Notizie Napoli - Il Mattinoriporta le parole di Mario De Rosa, un uomo di Scampia che fino a tre anni fa aveva una vita normale: fabbrica, casa, stipendio. Dopo la chiusura della fabbrica però ha iniziato con lavoretti, pulizie, tutto senza contratto, tutto al nero ma almeno c'erano soldi per mettere un piatto sulla tavola per i due figli e per la moglie.
«Ero riuscito a mettere da parte qualche briciola, pochi euro che strappavo alle esigenze della casa quando guadagnavo. Adesso ho finito anche le briciole, non so da domani cosa porterò a tavola alla mia famiglia. Io lavoravo in una fabbrica di suole per le scarpe. Ho iniziato a diciannove anni e ho finito a 57, nel 2017 quando la fabbrica ha chiuso. È stato un dolore, pensavo che quello fosse stato il momento più triste della mia vita. A confronto quello che mi succede oggi è mille volte peggio. Qua si lavora per abbuscarsi (guadagnare n.d.r.) venti euro quando ti va bene. Io non faccio il politico e non governo. Ma sono un uomo che ha vissuto tanto e ha conosciuto la disperazione: se potessi decidere io, farei bussare a tutte le porte per chiedere se qualcuno ha bisogno di aiuto. Ma a chi devo chiedere io aiuto? Ma vi rendete conto che il mondo se ne fotte di me e della mia famiglia?. Ma poi dopo l'intervista si accorgono di me? Mi danno qualcosa di soldi per campare? Lancerò richieste di aiuto disperate».