Maradona Day - «Mi hanno telefonato alle 17.30, ero in riunione. “Ingegnere, è morto Diego”. Non sono un uomo che piange. Però, ecco...ora sono distrutto». La voce Corrado Ferlaino, il presidente del Napoli che nella torrida estate del 1984 ebbe la straordinaria intuizione di portare in Italia il più forte calciatore del mondo, si spezza per l’emozione. Ma è solo un attimo. Lo racconta all'edizione odierna di Repubblica:
«È un giorno terribile, in un anno terribile per tutto il mondo».
Chi era Maradona per lei?
«Una figura che fa parte anche della mia vita di presidente, di sportivo, di cittadino di Napoli. Maradona era un grande giocatore certamente. Ma era anche un argentino-napoletano. Ricordo il suo orgoglio quando ai Mondiali del 1990, durante la semifinale con l’Italia al San Paolo, parte dello stadio tifò per l’Argentina. Solo perché c’era in campo c’era lui».
Dell’uomo e dei suoi problemi oggi che pensa?
«Avvertiva sulle spalle il peso di una città intera che lo osannava. Era un fardello più grande di lui, sopportarlo non è facile per nessuno, figuriamoci per un ragazzo. Ma quando scendeva in campo, era solo per vincere. E io voglio ricordare solo il Maradona che ha giocato nel Napoli, il resto non mi interessa».
Qual è il ricordo più bello?
«Ce ne sono tanti. Il primo giorno che l’ho conosciuto a Barcellona dopo una trattativa estenuante dove si combinarono tante situazioni favorevoli. Partite meravigliose, la festa per il secondo scudetto in barca con le famiglie di tutti i giocatori».
Che cosa non è riuscito a dirgli?
«Lo faccio adesso, guardi: ti voglio bene, Diego. Come te ne vorranno sempre tutti i napoletani».