter mi prese di nuovo. Mi dissero 'se devi fare la panchina al Napoli a sto punto falla qui'. Simoni aveva altre idee, aveva questo Caio che giocava sempre. Eppure ricordo che per prendere Caio e Rambert l'Inter dovette prendersi anche Zanetti. In pratica Zanetti era un ripiego. Su Caio c'erano molte aspettative e c'era grosso interesse e veniva sempre prima di me”. 

Poi Simoni passo sulla panchina dell'Inter, con Djorkaeff, Zamorano, Ganz. Passasti sei mesi a Milano per poi andare al Vicenza che disputava la Coppa delle Coppe. “A Vicenza sono stato sfortunato, ma molte delle responsabilità sono anche mie. Son maturato tardi e nel calcio potevo fare molto di più. Mi sono fatto distrarre da troppe tentazioni. All'Inter non mi andava di fare ancora la panchina a Ronaldo, per cui decisi di andare a giocare ed avevo voglia di confrontarmi con la Serie A”. 

Che stagione fu quella col Vicenza? “Nelle prime quattro partite feci quattro gol. Segnai a Milano e vincemmo e la gara successiva in casa non mi fece giocare Guidolin perchè ero in prestito e c'era un discorso dietro con altri giocatori. Alla fine gli interessi vengono sempre prima. Fu una grande annata, Vicenza mi ha voluto tanto bene”. 

Anche a Piacenza ritrovasti Simoni in panchina. Non fu proprio un portafortuna per te. “Scelsi Piacenza perchè spesero 12 mln per comprarmi, fecero un investimento importante. Ma Simoni, pur rispettandolo e stimandolo come uomo, mi ha un po' penalizzato. Fu onesto con me, era uno molto pacato e litigare con lui era complicato. Era una persona di spessore. Alla proprietà dissi 'ma che mi avete preso a fare se il vostro allenatore non mi fa giocare?'. Rifiutai il Verona di Prandelli in A e scelsi Piacenza perchè era vicino Milano ed era una società che aveva sempre valorizzato gli attaccanti, ma la scelta si rivelò sbagliata. Il calcio è fatto  anche di questi momenti qui”. 

Col Venezia arrivò la promozione in A nel 2001. Che coppia era Maniero-Di Napoli per la B? “Pippo era un giocatore di una classe assoluta, completo. E' stato uno degli attaccanti più forti che abbia mai avuto affianco”. 

Filippo Maniero ed Arturo Di Napoli al Venezia. 

Il tuo rapporto col presidente Zamparini? In A col Venezia cambiaste 3 allenatori: “Era un rapporto come con tutti i calciatori. Era un padre padrone. Viaggiava con l'articolo 5. Vedeva le partite sempre il giorno dopo, mentre i giornalisti gli telefonavano nel post partita e non sapeva cosa dire. Se c'era uno che non gli andava giù lo metteva in croce. Lui però ti faceva star bene, ti accontentava sotto i punti di vista”. 

Solo una stagione al Palermo, poi via, alla volta di Messina dove trascorresti una delle migliori avventure della tua carriera. Diciannove reti in stagione e fu subito Serie A. Non male come inizio. “Assolutamente, credo che ogni giocatore, quando lascia un segno forte in una città, è perchè raggiunge un obiettivo storico. Il Messina non andava in A da oltre 50 anni. Io andai al Besiktas per qualche mese dove scappai dopo poco, poi andai a Messina e lì passai tre anni di grandi soddisfazioni. Abbiamo sfiorato l'Europa, sono il calciatore che ha segnato più goal col Messina in A superando anche Schillaci”. 

Arturo Di Napoli ai tempi del Messina. 

Dopo Mutti e Ventura, sulla panchina del Messina arrivò Bruno Giordano. Che allenatore è stato? Ti aspettavi smettesse col calcio? “Sì, non mi piaceva come uomo e come allenatore. Non discuto le sue grandi qualità da calciatore, era il mio idolo. Lui aveva una certa combriccola, si era accerchiato dei suoi uomini e io litigai con loro e andai contro lo spogliatoio. Ci fu una grande cosa, loro non presero in considerazione che io avevo fatto la storia del Messina e ci fu una rivolta dei tifosi a mio favore. Quando andò via Storari si doveva dare la fascia da capitano che era mia di diritto. Mi fecero fuori ma alla fine i tifosi la diedero a me. Poi andò via Giordano. Se mi dichiari guerra io la guerra la faccio. Però lo dico, non rifarei mai certe cose”. 

Bruno Giordano ai tempi del Messina. 

Anche Salerno è una tappa indelebile della tua lunga carriera. Che piazza è quella granata? “Piazza fantastica, con le dovute proporzioni c'era lo stesso entusiasmo di Napoli. Di Salerno ho un grandissimo ricordo che è anche attuale, è nato un amore forte con la città di Salerno. Spesso mi chiamano per eventi, Lotito mi invitò anche alla festa promozione. Salerno è sicuramente sul podio della mia carriera”. 

