Ma che si è visto?

Editoriale  
Ma che si è visto?

Nessun miglioramento nel pareggio di ieri del Napoli contro il Milan di Pioli

"Un buon punto per ripartire", "qualcosa si è visto", ma cosa si è visto? Parliamoci chiaramente, questo 1-1 non è troppo diverso dallo 0-0 di Napoli-Genoa. Un solo tiro in porta fino all'80' (l'occasione divorata da Insigne a tu per tu con Donnarumma), la distanza fra i reparti e la confusione totale a centrocampo sono sotto gli occhi di tutti. Il Milan attualmente è una squadra con efficacia offensiva pari a zero e che in fase difensiva, l'abbiamo visto, barcolla appena ti rendi un minimo pericoloso, con un centrocampo che fa zero filtro alla linea difensiva. 

Ma Pioli ha tempo per sistemare le cose, Ancelotti no. Il tempo, diciamocela tutta, è scaduto dopo Napoli-Salisburgo. E l'atteggiamento del Napoli, qualche giocatore a parte, è di chi si è messo in sciopero. Ma al momento, gli unici a rimetterci, sono la società e i tifosi, la cui disaffezione alla squadra ha raggiunto i minimi storici, livelli mai toccati. Il paradosso è che questo accade nell'anno in cui, con l'Inter, sembrava si potesse seriamente impensierire la Juventus per lo scudetto e in cui il girone di Champions League è alla portata.

Le colpe di questa caduta vertigionosa sono da dividersi, ma sono pesanti e senza alcuna attenuante:

  1. partiamo dai calciatori. L'immagine emblematica è il gol di Lozano, pesante e importante in un periodo di 'buio'. Da quando il calcio si chiama così, in un momento così difficile, un gol così pesante, si festeggia con il grande calore di tutta la squadra in campo (e a volte non solo). Ma il messicano ha potuto contare solo su HysajElmas e poco dopo Allan. La verità è che non vi sono scuse: alcuni calciatori non seguono più Carlo Ancelotti, chi per dissidi e fraintendimenti tattici e chi perchè non apprezza poi più così tanto lo staff a suo seguito. Poi vi sono quelli impiegati in ogni ruolo: chiedete a ElmasZielinskiLozano cosa pensano di questa stagione. E infine quelli che, non troppo d'accordo con ammutinamento e caos vari, quelli dediti al campo e alla crescita personale, si ritrovano in una bufera dove non puoi far altro che tirare avanti sperando venga primavera.
  2. Carlo Ancelotti, non ce ne vogliano i fedeli del Re Carlismo. Ma da uno come lui ci si aspettava più carattere. Quello che non ha portato nello spogliatoio nel post-Sarrismo (che poi era il motivo per cui si pensava fosse arrivato, ma sarà anche che nello spogliatoio non ci sono più leader veri e calciatori carismatici?), quello che non ha portato di fronte alla stampa o nelle scelte. Un allenatore in confusione o un allenatore testardo? Tutt'e due, perchè, restando al campo, in una situazione del genere solitamente si possono fare due scelte: o fai fuori tutti quelli che non ti seguono, o ti adegui alle richieste dei calciatori, per modulo e uomini affidandoti alle certezze. Non ha fatto nessuna delle due cose, schierando la tredicesima formazione diversa in Serie A e non assumendosi le sue responsabilità. Non gli si chiedono le dimissioni, d'altronde chi allenatore in corsa per gli ottavi di finale di Champions League lo farebbe? Ma questa situazione rischia di degenerare pesantemente.
  3. e così arriviamo alla società di De Laurentiis. Perchè se il patron aspetta i risultati nel girone Champions per fare una scelta, pesante e costosa (per l'ingaggio dell'attuale tecnico e dell'eventuale sostituto), il rischio serio è che il Napoli di Ancelotti di questa stagione in generale (si contano sulle dita di una mano le prestazioni convincenti) e delle ultime gare in particolare si ritrovi in un dentro o fuori contro il Genk al San Paolo, che anche sul piano dei nervi è pericolosissimo. Ma il Napoli ha venti punti in tredici gare: undici punti nelle ultime 9 gare, un andamento da zona salvezza. E solo il Re di Coppe, e nessun altro allenatore, può salvarsi da un esonero che sarebbe più che giustificato. Ma le colpe della società dove sono? Chi si appella a multe e stipendi non sa cosa sia gestione d'impresa: sacrosante (e anche riduttive) le punizioni del patron agli ammutinati. La realtà però è che la società non ha avuto pugno fermo, ha lasciato scorrere diverse situazioni non prendendo provvedimenti, da un possibile cambio di guida tecnica all'esclusione definitiva dalla rosa di chi sta destabilizzando spogliatoio e ambiente. 
    Ma c'è un altro aspetto che adesso diventa cruciale: De Laurentiis non se l'aspettava, sperava di continuare per altri anni con questa gestione aziendale, ma il Napoli non può essere più l'impresa familiare. Ha raggiunto un livello dove serve il cambio di tendenza: il presidente decida cosa vuole fare da grande, perchè il Napoli adesso lo è (ma rischia di diventare "lo era"). Investa e trasformi il Napoli in un'azienda di respiro internazionale, con governance e impianti di livello; oppure capisce che è il momento di vendere ad un prezzo equo.

Il Napoli è in un punto di non ritorno da settimane, non basterà la vittoria X o Y a cambiare le cose. Non prendiamoci in giro: niente piccolo passo in avanti col Milan, serviva una scossa durante la sosta, quanto sia costosa non importava. Ma forse si è ancora in tempo.

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