Ultimissime - Ci credono da dieci anni, dal giorno in cui hanno visto la persona che amavano morire senza un motivo, colpito a sangue freddo, da vigliacchi. Storie di quattro donne, la mamma, la fidanzata e le due sorelle di Gianluca Cimminiello, ucciso a 31 anni, per aver postato sui social una foto che lo ritraeva con l'ex campione del Napoli Lavezzi.
Lavezzi
Secondo quanto riferisce Il Mattino:
"Ieri, una tappa probabilmente decisiva nella ricostruzione del delitto, a proposito di presunti killer e mandanti. I fatti: è stata la quarta Corte di Assise appello a confermare la condanna all'ergastolo di Arcangelo Abete, indicato come mandante del delitto, e di Raffaele Aprea, a sua volta ritenuto esecutore materiale dell'esecuzione armata, assieme a Vincenzo Russo (la cui posizione è al vaglio di altri giudici, ndr). Per uccidere un artigiano estraneo al crimine, un commerciante incensurato, nonché artista di riconosciuta esperienza (era titolare di un negozio di tatuaggi), entrò in azione la cupola della camorra napoletana, quella che - per intenderci - aveva dato vita alla faida per il controllo delle piazze di spaccio a Scampia e dintorni. Una storiaccia: Gianluca Cimminiello postò una foto scattata assieme al «pocho» Lavezzi al San Paolo, realizzando poi un fotomontaggio che dava l'impressione della presenza del campione argentino nello studio di Cimminiello, facendo leva sulla passione di Lavezzi proprio per l'arte dei tatuaggi. Tanto bastò ad alimentare l'invidia di un concorrente, che cominciò a bersagliare Cimminiello di insulti e minacce a mezzo facebook. È a questo punto che entra in scena tale Vincenzo Donniacuo, conosciuto come «il cubano», altro esperto di tatuaggi, che interviene con un post per stigmatizzare la foto di Cimminiello con Lavezzi. Sentito nel corso delle varie fasi del processo, Donniacuo, si è limitato a minimizzare il suo intervento a mezzo social. Fatto sta che a partire da «screzi», «sfottò», provocazioni, si arriva a un epilogo drammatico. Nello studio di Cimminiello si presentano due elementi, si tratta di Vincenzo Noviello e Ivan Pagano, rispettivamente cognato e nipote del boss degli scissionisti Cesare Pagano. Sono appassionati di tatuaggi, sono spalleggiati da altri due soggetti, esordiscono in questo modo: «Il problema che avevi con il cubano ora ce l'hai con noi». Quattro vigliacchi che pochi minuti dopo la provocazione se ne scappano dal negozio di Cimminiello con la coda tra le gambe. Ignoravano di trovarsi di fronte un esperto di kick boxing, non immaginavano che - quattro contro uno - avrebbero comunque avuto la peggio. Dice un pentito: «Se ne andarono via carichi di meraviglia», ad indicare sorpresa e sgomento dei picchiatori falliti. Da quel momento in poi però la vicenda diventò un affare di camorra".