Ultime notizie coronavirus. Oggi il Corriere della Sera pubblica un'intervista a Francesco Le Foche, immunologo clinico del Policlinico Umberto I di Roma, chiamato a commentare innanzitutto il blocco disposto dagli Stati Uniti d'America al vaccino Johnson & Johnson: «Per prima cosa significa che la farmacovigilanza funziona. Si sta studiando la causalità dei casi di trombosi, per ora c’è solo un nesso temporale. Stiamo parlando di sei casi su sette milioni di persone e non abbiamo la certezza che siano stati causati dai vaccini. Si è visto che i distretti più colpiti sono i seni cavernosi cerebrali e l’area addominale e questo si sta studiando, ripeto, in pochissimi casi. Dobbiamo andare avanti nelle vaccinazioni prendendo esempio dal Regno Unito».
Lei pensa che per l’estate raggiungeremo un’immunità di gregge? «L’immunità di gregge no, ma l’immunità di massa sì. «L’immunità di gregge si raggiunge quando viene vaccinato almeno il 90% della popolazione, quella di massa quando si arriva al 55-60%. L'immunità di massa comporta una protezione di una parte molto alta della popolazione che ci permette di procedere alle riaperture in sicurezza. Dobbiamo però imparare che i vaccini sono una parte della strategia per combattere questo virus. Una parte importantissima, ma per la quale ci sono interventi complementari altrettanto importanti».
Quali, ad esempio? «Gli anticorpi monoclonali, usati correttamente possono evitare le terapie intensive, ma anche i ricoveri. Per questo serve una triplice alleanza fra medico di base, paziente e medico ospedaliero. Per settembre-ottobre potremo arrivare ad avere i farmaci che bloccano la replicazione virale e quelli che bloccano le citochine pro infiammatorie. Mettendo insieme questi tre interventi — vaccini, anticorpi e farmaci — potremo raggiungere la luce che vediamo in fondo al tunnel. Anche se la cosa più importante è darsi da fare per organizzare i presidi sul territorio che dovrebbero rappresentare la medicina del futuro».