Da mostro a nuovo Vargas: solita fretta e nuovi equivoci

Editoriale  
Da <i>mostro</i> a <i>nuovo Vargas</i>: solita fretta e nuovi equivoci

Hirving Lozano sta faticando in questo avvio a Napoli: tra tempi di adattamento ed equivoci tattici, questa la spiegazione del suo rendimento

Dopo poco più di due mesi di campionato è ripartita, puntuale ed inesorabile, la corsa illogica a chi indovina per primo il giudizio su un giocatore o sul piazzamento nella stagione in corso del Napoli. E, considerato quanto visto nelle ultime giornate, era inevitabile che al centro del fuoco incrociato ci finisse, oltre ad Ancelotti, Hirving Lozano. Era bastato il gol allo Stadium, tra l’altro di pregevole fattura oltre che pesantissimo, per far sognare i tifosi azzurri: “E’ un mostro! Questo fa paura”. Sono risultate sufficienti tre prove opache per spingere tutti dall’altra parte della barricata: “Che dobbiamo fare con questo? E’ scarso. E’ un altro Edu Vargas”. Lo stesso errore ma di segno opposto. Due facce della stessa medaglia. Servono serenità, lucidità ed un campionario di elementi certamente più ampio per emettere un verdetto tanto definitivo (sia in un senso che nell’altro).

Il ragazzo è arrivato dal PSV in cui giocava sia a destra che a sinistra in un tridente d’attacco pieno di qualità, con Luuk De Jong in mezzo e Steven Bergwijn dall’altra parte, in una squadra ed in un campionato che esaltavano a pieno quelle che sono le sue peculiarità: ripartenze veloci, ampi spazi da attaccare e compiti difensivi ridotti ai minimi termini, considerando l’approccio molto offensivo proprio del calcio olandese. Prima di questa esperienza aveva fatto faville in patria, al Pachuca, ed anche lì la sua velocità veniva esaltata da un contesto di gioco che strizza l’occhio allo “Joga Bonito” più che al calcio europeo.

Lozano Napoli

Qui in Italia il discorso cambia e non poco. Essendo il Napoli, per valori, la seconda forza del campionato alla pari dell’Inter, molto spesso gli azzurri devono fare i conti con squadre che si arroccano a difesa della propria area di rigore e che tentano poi di far male in contropiede. Insomma, spazi da attaccare e da sfruttare per la velocità del “Chucky” ce ne sono pochi o non ce ne sono affatto. Gli va concesso il tempo di capire in che modo potersi rendere pericoloso e soprattutto di trovare la giusta sintonia con i nuovi compagni di spogliatoio, che a loro volta devono imparare a valorizzarlo.

Da non sottovalutare, poi, per spiegare la poca incisività del messicano, anche ragioni di ordine tattico. Fino a questo momento, nel 4-4-2 di Carlo Ancelotti, ha agito prevalentemente da seconda punta (dove è in competizione “solo”, si fa per dire, con Mertens), ruolo pressappoco inedito per lui, ed è sembrato un pesce fuor d’acqua. Spesso costretto ad agire spalle alla porta, non ha quasi mai inciso. Contro il Genk, però, quando è stato dirottato sul versante mancino, qualcosa di buono lo ha fatto intravedere e qui però subentra un altro potenziale problema.

Se il massimo lo dà, in questo sistema di gioco, largo a sinistra nei quattro di centrocampo, entra in conflitto per una maglia da titolare con una concorrenza folta e spaventosamente qualitativa: Insigne e Younes, senza contare Zielinski che spesso viene schierato proprio lì. Insomma, quattro per un solo slot. Una brutta gatta da pelare per Ancelotti. Soprattutto perché Lozano è stata una sua esplicita richiesta di mercato…

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