Arturo Di Napoli ai tempi della Salernitana. 

L’attaccante più forte con cui abbia giocato. “Ne ho avuti tanti. Zamorano è uno di questi. Ganz vedeva la porta anche di spalle ed aveva fiuto del goal. Ho giocato con Branca, ho avuto la fortuna di giocare con Schillaci e Djorkaeff e Bergkamp. Tra questi ci metto anche Maniero”. 

Il difensore che più ti creava problemi? “Ogni qualvolta che vedevo Vierchowod mi dovevo fare il segno della croce, si metteva a uomo e a fine partita prendevo la palla e chiedevo 'me la fai toccare?'. Poi abbiamo avuto un grandissimo rapporto, è un amico anche se non lo sento da tempo. Sono quei giocatori che ti stanno sempre addosso, molto più di Nesta e Cannavaro. Alla triade Cannavaro-Thuram-Buffon feci due volte la doppietta, contro Vierchowod mai”.. 

Pietro Vierchowood ai tempi del Piacenza. 

Ad oggi in chi ti rivedi? “In Verdi, questo ragazzo ha grandissime qualità ed un potenziale pazzesco. E' sempre la promessa che deve esplodere e poi non esplode mai. Deve trovare una società che punti su di lui. Io nacqui trequartista come lui, ma ho avuto l'intelligenza di togliermi dalla trequarti e vivere per il goal e diventare una punta”. 

Simone Verdi, calciatore del Torino. 

Da allenatore quale squadra sogni di allenare un giorno? “Ce ne sono una marea perchè in ogni stagione ed in ogni squadra, soprattutto al sud, mi hanno dato grandi emozioni”.

Cosa mi racconti del tuo periodo nero, quello della squalifica per calcio scommesse? “Presi la squalifica per scommesse, ma poi sono stato assolto. Il pm mi ha chiesto l'assoluzione e questa è la mia più grande rivincita. La mia carriera era finalmente salva, le persone che m'hanno conosciuto non si erano sbagliate. Questa è stata una grande vittoria anche se ho sofferto tanto. Questo episodio mi ha segnato parecchio e non volevo più saperne del calcio. Ho subito un'ingiustizia, ma il calcio è anche questo, però non voglio polemizzare. Ognuno fa il proprio lavoro e prova a farlo nel miglior modo, ma è possibile anche sbagliare. Ora sono fuori, ma ho battagliato, mi sono concentrato a dimostrare che posso fare serate e e facevo tante, ma non ho mai tradito coloro che io rispetto più di ogni presidente e ogni calciatore, che sono i tifosi. Non tradirò mai il popolo ultrà”. 

L’allenatore più prezioso per te? “Ne ho avuti diversi, poi ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa. Io ne me metterei tre sul podio. Prandelli, Guidolin e Nedo Sonetti". 

Il compagno di squadra con cui litigavi più spesso? “Zampagna a Messina”.

Come mai? “Facevamo lo stesso ruolo, avevamo lo stesso carattere molto tosto. Mutti, quando doveva darci le indicazioni le dava prima a lui e poi a me e viceversa. Ci chiamava in due situazioni diverse. In campo sputavamo l'anima insieme, ma fuori dal campo non ci salutavamo nemmeno. Poi a distanza di tempo ci siamo visti e sentiti. Eravamo stupidi, io più di lui forse perchè lui ha lottato parecchio. Ha avuto una vita calcistica non facile, si è fatto da solo e non ha avuto aiuti da nessuno”. 

Riccardo Zampagna ai tempi del Messina. 

Se potessi tornare indietro c’è qualche scelta che non rifaresti? “Una? Più di una. Non tornare da Simoni, la prima (ride ndr.). Sempre in maniera simpatica perchè poi l'ho rivisto e ci siamo riabbracciati. Lui mi diceva 'che testa di cazzo che eri'. Vedevo il calcio in maniera diversa. Non rifarei la vita da professionista come l'ho fatta io. Se hai grandi qualità non puoi cullarti su questo, bisogna migliorarti e fare sacrifici. Se vuoi arrivare in alto devi sacrificarti. Anche in vacanza non dovrebbero mai mollare, lo dimostrano i Ronaldo, i Del Piero, gli Zidane. Erano i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene”. 

Al fianco di chi ti piacerebbe giocare ad oggi? “Zapata. Fa reparto da solo, gioca per la squadra. Gioca per i compagni e fa tanti goal. E' un top player e fa strano che ancora nessuna big se e sia accorta”. 

Da allenatore a chi ti ispiri? “De Zerbi, è un allenatore che ha la mia stessa filosofia di gioco e quando passerà questo momentaccio farò la faccia tosta e vorrei essere ospite suo per studiarlo. Attraverso il gioco ottiene i risultati”. 

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