CdM: "Hanno disobbedito, ma non esageriamo. Siamo la Svizzera? Il calcio a Napoli è importante"

Rassegna Stampa  
CdM: Hanno disobbedito, ma non esageriamo. Siamo la Svizzera? Il calcio a Napoli è importante

Di seguito vi proponiamo l'editoriale del Corriere del Mezzogiorno, che titola: "Hanno disobbedito, ma non esageriamo. Siamo la Svizzera?":

Come spesso accade nella nostra città, i problemi causano isterie di massa che contagiano tutti gli strati della società, indipendentemente dal livello culturale. Napoli è senza dubbio una città piena di energie, talvolta difficili da controllare. È il trionfo del vicolo, del passaparola che ingigantisce tutto, in un rito pagano che impone la partecipazione di tutti. Sembriamo tutti Cheyenne che danzano e urlano intorno ad un totem, in questo caso il famigerato e terribile «ritiro». Ed ecco i più facinorosi dissotterrare l’ascia di guerra, bisogna combattere, attaccare chi ha osato ribellarsi contro il Totem-ritiro. Traditori, mercenari, andate via dall’accampamento (Napoli), rinnegati. Ora, fermo restando che per me i calciatori hanno sbagliato, che tutti hanno colpe, ma si può scatenare una guerra per questo? Ma forse ci hanno delocalizzati, non siamo più a Napoli, città anarchica per eccellenza? Città che ha fatto della irriverenza verso il potere, qualsiasi esso sia, una ragione di vita? Dove la maschera è Pulcinella, nemico storico del potere? Ecco, se io dovessi definire Napoli, la identificherei col pernacchio lunghissimo di Eduardo verso il potente di turno. Siamo diventati svizzeri? Puntuali, ligi, rispettosi delle regole, stakanovisti, allarmati da un gruppetto di ragazzi che decidono di tornare a casa dopo una partita. Sbagliando, lo ribadisco. Allora vanno puniti, ingiuriati, aggrediti, ma come osano trasgredire ad un ordine? Verrebbe la voglia di dire: da che pulpito viene la predica. Ma io sono profondamente napoletano, verace, come si dice, con un termine bellissimo che esprime e rafforza il senso di appartenenza ad una etnia, una tribù, ma anche ad un luogo, in questo caso, anche metaforicamente vulcanico. E ne rivendico tutti i pregi ed i difetti, e soprattutto l’ironia, il modo disincantato di affrontare anche le tragedie. E allora sono arrabbiato, un po’ deluso, ma non partecipo al gioco al massacro contro chi indossa la maglia che mi rappresenta. Non condivido, li cazzeo, ma gli insulti, le parolacce, le minacce, i catastrofismi li lascio agli altri, quelli meno napoletani di me. Vorrei avessero la stessa rigidità verso se stessi. Io tiferò sempre Napoli, perché tutti passano ma la maglia resta. E sostengo la società che, con i tanti limiti, è la società della squadra che amo. Trattiamo i calciatori come dei nostri figli, ma da genitori equilibrati. Abbiamo una ottima squadra, un grande allenatore, ed il miglior presidente che potessimo avere. Li sostengo, ma sarò più esigente, i bonus sono finiti, non pretendo la vittoria ma esigo l’impegno, è il giusto modo per farsi perdonare. Le scuse non mi servono a nulla, l’impegno mi ripagherà dell’amarezza di questi giorni. Ma non vorrei più sentire i tanti soloni che ci narrano di obbedienze agli ordini superiori, tutti rispettosi, inquadrati. Ma davvero? Viste le condizioni della città non mi sembra... E poi, sento parlare di fine di un ciclo. Surreale, una squadra di calcio è un work in progress, il Napoli è proiettato verso il futuro, Meret, Di Lorenzo, Elmas, lo dimostrano. Basta, è da quando è cominciato il campionato che si parla di crisi, sto dicendo da tempo che si è creato un clima difficile intorno alla squadra. Questa piccola o grossa disobbedienza si è manifestata nel momento sbagliato, che non accada più, ma non trasformiamo il tutto in una farsa tragicomica. Il calcio a Napoli è importante, proteggiamolo.

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